La dipendenza da Baustelle tra populismo e catastrofe: aspettando L’amore e la violenza n.2

Certe discografie iniziano dalla fine, sono un conto alla rovescia. E non per effetto stupore alla Tarantino ma per Eraclito e Giordano Bruno, per Nietzsche: perché tutto è già lì. Le souvenir de la jouissance exercera son éternelle tyrannie, scriveva Baudelaire. Cosa cambia se si parla di droga o di amore, quando il Tempo ci corrode, corrompe e consuma, e il meglio viene sempre prima (e non dopo); e non avvisa mai?

“Che cos’è la vita senza Una dose di qualcosa, una dipendenza?”: Betty, “bravissima a giocare con l’amore e la violenza” è uno dei racconti-canzoni de L’amore e la violenza, album dei Baustelle uscito un anno fa. L’album fu preceduto dal singolo Amanda Lear: 4,20 minuti di pura ossessione in perfetto stile Bianconi. Un anno fa chi scrive ascoltò per giorni Amanda Lear: decadenza sontuosa e vile rimestare tra le macerie di un “Amore atomico, Enola Gay”. Odio, accuse mediocri, risentimento, sì, ma anche sehnsucht. Una maledizione e l’occasione di un addio: “Che niente dura per sempre, figurati io e te”. Ero io quella canzone, ed era ciò si cui avevo bisogno senza saperlo.

Il 2 marzo esce Veronica n.2, il singolo di lancio de L’amore e la violenza 2 e si rinnesca, subdola, la malìa dell’ascolto in loop. Prima ancora il teaser, l’annuncio ironico di “dodici nuovi pezzi facili” e un video che strizza l’occhio a Dario Argento su musiche à la Jean-Michel Jarre. Solo che quest’anno le cose sono cambiate per me, per Bianconi, per questo Paese a pezzi. Sì, perché il 4 marzo, due giorni dopo l’uscita del singolo, il risultato delle elezioni politiche, atteso con adeguato spirito da Armageddon e smalto abbinato, ci ha rivelato ciò che già sapevamo ma era ora realizzassimo con precisione: viviamo in un paese populista e di destra, la sinistra praticamente non esiste più.

È una bolla strana quella in cui ci ha precipitati il 4 marzo: facciamo con la realtà quello che fanno le mosche con le finestre chiuse (ma siamo più tristi da osservare e nessuno, mosso da pietas, ci apre la finestra). Ci aggiriamo tracciando frazioni immaginarie in mezzo ai passanti, per le strade ripassiamo le percentuali -non più strisce pedonali ma seggi previsti dal Rosatellum- in cerca di colpevoli. Si può vivere benissimo senza Governo, ma il futuro non è una pagina così bianca se la migliore delle prospettive è un Governo di scopo, un anno ad interim, come una distesa popolata di mostri troppo vicini per sentirci al salvo. Se la massima aspirazione degli italiani sembra essere un “reddito di cittadinanza”, locuzione sinistra, in cui l’italianità non assumeva tanto valore auto-attribuito dai tempi in cui “c’era lui”.

Nel grande romanzo di Foster Wallace con prefazione di Andy Warhol in cui viviamo, negli anni della dipendenza da social media e iniezioni di acido ialuronico, cosa c’è di meglio che sprofondare nella dipendenza Baustelle, e ripercorrendo vent’anni di dischi, realizzare che è da sempre che ci ripetono che “la catastrofe è inevitabile”? Lo scrive sui muri Anna ne Il liberismo ha i giorni contati, l’album è Amen, del 2008. Pensa di soccombere al mercato e non sa perché si è laureata, “vede i titoli di coda nella casa e nella libertà”. L’Occidente imploso , prodotto tra i prodotti del capitalismo, una critica spietata all’homo oeconomicus e a una civiltà che sta affondando irrimediabilmente, l’Italia di Berlusconi. E andando al ritroso: 2005, l’album è La malavita, il brano A vita bassa:

“E l’antidoto che ho al futuro anonimo È la scritta Calvin Klein, È la firma D&G tatuata sugli slip sopra la vita dei jeans che quest’anno va bassa, va bassa”.

Nello stesso album Un romantico a Milano: Luciano Bianciardi. Il sogno anarchico di far saltare in aria un grattacielo per vendicare un incidente sul lavoro costato la vita a quarantatré minatori. “Fuggi cosa fuggi non c’è modo di scappare ho la febbre ma ti porto fuori a bere”: la miseria di una vita di stenti e l’amore disperato. Che la vita è agra, citando Bianciardi, Bianconi lo ripeteva già in “Cinecittà”, l’album è Sussidiario illustrato della giovinezza, esordio dei Baustelle “è la vita è che siamo stelle è che siamo miseri” . È il dialogo tra un produttore donna e un attore nel mezzo di un provino che si rivela un abuso, molto prima di Weinstein e del polverone #metoo, e per una semplice ragione: è sempre stato così e lo aveva raccontato bene Pietrangeli nel film “Io la conoscevo bene”:

“lei mi fa male dentro… come in quella scena di Pietrangeli dove la sera a Roma si muore d’amore […] è la sera a cena è produzione[…] è la prima volta è fuori copione non è la radiotelevisione”.

E se “andiamo in cerca di rivoluzioni e vena artistica”, se continueremo a scegliere le persone “in base a cravatte e tagli di capelli” non è che in virtù di quell’ “antiomologata adolescenza torbida” che permea l’album di esordio, morboso come de Sade e Quincey, in cui già si respira l’olezzo dolciastro e soffocante di cimiteri con vista sui nostri paesaggi-Piranesi interiori.

Sussidiario Illustrato della Giovinezza

 

E allora, se tutto era già lì, cosa ci aspettavamo noi, dalle elezioni del 4 marzo? A cosa serve chiederci, come Chuck Palahniuk: “Quand’è che il futuro è passato da essere una promessa a essere una minaccia?”. Assisteremo all’ennesima fissione nucleare del Pd? Quali colpi di teatro ci aspettano fino al 23 marzo, giorno in cui Camera e Senato inizieranno a votare per scegliere i successori di Laura Boldrini a Montecitorio e Pietro Grasso a palazzo Madama e soprattutto data ufficiale di rilascio de L’amore e la violenza vol.2?

“Torneremo a fare l’amore, a guardarci dritto negli occhi? Ci si abitua a tutto, al Governo, alle stagioni Alla storia, al calendario”

I nuovi “dodici pezzi facili” annunciati dalla band toscana “esplorano in modo specifico il campo d’azione privilegiato della musica leggera italiana: quello della pura ‘love song’”, hanno dichiarato. E già il singolo Veronica n.2 ci parla di una nuova ossessione. Credevate davvero di sfangarla senza qualcuno con cui spartirvi la pena?

“Vedi, la vita diversa con Veronica Credi, che vuoto di colpo sia bellissimo Neghi, che tutto sia vano e tutto inutile Chiedi, un mondo migliore per Veronica”

Vuoi vedere che alla fine a salvarci sarà, come al solito l’Amor? Banale? Bello così così? Alla fine di un inverno lunghissimo come solo l’ultimo inverno sa essere, tra sciabolate di luce negli occhi, allergie e smarrimento in arrivo…anche l’Amore? Per trovarlo si potrebbe rispolverare l’infallibile metodo Kurt Vonnegut: “Ve lo dico io come trovare l’amore: vestitevi bene e sorridete sempre. Imparate le parole di tutte le canzoni appena uscite”.

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