Le silhouttes dei palazzi di periferia brillano della luce polverosa tipica dei tramonti urbani. Salutiamo la città naufragando con lo sguardo in un’enorme distesa di girasoli che fino a pochi giorni prima non c’era e sfioriamo l’aria rovente sporgendo la mano fuori dal finestrino. Con quest’immagine che appare come una cartolina, ci allontaniamo dal riflesso di un’altra calda settimana di luglio, una delle ultime prima delle ferie di agosto, quelle tanto sospirate da tutti, ma un po’ di più dai lettori di Cesare Pavese che in estate non riescono a fare un passo tra Torino e le colline che la abbracciano, senza pensare a un racconto dello scrittore piemontese. Corriamo senza guardarci indietro verso la serra morenica, pronti per la nostra prima festa nel bosco.
Arrivato alla sua sedicesima edizione e organizzato dall’Associazione Culturale TO LOCALS e da Hiroshima Mon Amour, Apolide non è soltanto un festival musicale, è un’esperienza da vivere a trecentosessanta gradi. Lo capiamo appena imbocchiamo il sentiero che ci conduce verso l’Area Naturalistica Pianezze, uno spazio verde che sembra nato con l’intento di ospitare la felicità di chi aspetta tutto l’anno questa rassegna. Ovunque volgiamo lo sguardo ci sono ragazzi che si scambiano sorrisi, coppie appena nate che si lanciano occhiate ancora timide e amici che si incontrano dopo tanto tempo senza essersi dati un appuntamento. Per gran parte della vita cerchiamo invano di appartenere a qualcosa, ma raramente riusciamo a inserirci perfettamente all’interno di meccanismi già avviati. Per scelta nostra o di altri, ci troviamo continuamente catapultati in ambienti dove è necessario sapersi adattare.
L’atmosfera che si respira ad Apolide, invece, non necessita di tutto questo: è calda, ma non c’entrano le temperature. L’energia e il buonumore dei volontari che schizzano come mine impazzite dall’area food ai palchi è indicatore della qualità della manifestazione. Un evento per una grande famiglia allargata che ama la musica, lo stare insieme e le attività a contatto con la natura. Neanche l’aggressività delle zanzare fa paura in questo luogo. E poi diciamolo: quanto è bello ogni tanto che non ci sia segnale e che i cellulari non prendano? Ci sediamo sul prato e smettiamo di pensare a tutto: veniamo accolti da Andrea Laszlo De Simone che con il suo disco Uomo Donna è stato la colonna sonora delle nostre due estati precedenti e dopo di lui sul palco sale Giorgio Poi. Una delle prime volte che lo abbiamo visto esibirsi era a pochi chilometri da qui, al festival A Night Like This, sopra il Lago Sirio, dove proprio come ora, sorseggiavamo una birra fresca, respirando l’estate.
La musica italiana riecheggia in tutta la valle, mentre la luce del giorno lentamente scompare dietro il Main Stage. A dare man forte al cantautore novarese anche Franco126 che anticipa la sua performance cantando insieme al compagno dell’etichetta che lo ha visto nascere musicalmente con Carl Brave, Bomba Dischi. A intervallare gli artisti in scaletta, Cesserata, un dj set futuristico che pare atterrato qui direttamente dallo spazio. Musica che i più avrebbero il coraggio di ballare e intonare soltanto in casa propria o dopo un paio di gin tonic a fine serata. Invece Cesserata ha appeal anche al tramonto quando i bicchieri bevuti sono ancora pochi. Un’astronave a forma di camper argentato che ha la forza di un magnete anche su chi solitamente non si scompone. Tutto questo è magnifico: Cesserata dovrebbe esser presente a ogni festival. Correndo dal Boobs Stage al Main Stage, passando per l’area food la frenesia cresce. Volti giovanissimi si accalcano verso il palco principale per l’esibizione di Franco126 che porta il suo Stanza Singola sotto le fronde del bosco di Vialfrè. Chi manca ancora?
La regina della serata è Myss Keta, tanto attesa la scorsa edizione su queste alture, e ancora più desiderata quest’anno. La mancata esibizione non è stata causata da un forfait della cantante meneghina, ma per colpa del maltempo, la minaccia più grande di ogni festival estivo. Per evitare che un potente diluvio mettesse in pericolo l’incolumità del pubblico il concerto era stato annullato e mai recuperato fino a oggi, a un anno di distanza. La capacità di infiammare il pubblico non è da tutti, ma Myss Keta con il suo savoir-faire riconoscibilissimo sembra nata per l’intrattenimento. Una donna che conta sempre sarcastica e autoironica, contemporanea e sopra le righe, ci regala uno show caldo, energico e intelligente, dove si balla e si pensa tanto.
Nulla è lasciato al caso: le coreografie con le ragazze di Porta Venezia ricordano i pomeriggi trascorsi a guardare Non è la Rai, il programma che noi bambine degli anni Novanta guardavamo cercando di imitare le movenze di teenager già adulte. Myss Keta infiamma la foresta tra note, luci e parole. Non poteva che concludersi con un sold out il sabato di Apolide, un tutto esaurito vero segnalato dalla difficoltà di trovare la nostra auto in un mare di altre auto nel parcheggio. Il nostro primo Apolide lo abbiamo trascorso chiedendoci perché non ce ne sia stato un altro prima e, anche se a questa domanda non riusciamo a dare una risposta, sappiamo che sicuramente ce ne sarà un secondo, un terzo, un quarto e così via. Almeno fino a quando le persone che stanno dietro a questa meravigliosa manifestazione avranno voglia di farlo.
Tutte le fotografie e le GIF sono di Maurizio Vaccariello