I giornalisti a volte sono strane creature, e pur di far lo scoop e cercare il titolo son pronti a tutto: del resto se non trovi la formula giusta per un titolo da postare su Facebook chi è più disposto ad aprire un link? Repubblica Bologna titola così: ”Bologna, apartheid in discoteca: porte sbarrate ai neri”, di fianco una foto del locale in questione, l’Arteria, in cui compare proprio un nero (didascalia: L’Arterìa di Bologna, prima dell’ultima “svolta”).
L’inchiesta parte dalla penna di una giornalista che si fa accompagnare da un ragazzo del Mali per tastare il ”razzismo” del locale: è vero che all’Arteria non fanno entrare i neri? Chiaramente no, ma il reportage racconta come i buttafuori del locale abbiano impedito l’accesso a diversi ragazzi di colore dei centri di accoglienza bolognesi, per una rissa che nei giorni scorsi ha coinvolto alcuni ragazzi neri a cui è stato trovato un coltello. Il pezzo ha ovviamente smosso intense polemiche, e dibattiti che hanno finito per attrarre anche Matteo Salvini, che non ha perso occasione di entrare nella questione via Facebook.
Ma è tutto vero? Abbiamo parlato con Teo Filippo Cremonini, che fa parte della direzione artistica del locale, e organizza concerti all’Arteria con il collettivo Hmcf. ”In Arterìa i neri possono entrare, sono sempre entrati e sempre entreranno. L’episodio citato dalla giornalista di Repubblica andrà verificato con chi di dovere (se davvero c’è stato) ma è da escludere categoricamente che la linea del locale sia quella da loro citata di APARTHEID. All’interno del locale lavorano persone che l’APARTHEID l’hanno vissuta in prima persone e sinceramente non so come abbiano preso questa notizia. Di certo, c’è stato un mancato dialogo fra la giornalista e il titolare del locale, perché sarebbe stato opportuno una volta svolto quest’episodio andare dal diretto interessato invece che prendersi la “presunta notizia” e portare a casa.”
”La cosa più divertente è leggere la solidarietà di Salvini, a noi che proprio Salvini è lontano così tanti anni luce che fa spavento.”, aggiunge Cremonini. ”Peccato invece per le dichiarazioni di alcuni personaggi di spicco della città che personalmente ho sempre apprezzato, i quali hanno invitato a boicottare il locale leggendo solo qualche riga uscita per fare visite e vender qualche giornale in più. Purtroppo sono amareggiato ma al tempo stesso positivo, molta è stata la solidarietà da artisti che hanno suonato sul palco e che hanno testimoniato la presenza di tutte le etnie possibili all’interno di quel luogo.”
Il titolare del locale, Domenico Migliacci invece ha dichiarato: ”“Chi conosce la nostra storia e frequenta e segue le nostre attività sa benissimo siamo un luogo di integrazione della città di Bologna da sempre, accogliendo persone senza distinzione di razze. Svolgiamo attività multiculturali che richiamano normalmente un pubblico multietnico”. Mimmo Migliacci accusato di razzismo, proprio lui che ha sposato una giamaicana con cui ha due figli.
Forse prima di scrivere parole che hanno delle conseguenze reali su attività come i locali che continuano a stimolare idee e proposte, bisognerebbe passarsi una mano sulla coscienza. Perché attivare un dibattito pubblico sul razzismo che coinvolge Lega, Pd e la politica tutta, a discapito di un locale è una pessima faccenda, e non fa onore a chi scrive. Il reportage potrà aver collezionato anche 7,1 mila like (finora), ma resterà un pessimo case history di notizia impacchettata alla buona.