Le fotografie sono a cura di Alise Blandini
Computer. Vapore acqueo. Viaggi nel tempo. Maschera e cappuccio alzato. Siamo andati a vedere Blank Banshee al Locomotiv di Bologna e ci sembrava di essere sul set della nuova stagione di Black Mirror.
L’incipit de Il cacciatore di androidi di Philip K. Dick riaffiora nella memoria:
Una gioviale scossetta elettrica, trasmessa dalla sveglia automatica incorporata nel modulatore d’umore che si trovava vicino al letto, destò Rick Deckard.
Non c’è nulla di più simile a un modulatore di umore della musica e non c’è nulla che possa trasformare la realtà come i concerti. E l’esibizione di Black Banshee ne è stata un esempio.
Il Locomotiv, come molti altri locali, ha la capacità di trasportarti nel tempo e nello spazio. Basta varcare la sua porta d’ingresso protetta da due buttafuori in anfibi che ci si trova altrove. Come uno Stargate, questa porta speciale è in grado di portarti nelle campagne degli Stati Uniti nella camera di una ragazza dal cuore spezzato oppure dentro qualche ex macello abbandonato di Berlino Est. Tutto senza spostarsi mai dalla propria città.
Il Locomotiv ci lancia nel cyberspazio, e in particolare nei panorami digitali del 1995. Oggi ci ha fatto viaggiare con Blank Banshee, il producer più seguito della musica vaporwave.
Con tre album all’attivo, quello del musicista canadese è ad oggi il progetto musicale vaporwave più consolidato e coerente, forse anche l’unico che riesce a vivere al di fuori della nicchia digitale in cui è nato. Questo concerto diventa quindi la mia occasione per capirci qualcosa di più sul genere e sopratutto capire come un movimento estetico prettamente legato al mondo digitale possa vivere al di fuori di uno schermo di un computer.
Ma che cos’è il Vaporwave?
Prima di questo concerto non ne avevo una gran idea. Cercando su internet ho scoperto che per molti non è niente di più che un’atmosfera, per alcuni non è altro che una serie di meme ispirati alle grafiche anni ’90, per altri, invece, si tratta di una critica sarcastica e ironica del capitalismo. Ma di fatto, quello che ho scoperto è che il vaporwave è prima di tutto un approccio estetico e uno stile che ha come suo habitat naturale il web.
Torniamo al concerto di Blank Banshee. Infinite serie di codici binari sono proiettati sul palco mentre luci soffuse e fumo rendono il locale più simile a un capannone abbandonato in una campagna desolata che a una sala concerti. Entra il producer canadese, ha il cappuccio alzato, una maschera ricoperta di brillantini e un campionatore in mano e lancia My Machine. I bassi esaltano immediatamente il pubblico che si divide tra chi balla e chi alza il telefono per filmare la performance. Le luci viola stordiscono gli occhi, la drum machine le orecchie, e in questo momento Blank Banshee sembra Modeselektor. Sì, ma sotto funghetti.
I brani si succedono uno dopo l’altro senza un secondo di pausa e i toni si fanno sempre più psichedelici e rilassati, anzi, rallentati. Con Purity Boys sembra addirittura di ascoltare un pezzo degli Animal Collective, mentre Venus Death Trap ricorda il basso di Thundercat e la voce di Thom Yorke in Shipwreck dei Modeselektor.
Si viaggia nel tempo e, soprattutto, nella memoria. Sintetizzatori che non sentivo dai tempi di Miami Vice, i suoni di errore del mio primo computer, il router che si collega a internet, tutto riverberato come se si trattasse di un sogno in un film di serie b dei primi anni ’90, a cui mancano solo le risate e gli applausi finti. È in corso un revival della nostra giovinezza che, beat dopo beat, fa riaffiorare alla memoria qualche ricordo dimenticato. Sembra il copione per una puntata di Black Mirror, attraverso qualche computer strano si possono produrre delle frequenze che ti fanno viaggiare nella memoria. Si riaffrontano le atmosfere e i mostri del passato, in una realtà al limite del virtuale… (Lascio agli autori il compito di continuare la storia)
Il boato del pubblico all’inizio di Teen Pregnancy mi risveglia da questa gita nel passato, giusto in tempo per ascoltarmi per bene il brano che ormai è diventato il grande classico vaporwave. Prendi un po’ di elementi glitch, synth analogici anni ’80, beat downtempo, visual a metà tra Second Life e un’animazione 3d anni ’90, mescoli bene e crei il manifesto perfetto per questo genere. Insomma, niente di originale, ma tutto sommato piacevole.
Il concerto finisce, così, tra gli applausi e qualche lacrima malinconica, proprio come quando si ritorna da un viaggio. Posso così concludere anche il mio viaggio alla scoperta di cos’è il vaporwave, e devo dire di essere rimasto sorpreso. Mi aspettavo una situazione più simile alla fashion week di Milano che un concerto, dove tutto si esaurisce in una gara a chi si veste peggio. Ma mi sbagliavo. Il vaporwave è un movimento più serio di quello che sembra, a tratti interessante, un movimento nostalgico nei confronti degli anni ’90 e ’80, che ne estrapola alcuni elementi cardine e li remixa con la cultura popolare contemporanea. Proprio come Blank Banshee, una sorta di Thom York con il mullet di David Hasselhoff. Musicalmente parlando ovviamente.