Fotografie di Alessia Naccarato
Anna Calvi, la talentuosa cantautrice britannica sostenuta fin dall’inizio della sua carriera da Brian Eno, è tornata in Italia la scorsa settimana per tre date: il 21 al Teatro Regio di Parma in occasione del Barezzi Festival, il 22 all’Hiroshima Mon Amour di Torino e il 23 al Largo Venue di Roma. Dopo la pubblicazione di Hunter, il suo terzo album in studio, uscito il 31 agosto scorso per Domino Records a distanza di cinque anni dal precedente disco One Breath e di quattro dall’Ep Strange Weather, Anna Calvi ha dato prova di essere cresciuta sia come musicista sia come compositrice, ottenendo il consenso unanime di critica e pubblico.
Quando arriviamo all’Hiroshima Mon Amour per la seconda tappa del tour italiano dell’artista londinese, figlia di un emigrato toscano, i cancelli non sono ancora aperti, ma dalle casse del paninaro di fronte al locale risuona una versione gracchiante di Woman di Cat Power. Un po’ come un déjà vu, la canzone ci tiene compagnia durante l’attesa. L’ultima volta che siamo stati qui era giugno, pioveva proprio come questa sera e aspettavamo con impazienza di vedere Chan Marshall emergere dal buio della sala.
Da una stagione all’altra il passo è breve, così come il salto da una grande donna della musica a un’altra. Anche Anna Calvi arriva sul palco sfidando le tenebre, la chitarra stretta forte al torace come se lei e la sua Telecaster fossero parti dello stesso corpo. La magia inizia sulle note di Hunter, la sua voce cristallina è capace di diventare all’improvviso grave, senza mai ferire, ma commuove all’istante. Le atmosfere idilliache di Swimming Pool e le ossessioni ripetitive di Indies or Paradise ci portano verso nuove dimensioni, basta chiudere gli occhi e smettere di pensare per viaggiare con la fantasia.
Anna Calvi è un concentrato di sensualità e vita, sicura di sé, in grado di tenere sempre viva l’attenzione di tutti. I fari rossi seguono la sua figura ipnotica da una parte all’altra della scena, pronta a esplodere sotto i nostri occhi come una bomba a orologeria. Tra As A Man e Wish la temperatura nel locale si è alzata di almeno dieci gradi. Sotto il palco c’è un pubblico estremamente variegato, molte teste canute ballano dimenandosi vicino a giovani dagli occhi affamati di bellezza. L’aria incandescente diventa più respirabile sui riverberi psichedelici di Rider To The Sea, gli acuti quasi lirici di Suzanne & I e i ritmi sussurrati di I’ll Be Your Man.
Un live di Anna Calvi è un po’ come guardare il mondo attraverso gli occhi di una sirena e sentire nelle vene scorrere l’elettricità al posto del sangue. Non si può esprimere a parole la meraviglia di ascoltare Don’t Beat the Girl out of My Boy che, con quel suo attacco così riconoscibile, ci fa sentire invincibili e davvero felici. Le cose belle durano troppo poco, si sa e il concerto di Anna Calvi è una di queste. Poco più di un’ora di musica in compagnia della bella cantautrice britannica non sazia: è come un aperitivo che prepara alla cena. Eppure usciamo con il cuore ancora in fibrillazione, accesi, più vivi che mai. Anna Calvi è una mina, ci ha scosso, lasciato esanimi a terra con il desiderio di rivederla al più presto. Se questo era il suo intento, ha colpito al centro il bersaglio.