Apparat, in arte Sascha Ring, fresco di David di Donatello per la colonna sonora di Capri- Revolution, passa anche da Bologna per promuovere il suo ultimo disco LP5.
Nella seconda data del tour che lo porterà in giro per l’Europa ci racconta la sua ultima opera facendoci immergere nelle profondità più recondite della sua produzione. Una resa dettagliata e fedele di quello che è il suo ultimo lavoro in studio: un perla fragile e bellissima, nascosta sotto diversi strati di suono.
Lui al centro, a un millimetro dal microfono. Tutt’attorno coperta da una coltre di fumo e luci, la sua équipe di musicisti si muove in continuazione, cambia strumento, cambia formazione. Sascha non dice quasi nulla, a parte augurare buonasera. Si muove poco, accarezza la chitarra con rispetto e a tratti improvvisa come fosse solo nella stanza, come se suonasse per sé. Il visual è essenziale: una serie di bastoni al neon messi alla rinfusa sullo sfondo e qualche faro colorato. All’aperto, magari al tramonto sarebbe stato ancora più sublime, ma purtroppo non si può avere tutto.
Il live è un unico monolite che si diverte a plasmare e a scolpire, giocando con le luci, il volume e gli strumenti in campo. Nel complesso inserisce brani dell’ultimo album ma anche pezzi dei lavori precedenti: quelli per cui tutti estraggono il cellulare dalla tasca e iniziano a filmare. La scelta di non fermarsi e di giocare con il volume nei cambi ha pagato: iniziando in sordina per arrivare ad essere travolti totalmente dalle costruzioni sonore nel momento di spannung.
Il mix tra la sua techno oscura, quasi elegiaca e i suoni orchestrali trasmette una tensione che si risolve sempre in uno scroscio che colpisce nell’intimo, creando un’atmosfera quasi catartica. Credo sia proprio questo l’obiettivo di Apparat che ha abbandonato il mood precedente, più danzereccio e ambient, per riprendere uno stile più impegnato e che verte al raggiungimento di frequenze pure e trascendentali.
Il pubblico è lì solo per lui, dopo la chiusura con IN GRAVITAS non vuole lasciarlo andare via; un sold out che lo riempe visibilmente di orgoglio, che esprime tornando sul palco con una gag in cui finge di non vedere cosa stia succedendo nella platea, mentre tutti lo acclamano. Un calore che sinceramente, non mi aspettavo nei suoi confronti ma che mi ha stupito piacevolmente durante tutto il concerto.
Sascha Ring si conferma un’artista e un professionista, a cui davvero non si può recriminare nulla. Ho davvero apprezzato che ci fosse così tanta gente accorsa a celebrare lo spessore del suo genio e la profondità dei suoi intenti.
Tutte le foto sono di Alise Blandini