Appena due anni fa i Big Thief ci avevano regalato un disco capace di colpire deciso le nostre corde di ascoltatori: con Capacity si erano di fatto consacrati come uno dei gruppi più interessanti da seguire, grazie al suono di chitarre indie-folk avvolgenti e alla voce paradisiaca di Adrianne Lenker. Un alt-rock soffice, melodico e cantautoriale, che scavava a fondo tra gli spettri e i démoni di una storia personale travagliata come quella di Adrianne. Lo scorso ottobre lei ha dato riprova di un immenso talento con l’uscita del disco solista abysskiss: scarno ed essenziale, ci ha guidato con forza a scavare all’interno del mondo-Lenker, tutto voce e anima.
Il singolo che ha anticipato l’uscita di U.F.O.F. è anche la tracklist del disco, ed è un avvilente cavalcata intima, quel genere di magia di cui è facile innamorarsi immediatamente. Un affondo all’anima, un arpeggio letale, dove la voce di Adrianne Lenker è soffice, decisa e dolce come quella di un’antica ed eterea eroina alt-folk. Un pezzo spietato, per il modo in cui si attanaglia al cervello e ci fa respirare bellezza e luce: un incantesimo breve da cui lasciarsi sedurre. Troppo breve.
La direzione del nuovo album sembra andare ancora a più a fondo nell’evocare atmosfere folk di quanto abbia fatto Capacity, come se la prova solista di abysskiss avesse dato una spinta propulsiva e compositiva a un disco dalle corde più intime, che ci fa restare increduli e sospesi in questo piccolo viaggio di 12 tracce. Sembra a tratti di tornare a ritroso indietro nel tempo verso la seconda metà dei Sessanta, come accade con la quasi alt-country Cattails. Mescolate un po’ di atmosfere catartiche alla Mazzy Star a gruppi come i Jefferson Airplane e vi avvicinerete al risultato.
Talvolta ci si troverà meravigliati dall’effetto soffuso e indolente che U.F.O.F. è capace di creare, come in un esercizio di sospensione dell’incredulità che affonda letale nell’invocazione di From, prova canora incredibile di Adrianne Lenker, e testo penetrante. Siamo davvero di fronte a quell’incontro con oggetti inconoscibili e forze estranee che evoca il titolo del nuovo album della band di Brooklyn: il rapimento si compie, e si condensa nei suoni di pezzi come Strange, negli arpeggi di Betsy, nell’oscurità di Jenni. L’effetto è quello di un sequestro. È probabile tuttavia che sentirete la mancanza di un po’ di grinta in questo disco, come se sapessimo che i Big Thief siano capaci di quell’esplosione di forza che in questo lavoro tengono a freno. Ma quello che vogliono offrirci è un ritratto profondo dell’anima, melodie folk e la prova di un deflagrante talento nel songwriting; e forse l’esplosione è solamente rimandata al prossimo giro. Per ora ci teniamo stretta questa perla.