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I-Music

Blanco è qui per cambiare le regole

Non so se ci sia una regola non scritta o se qualcuno abbia mai dato una definizione esatta del momento in cui si apre la fase del post-qualcosa, se sia inaugurata da una scena che si mostra, dal linguaggio in cui si presenta, dal seguito che raccoglie intorno a sé. Se, in fondo, non sia solo la risposta naturale alla crescita degli ascoltatori e, quindi, dei nuovi artisti. In questi tempi siamo stati in grado di vedere due principali evoluzioni nate dall’underground e diventate in pochi anni decisamente mainstream. I loro figli più riconoscibili sono stati, qui da noi, l’itpop – o post-indie – e la trap, diventati ormai parti integranti della nuova canzone italiana popolare.  Ma se l’itpop è diventato presto un’infinita ripetizione di se stesso, la trap ha sorprendentemente cominciato un percorso di evoluzione, ramificandosi e dando vita a nuove e ben più particolareggiate avanguardie.

Se la trap, quella del fenomeno inarrestabile (tuttora in esplosione), aveva raccolto i frutti della lunga gestazione dell’hiphop italiano dagli scantinati alle classifiche, la sua quarta generazione ne ha già stravolto i canoni. L’ha rotta con un vocabolario diverso. Se il post- diventa allora il passaggio naturale,  quel sentimento di rottura di cui Simon Reynolds scriveva negli anni ’90, allora Blanco Blanchito è il post-trap, colui che ne inaugura una nuova fase hardcore, che perlustra l’ombra di quel successo per organizzarne un saturnale.

 

 

Come tutti i post- anche Blanco raccoglie alcune delle tracce lasciate da chi è arrivato prima, ma i suoi riferimenti non vanno tanto recuperati dal mood filo-punk di altre esperienze (si parli della decadance di Ketama126 o del glam à la mode di Achille Lauro) ma da un nucleo più vitale, più originario, che scava nella propria generazione utilizzando un immaginario e un linguaggio differente. Blanco Blanchito è un’ibridazione di generi che rivendica la propria interpretazione in maniera attuale, porta il sottobosco rave e punk nel 2020 con una carica rabbiosa in maniera estremamente cosciente.

Questo istinto  che ristruttura i generi e ne da un prodotto ancora più radicale fin dalle prime rare tracks che si trovano su youtube. Tracce rozze e monocromatiche, dove o è bianco o nero, dove o è vita o morte. Blanco condensa in pezzi come Sottogonna Belladonna riot e trance, scrittura grunge e tensione. Sentimenti che esplodono nella carica vitale di Notti in bianco in cui, però, aleggia un’ombra decadente, un sentimento nuovo ma sempre un po’ oscuro, che tinge il colore delle parole, caratterizza gli ambienti o l’interpretazione. Accade lo stesso in La canzone nostra, dove il contorno è solo apparentemente romantico, o forse lo è proprio in relazione al suo carattere estremo,  questo tuo palazzo sembra una città tra le urla / Non sento più la tua aggressività che mi culla (sic).

A venire meno è, quindi, il senso del confine, in questa centrifuga è la voce che emancipa il jam acustico di Ruggine , che solleva la ballad Amatoriale. Uno strumento vero e proprio che viene scolpito dalle parole e dai toni, che siano ossessivi e quasi animali nelle ripetizioni di Notti in Bianco,  o dilatati stile the Weeknd in Ladro di fiori, proprio il brano più trap e così poco trap in cui i cambi di ritmo vocale sono talmente potenti da diventare la melodia stessa. Manipola la materia, il Blanchito, prende le regole, le divora e con le briciole ne costruisce di nuove.

Adieu.