Ad un paio di settimane dall’inizio della tredicesima edizione di Apolide Festival (ex-Alpette Rock Free Festival) abbiamo raggiunto per una breve intervista Salvatore Perri, che da dodici anni è il responsabile della Direzione Artistica. Dopo aver indagato sulla storia, sul presente e sulle ambizioni future di una realtà in crescita, ci siamo fatti raccontare i retroscena di quello che promette di essere più che un semplice festival musicale, un’esperienza sensoriale a 360° della durata di quattro giorni.
– Ciao Salvatore, siete pronti per questa XIII edizione di Apolide Festival? Sta filando tutto liscio?
S: Ci lavoriamo da un anno intero e vogliamo che tutto sia pronto a puntino così come ce lo immaginiamo da mesi. E’ ed è stato un lavoro molto difficile, ricco di stress, ma soprattutto di soddisfazioni. Abbiamo lavorato nell’ottica di fare un importante passo avanti rispetto alle edizioni precedenti e siamo certi che il pubblico stia percependo questo grande sforzo. Sta fortunatamente filando tutto liscio e non vediamo l’ora di cominciare.
– Com’è nato Apolide? Risorto dalle ceneri di Alpette Rock Free Festival, tre anni fa, è un qualcosa di totalmente nuovo o mantiene un forte legame col passato?
S: Apolide è la naturale prosecuzione di ARFF (Alpette Rock Free Festival), festival che fino alla decima edizione si è tenuto nel piccolo paese montano di Alpette e che per motivi non dipendenti dalla nostra volontà si è trovato costretto a cambiare casa. La fortuna e l’impegno dell’Associazione Culturale TO LOCALS e dei suoi quasi 200 volontari ha fatto sì che trovassimo uno splendido parco nel comune di Vialfrè. Da qui, il naturale proseguimento! Ogni anno, da 13 anni a questa parte, ci poniamo obiettivi di rinnovamento e ampliamento dell’offerta. Quest’anno, dopo 12 anni di gratuità, abbiamo deciso di intraprendere un nuovo corso inserendo un ingresso a prezzo popolare che darà la possibilità ad Apolide di continuare a crescere negli anni a venire. Noi ci crediamo e sentiamo di aver fatto la scelta migliore per il Festival e per il suo pubblico.
– Qual è stata l’edizione passata più complicata? Perché?
S: Sicuramente l’undicesima edizione e il suo spostamento forzato a tre settimane dall’inizio del Festival è stato uno dei momenti più complicati di sempre. Siamo però felici di aver reagito a denti stretti e aver raccolto quello che oggi il pubblico del Festival conosce e apprezza.
– Quali sono le filosofie e le idee alla base del festival? Il rapporto con la natura, il concetto di “evasione” dalla quotidianità mi sembrano fattori piuttosto importanti.
S: Assolutamente sì. Apolide non è una rassegna di musicisti. Apolide rappresenta una visione su quello che per noi significa Festival estivo, nel suo concetto più ampio: natura, campeggio, attività praticamente 24/24h per 72 ore consecutive. Una vacanza a tutti gli effetti, a pochi minuti da Torino e a meno di un’ora da Milano e Aosta.
– Quali sono i criteri nella scelta della line-up? Chi sceglie, come sceglie? Si cerca di dare uno spazio a diversi generi o privilegiarne alcuni?
S: La scelta di chi partecipa al programma artistico di Apolide è molto lunga e frutto di una selezione dura e costante. Personalmente mi occupo di questa parte e lavoro sempre nell’ottica di offrire al pubblico esperienze culturali di alto livello, permettendo di scoprire tra le tante attività nuovi artisti e nuove passioni. Quest’anno al Festival parteciperanno 49 tra musicisti, scrittori e djs, ai quali si vanno ad aggiungere tantissime attività collaterali che vanno dallo sport, al relax, al teatro comico sino ad arrivare alle attività per i più piccoli e le famiglie. Apolide è e vuole essere inclusivo e partecipativo, da sempre. E questo aspetto lo trattiamo in tutto, direzione artistica inclusa.
– Quanto conta riuscire ad avere artisti dall’estero: è un tentativo di “crescita” del festival, nel senso di dare un respiro europeo/internazionale all’evento?
S: Assolutamente sì. L’apertura verso nomi internazionali è nella nostra testa da tanti anni, ma solo lo scorso anno abbiamo cominciato questo nuovo percorso con l’unica data italiana dell’estate 2015 degli SKIP&DIE (NL/ZA). Quest’anno abbiamo ulteriormente spinto su questo concetto e siamo orgogliosi di poter ospitare 3 progetti musicali e 1 artista teatrale che giungono dall’Europa e gli Stati Uniti. Jain, artista poliedrica francese fresca del successo di “Come”, vera e propria hit dell’estate, Andy Butler degli Hercules & Love Affair da Brooklyn, gli Heymoonshaker da Londra, duo beatbox blues assolutamente atipico che suonerà il sabato sera insieme a molti altri artisti.
– C’è invece uno spazio per le realtà locali (intese proprio come della zona: eporediese / torinese)? Ad esempio un contest, uno spazio dove candidarsi..
S: Come ti spiegavo prima, la selezione è frutto di un lavoro di ricerca costante e quotidiana sul campo: nei club, nei festival, nelle sale prove e nelle cantine. Non c’è una possibilità di candidarsi, ma stai pur certo che se il progetto è degno di nota sarà il Festival a chiamarti senza troppi indugi!
– Un festival estero (o anche italiano) a cui vi ispirate?
S: Da un paio di anni in Italia cominciano a comparire festival che hanno le caratteristiche sulle quali noi lavoriamo da 13 anni. Non solo musica, ma anche campeggio e attività collaterali. Più che in Italia quindi, cerchiamo di ispirarci a realtà straniere, UK nello specifico, che hanno lo stesso nostro DNA, rapportato però a pubblici e possibilità decisamente superiori alla nostra. Non stiamo però guardando i grandi festival conosciuti in tutto il mondo, studiamo invece realtà minori a livello di pubblico che offrono un’esperienza a tutto tondo. Un paio di accenni vale la pena farli a Larmer Tree e Green Man, nelle campagne inglesi e gallesi.
– Come giudichi la realtà dei festival in Italia rispetto a quelli esteri? C’è ancora una forbice troppo ampia?
S: Di esempi virtuosi in Italia cominciano ad essercene molti. La forbice con l’estero rimane ampia, ma sforzi enormi sul nostro territorio ce ne sono, eccome. Penso a Siren Festival (Vasto) e Ypsigrock (Palermo) su tutti.
– Quanto è difficile organizzare un festival? Qual è l’aspetto più problematico?
S: E’ molto complicato e stressante. Ma ti restituisce una soddisfazione veramente difficile da trovare altrove. L’aspetto più complesso rimane sempre e comunque quello della sostenibilità economica, ma a questo che può parer scontato, si vanno ad aggiungere gli aspetti logistici e contrattuali che annualmente diventano più complicati.
– Qual è il ruolo delle istituzioni rispetto al festival? Ci sono aiuti da parte della regione Piemonte o di altri enti?
S: Siamo patrocinati dalla Regione Piemonte da tanti anni. Finché hanno avuto la possibilità, ci hanno aiutato economicamente, ma ormai il periodo non è più quello e sappiamo di non poterci contare. Tendiamo di natura ad essere completamente DIY. Solo in questo modo crediamo che si possa dare continuità ad un progetto culturale. L’alternativa è lavorare a intermittenza, quando spunta qualche contributo qua e là. A noi questa ipotesi non è mai piaciuta.
– In questa chiave, la figura del volontario risulta dunque indispensabile… quanti ce ne sono indicativamente? Che ruolo ricoprono?
S: I volontari sono la forza motrice del Festival durante le 72 ore di manifestazione e nei mesi precedenti la manifestazione. Quest’anno credo che la cifra si stia avvicinando velocemente verso i 200. Ricoprono ruoli di ogni genere e tipo, con un sorriso smagliante e una forza travolgente. Sono eroi, lo diciamo sempre e lo sottolineiamo annualmente.
– L’artista che sognate di portare in Piemonte?
S: Questi sono sogni, e finché non si avverano preferiamo non svelarli! Un po’ di scaramanzia ci vuole sempre!
– Che succede durante il resto dell’anno? Vi occupate di organizzare altri eventi o avete una vita più “normale”?
S: L’Associazione Culturale TO LOCALS è impegnata tutto l’anno nell’organizzazione di piccoli appuntamenti culturali a Torino e in provincia. Il Festival ormai occupa la stragrande maggioranza del tempo a disposizione e ovviamente sta diventando sempre più complicato dedicarsi ad altro. Chiaramente ognuno di noi ha un lavoro in parallelo e far stare tutto in piedi non è mai semplice. Di vite “più normali” ne riparliamo tra qualche anno!
– Sono un ragazzo medio italiano. Per quale motivo dovrei venire all’Apolide e preferirlo ad altri festival/realtà? Che cosa ha di più?
S: Non siamo competitivi. Non vogliamo che si preferisca Apolide ad altri festival e realtà. Vogliamo che Apolide sia quell’esperienza irrinunciabile dall’anno successivo alla prima visita. Normalmente capita così. Chi viene la prima volta, ci torna tutti gli anni munito di tenda e cassetta degli attrezzi per vivere immersi nel verde della natura per 4 giorni consecutivi. Noi altro non vogliamo aggiungerlo. Riteniamo il pubblico troppo intelligente e capace di capire se Apolide è un must o un’opzione di ogni estate, da 13 anni a questa parte.
RECAP:
Cosa: Apolide Festival
Dove: Area naturalistica “Pianezze”, Vialfrè (TO)
Quando: 28-29-30-31 Luglio
Altro: info e biglietti