Probabilmente come molti, siamo andati a vedere i BDRMM a Spazio211 attratti più dalla venue che dal nome della band. Da una parte, ci siamo fidati di un’istituzione vera e propria in città che ha sempre garantito grandissime performance, e abbiamo fatto bene, perché anche questa volta ne siamo usciti più che soddisfatti. Dall’altra, a spingerci ancora più convinti a intraprendere la strada per via Cigna ha contribuito proprio lo spazio, l’area all’aperto alle spalle del locale che di solito identifichiamo con Spazio211 e con la sua programmazione invernale, denominato Spazio211 Open Air, l’arena che per molti appassionati di musica indipendente rappresenta per antonomasia l’estate musicale torinese. Quindi una scommessa che ci sentiamo di aver vinto doppiamente.
Si tratta dello spazio che per nove anni ha ospitato il TODAYS Festival – se ne leggono ancora le scritte sulle pareti – che invece proseguirà verso destinazioni e formati diversi. E pazienza. Per chi organizza eventi in Italia, la capacità di trasformare le maledizioni in benedizioni, come le Furie che diventano Eumenidi nell’Orestea di Eschilo, è una dote specifica richiesta dalla professione, e dunque la necessità di cambiare formato diventa possibilità di sperimentare nuove soluzioni ed esplorare nuove realtà, un discorso che associamo a Spazio211 fin dalla sua fondazione e dal manifesto che si legge nella home del loro sito: “eludere le convenzioni”, avventurarsi verso luoghi dove nessuno si avventura, che è alla base dell’idea di aprire un locale dedicato alla musica nel cuore di Barriera di Milano, un quartiere in forte riconfigurazione e associato a realtà molto interessanti della periferia torinese.
Ci troviamo dunque in un contesto ideale per ascoltare un gruppo che suona subito di novità, emergendo tra questa ricchissima stagione di musica a Torino che alterna nomi altisonanti e meno che promettono perlopiù revisioni: coi BDRMM siamo decisamente nel contesto delle visioni. Questi quattro ragazzotti britannici salgono sul palco all’improvviso, dopo il set iniziale degli Atlante, una realtà alt-rock tutta torinese che meritava di essere scoperta. Vengono da Hull, non esattamente una delle destinazioni maggiori dell’indie inglese, a vedersi anche un po’ impacciati, ma perdono ogni inibizione non appena imbracciano il loro strumento: si chiamano Ryan Smith (voce, chitarra, synth), Jordan Smith (voce, basso, synth), Joe Vickers (chitarra, basso) e Conor Murray (batteria). Il nome, che incuriosisce subito, è la contrazione del nome originario della band, Bedroom, che hanno anche dato al primo disco (2020), seguito più recentemente da I Don’t Know (2023), uscito per Rock Action Records dei Mogwai, che hanno seguito anche in tour. Dunque dei signori che hanno un biglietto da visita di primo piano da esibire agli appassionati di questo tipo di suoni.
Sono tante le etichette che si sono sprecate per definire il suono del gruppo, un blob vero e proprio che risucchia nella struttura più riconoscibilmente shoegaze una gamma di suoni estremamente ampia, prestandosi a momenti ambient, trip hop e slowcore, seppure sia quando il quartetto si sposta verso sonorità più marcatamente dream pop che si comincia letteralmente a sognare – e la trapunta di stelle sulle nostre teste aiuta a perdere i riferimenti e viaggiare con loro. A sentirli così su due piedi, a me e alle due amiche che erano con me i BDRMM hanno fatto pensare ai DIIV, di cui si avvicinano molto alle sonorità e all’approccio su palco. Ancora di più perché forse perché l’ultima volta che eravamo tutti e tre insieme a un concerto era proprio a un live dei DIIV a Los Angeles, per cui chiudendo gli occhi ci siamo sentiti trasportati rapidamente nel tempo e nello spazio verso quella destinazione inattesa, mentre il suono del quartetto cresceva progressivamente di intensità, trascinandoci sempre più a fondo nelle sonorità languide per poi riportarci in superficie con generose schitarrate rock. Per quanto riguarda la scaletta, nella generosa performance il quartetto ha suonato soprattutto il secondo disco, ma anche buona parte del primo, con i momenti più intensi da segnalare in prossimità di “Be Careful”, “Gush” e “Happy”, distribuite più o meno all’inizio, nella metà e verso la fine dell’esecuzione. Anche il pubblico, all’inizio un po’ freddino, arrivato a metà del percorso era totalmente immerso in un’altra dimensione.
A performance finita, ripensiamo che in fondo è stata proprio la maledizione della necessitò che ci ha dato la possibilità di ascoltare bene i BDRMM. Siamo venuti a Spazio211 per assaporarli in tutte le loro particolarità, piuttosto che vederli di corsa nel contesto di un festival, schiacciati tra i numerosi gruppi del cartellone o magari ridotti a cantare per quattro gatti perché nel palco adiacente suona qualcun altro, e dunque col piacere di poterli scoprire e diffondere perché gli associamo una performance unica piuttosto che l’appartenenza a un flusso. Va bene anche se non sono i Massive Attack e neppure Mahmood, ci sono piaciuti per quello che sono e per quello che saranno, quando sarà – sicuramente – il loro turno di fare gli headliner su un cartellone. Perciò un’ulteriore riflessione che si potrebbe fare è quella relativa al formato: i BDRMM fanno parte di una rassegna denominata T!LT – Turin is Louder Tooday, nata per presentare proposte al di fuori del mainstream ma che ha già accolto negli anni passati nomi come quelli di Kurt Vile, Notwist, Algiers, Melvins, insomma nomi che sono tutt’altro che di secondo piano.
Anche Todays quest’anno lascia la formula del festival, che personalmente continuo a sentire poco adatta alla realtà italiana – si tratta di una mia opinione individuale, beninteso, rinforzata dalla mia preferenza più generale per eventi meno dispersivi – sostituendola con quella della rassegna che propone eventi da distribuire in più serate e dunque costituire un’offerta più interessante per chi abita il territorio, piuttosto che un super-evento che magari attiri più persone in un paio di giorni e poi lascia il deserto intorno. Credo che in futuro questo diventerà il formato più adatto per godere della musica in una realtà in cui bisognerà adeguare l’offerta alle effettive possibilità dei fruitori, e dunque distribuire gli eventi in modo da lasciare la scelta tra eventi circoscritti tra cui poter suddividere il budget piuttosto che super-cartelloni dal biglietto ormai inaccessibile a molti. Una soluzione di questo tipo ha premiato anche rassegne come il Flowers Festival che ha ridefinito la realtà di Collegno e potrebbe stimolare una sinergia maggiore con l’utenza di Barriera nel caso di Spazio211, produrre un dialogo creativo sul lungo periodo piuttosto che limitarsi a pochi eventi frequentati perlopiù da un’utenza esterna all’area. Anche questa è una realtà che va costruita poco a poco verso una ridefinizione dell’offerta che certamente premierà chi investe sulla qualità – puntando su gruppi meno scontati – piuttosto che su nomi di richiamo per attrarre appunto persone più interessate al prodotto singolo che alla possibilità di creare un gusto da associare a uno spazio, una scena, una comunità di ascoltatori. In altre parole, diciamocela tutta: puoi portare via il nome del Todays da Barriera, ma non lo spirito, ed è in questa direzione che ci auguriamo che prosegua la scena musicale torinese che quest’estate ci ha accolto con una vitalità incredibile e con una ricchezza di proposte tale, che è impossibile che chiunque ne sia uscito scontentato.