Artist of the Year: and the winner is

Abbiamo provato a battere la fronda interna e quasi massonica di stvincentiani, ma è stata dura e alla fine Annie Clark viene proclamata artista dell’anno 2014 (in attesa delle classifiche dei migliori album 2014). Intanto, all’interno, un’altra corrente sembrava crescere, quella degli albarniani, tant’è che la sfida diventava cocente e portava una domanda nelle nostre teste: può Damon Albarn davvero essere il miglior artista del 2014, o è troppo vecchio e facciamo la fine di Rolling Stones? Vediamo chi è riuscita a battere St Vincent:

FKA TWIGS

A un certo momento dell’anno è uscito fuori il disco di FWA Twigs (Formerly Know As) e il mondo è letteralmente impazzito. Poi si è fidanzata col vampiro Pattinson, ha rapito le copertine di Pitchfork, ha buttato giù un paio di singoli che sono entrati nelle best tracks di tutta la critica cool del globo, e si è pure attirata le ire di Kristen Stewart (punto a favore). Perché non ha vinto? Non siate meschini: per noi il colore della pelle conta un fico secco, ma mettersi con un vampiro proprio mentre si canticchia amabilmente Two Weeks sì. Ci piace lo stesso e merita menzione.

MAC DEMARCO

Folle come un portone anche quest’anno non potevamo dimenticare il jizz jazz di Mac DeMarco, che nel 2014 oltre a un nuovo disco (Salad Days) colleziona anche un arresto a Santa Barbara durante un live (due tizi si erano messi a pogare, la polizia li ha arrestati, e lui per contestare si è appeso a una trave del soffitto per poi lanciarsi e fare un po’ di sano crowdsurfing). Vai Mac, ci piaci folle come un porcospino drogato.

THE WAR ON DRUGS

Fateci caso, è capitato in un certo momento dell’anno dopo l’uscita del loro nuovo disco: tutti hanno iniziato ad amare i The War On Drugs, tutti hanno iniziato a parlarne bene. Si sentiva paragonarli a Tom Petty, i Dire Straits, persino alla vena di Gilmour nei Pink Floyd, con quella pulizia dei suoni che riecheggia nel tempo. Tutti tranne Mark Kozelek e nipotini, che hanno cominciato una guerriglia no sense contro di loro al grido di: War on Drugs Suck My Cock! Però loro hanno resistito a tutto, e soprattutto l’ultimo album pare aver resistito bene al tempo. Nonostante l’assenza di Kurt Vile. Al prossimo giro vogliamo una bella sfida con lui.

SUN KIL MOON

Mark in una scena di Almost Famous

Come ci racconta Mark in Ben’s My Friends, ha conosciuto Ben Gibbard dei Postal Service durante un festival in Spagna agli inizi del Duemila: lui era ancora con i Red House Painters, e Ben suonava coi Death Cab For Cutie. Tempi in cui probabilmente Kozelek faceva più pubblico di Gibbard. Col talento di uno sceneggiatore di flashforward nel pezzo invece si inverte tutto: Gibbard riempie un teatro, e lui si sente a disagio a sentirsi una parte della folla di ragazzini durante il live. Chissà se con Benji, a firma Sun Kil Moon, Kozelek ha riconquistato una parte dispersa del suo pubblico. Forse non riempirà i teatri, forse vi manderà ancora a cacare dal palco, forse scriverà ancora pezzi contro le band come quello per i War On Drugs, ma resta uno dei personaggi che ha dominato il 2014. Più prolifico di Mark Lanegan.

DAMON ALBARN

Inutile star qui a far chiacchere: dicevamo giorni fa che ha dimostrato che il vero autore inglese quest’anno è lui, con tanta pace per Thom Yorke e i suoi esperimenti di marketing. Everyday Robots conquista, con quel sound di chi ha saputo reinventarsi solista senza stancare. Il signor Damon Albarn è promosso a pieni voti, ruba la scena con stile a tanti, si prende Brian Eno al fianco e decide che il 2014 è tutto suo. Del resto chi sa inventare belle melodie come lui, o ballare su Song 2, raramente perde colpi.

ST. VINCENT

 C’era una volta Annie Erin Clark da Tulsa, città dell’Oklahoma.

Annie suonava con un certo Sufjan Stevens del Michigan, ma a un certo punto si sente abbastanza grande da provarci anche da sola.

Nel 2007 esce con l’album Marry Me ed è subito amata dalla critica. Chi è questa ragazzetta magra polistrumentista di classe con la voce che incanta?

Nel 2009 esce Actor, ispirato dai film della Disney (?!?!), e nel 2011 arriva Strange Mercy: la nostra St. Vincent sta iniziando a farsi notare: è una cantautrice di classe, e nessuno riesce a negarlo.

Poi incontra David Byrne.

È la Housing Works a proporre ai due di lavorare insieme, così David va a vedere tutti gli show di Annie a New York e se innamora. Nel 2012 esce Love This Giant, uno di quegli album che conquista al primo ascolto e riesce a confermarsi al quincimillesimo. Influenzata dal sound di Byrne Annie è pronta alla sua svolta personale, e lavora a questo nuovo album con una nuova label che la lancia a reginetta del 2014. Il capello bianco diventa subito un must. Tacchi alti, e danze sul palco fanno il resto. Sonorità pop si mescolano all’immagine di una donna che sa anche darci dentro con la chitarra, e lasciarsi trasportare dalla musica. Lo show di St. Vincent diventa totale.

Questa è la storia di come la fronda stvincentiana ha vinto. Ma attenzione: questa non è la classifica dei Best Album 2014.

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