A New York, tra la 116esima strada e la Broadway, c’è la Columbia University. Quando si entra nel campus e si percorre il viale alberato fino alla biblioteca ci si dimentica di essere in una città enorme e caotica. Gli spazi si allargano e i rumori si attenuano fino quasi a morire sulla scalinata bianca della Low Memorial Library. È facile immaginarsi quanti studenti ci siano passati in più di 250 anni di storia e quanti di questi siano entrati in un modo o nell’altro nella memoria collettiva. A metà degli anni ’40 lo scenario non era molto diverso da quello che si vede oggi, ma se ci si fosse trovati in quest’oasi urbana in quel periodo con tutta probabilità si sarebbe potuto incrociare lo sguardo con quello di una manciata di ragazzi più o meno ventenni, chi studente chi no, che più tardi verranno ricordati come gli iniziatori della Beat Generation.
È forse la corrente letteraria più rappresentativa del secolo scorso, sicuramente la più discussa, ma prima che Kerouac scrivesse Sulla strada, prima che Burroughs sparasse alla moglie giocando a fare Guglielmo Tell, c’è la storia di come tutto ebbe inizio.
Nell’anno del signore 1944 un ebreo di Newark di nome Allen Ginsberg si iscrive alla Columbia. Allen è un ragazzo tranquillo e un bravo studente, appassionato di Whitman, che scopre alle superiori, e di scrittura. È da poco una matricola quando camminando lungo i corridoi del dormitorio sente provenire da una stanza una registrazione che riconosce subito: è un trio di Brahms e lo studente che lo sta ascoltando Lucien Carr.
Ora, pensando razionalmente sono portata a credere che fossero entrambi appassionati del compositore tedesco perché, come sappiamo, negli anni ’40 la scelta musicale di un ventenne era decisamente più limitata di adesso, ma anche allora Brahms non era esattamente ciò che si definisce pop. Lucien infatti era uno studente atipico, incredibilmente brillante e anche smodatamente sopra le righe. Aveva antipatia per le istituzioni, soprattutto per il rigidissimo ambiente accademico del tempo che censurava ancora buona parte della letteratura mondiale. Per darvi un’idea Ginsberg nei suoi diari lo ricorderà così: “Conosci queste parole, e parli il linguaggio di Carr: frutta, fallo, clitoride, mania, feci, feto, utero, Rimbaud”.
Viene da sé che Allen, che proprio in quel periodo stava scoprendo la sua omosessualità, se ne innamora subito e inizia a prendere parte a qualsiasi cosa in cui Carr sia coinvolto. Poco tempo dopo un’amica di Lucien, Edie Parker, gli presenta il suo attuale ragazzo, tale Jack Kerouac. Jack, che alla Columbia era iscritto grazie a una borsa di studio, passa il tempo diviso tra la marina e il Greenwich Village, perché è fuori, nel mondo reale, che accadono le cose più importanti. La guerra ad esempio, che lo spinge più volte a partire. I tre legano immediatamente e iniziano presto a dividere qualsiasi cosa dagli appartamenti alle ragazze alle droghe di cui fanno abbondante uso sotto l’esperta guida di William Burroughs.
William, Bill per gli amici, è il più grande di tutti, ha studiato ad Harvard e non si capisce bene cosa faccia per vivere oltre ad investire il patrimonio di famiglia nella sperimentazione di sostanze stupefacenti. Il gruppo è fatto; se l’Ottocento aveva avuto Rimbaud, Verlaine, Wilde e Baudelaire, il Novecento aveva loro. Tra una sbronza e l’altra iniziano a pensare al futuro e su una cosa si scoprono tutti d’accordo: vogliono essere ricordati. Iniziano così a scrivere compulsivamente per dare vita a quella che battezzano The New Vision (prendendo spunto da W. B. Yeats). L’idea è quella di stravolgere i canoni letterari ancora così fermamente legati agli antichi dettami stilistici e scrivere testi veri, che gli assomiglino.
Le regole, come scrive James Campbell in This is the Beat Generation sono essenzialmente tre:
1) la nuda espressione di sé è il seme della creatività
2) la coscienza dell’artista è ampliata dallo sconvolgimento dei sensi
3) l’arte non è soggetta alla morale convenzionale
Mentre si dedicano anima e corpo alla causa però, un’altra figura si muove sullo stesso sfondo: è David Kammerer. David all’epoca ha 33 anni, è un amico d’infanzia di Burroughs e ha conosciuto Carr circa 5 anni prima quando aveva solo 14 anni. Già dal loro primo incontro mostra un notevole interesse per il ragazzo e inizia a seguirlo ovunque, da Parigi a Chicago. È un personaggio invadente e ingombrante nella sua vita tanto da costringerlo più volte a cambiare scuola e lo esaspera a tal punto da spingerlo a mettere la testa nel forno per tentare il suicidio. Negli anni a New York Kammerer diventa una presenza costante tra i Beats e la sua ossessione per Lucien peggiora: si intrufola nel suo appartamento di notte per guardarlo dormire, cerca più volte di impedirgli di arruolarsi, prova a impiccare il gatto di Kerouac e inizia a boicottare la compagnia. Carr non resiste più e, assieme a Jack, pianifica di salpare per l’Europa con la marina mercantile, attraversare a piedi la Francia e arrivare a Parigi in tempo per la liberazione.
Il 13 agosto i due preparano le sacche ma qualcosa va storto e il primo ufficiale li rifiuta costringendoli a scendere dalla nave. Lucien e Jack sono ancora decisi a salpare, del resto gli era già capitato di non riuscirci e, come si ripetevano spesso, “se non è oggi è domani sicuro”. Quel giorno però Kerouac, uscendo dal West End Bar, si imbatte in David che è alla disperata ricerca di Carr. Non può sopportare l’idea di perderlo e convince Jack a dirgli dove si trova.
Quella che segue è una sequenza di eventi surreali. I due si incontrano e passeggiano fino a Riverside Park, nell’Upper West Side. Kammerer inizia a importunare Carr che, in preda al panico, estrae un coltello che porta sempre con sé e lo colpisce. Immediatamente decide di liberarsi del corpo e riempie i vestiti di David di sassi per appesantirlo e lasciarlo andare nel fiume Hudson. Quando Kammerer sparisce nell’Hudson è probabilmente ancora vivo e cosciente. Poco dopo Carr si presenta a casa di Burroughs; gli lancia un pacchetto di sigarette sporco di sangue e con assoluta lucidità gli racconta che si è sbarazzato di David. Bill, più adulto, sa che quelli sono gli anni ’40 e un ragazzo aggredito da un omosessuale pederasta, trovandosi un buon avvocato, non avrà problemi a uscire velocemente dal carcere. È mattina, Lucien esce dalla casa di Burroughs e incontra Jack. Passerà con lui l’intera giornata andando per bar, cinema e musei fino alla notte dopo quando decide di confessare tutto alla madre e costituirsi.
Tutti tranne Ginsberg verranno incriminati. Kerouac sposa Edie in carcere per ottenere i soldi della cauzione dai genitori di lei. La famiglia Burroughs tira fuori di prigione il figlio che, dopo l’episodio, lascia New York. Lucien è accusato di omicidio di secondo grado ma la stampa si schiera a suo favore dipingendolo come la vittima di un maniaco e in carcere trascorrerà soltanto due anni. Poco tempo dopo vedranno la luce i capolavori che tutti conosciamo.
La storia delle loro vite supera qualsiasi finzione e i Beats se ne accorgono subito provando più volte a romanzare l’accaduto. È di Burroughs e Kerouac il tentativo più riuscito con E gli ippopotami si sono lessati nelle loro vasche, edito soltanto qualche anno dopo la morte di Carr (nel 2005) su sua espressa richiesta.
Se si guarda al di là degli eccessi, dell’omicidio, delle droghe, dell’epoca che forse permetteva ancora di arrangiarsi per vivere, quello che rimane sentendo questa storia nel 2015 è la sensazione che noi abbiamo smesso di cercare. Parlo della generazione di 20/30enni (ma non solo) che si sentono già finiti ancora prima di partire, per i quali la cultura è diventata prima un’imposizione poi un’appendice superflua dell’esistenza. Quella della Beat Generation è la prova di come molto spesso la vita, più che le opere, sia arte, poesia, dramma. E in fondo, forse, come scrive Kerouac, “le uniche persone che esistono per me sono i pazzi, i pazzi di voglia di vivere, di parole, di salvezza, i pazzi del tutto e subito, quelli che non sbadigliano mai e non dicono mai banalità ma bruciano, bruciano, bruciano come favolosi fuochi d’artificio gialli che esplodono simili a ragni sopra le stelle e nel mezzo si vede scoppiare la luce azzurra e tutti fanno «Oooooh!»”