C’è stato un periodo in cui il nome di Bagheria veniva accompagnato quasi solo al libro della Maraini, al premio Oscar Giuseppe Tornatore, a Guttuso. Poi a un tratto è diventato uno dei primi comuni ad amministrazione Cinque Stelle e un giorno sì e l’altro pure si parlava di Bagheria soltanto in termini di case del sindaco, di cui non voglio entrare nel merito.
Non si può guardare solo ai pregi di un posto, ma la stessa attenzione dovrebbe essere portata anche a quei segnali di risveglio culturale e propositività che in questo stesso territorio hanno trovato nascita. E con la stessa voglia provano a costruirsi anno dopo anno e a crescere. Circa una settimana fa si è infatti conclusa a Bagheria la quarta edizione di Animaphix – Festival Internazionale di corti di Animazione. Il festival, ospitato nei suggestivi ambienti di Villa Cattolica (peraltro sede del Museo Guttuso), per quanto ancora piccolo e in evoluzione, è stato in grado di regalare più di qualche momento di spessore.
Ad aprire questa cinque giorni di animazione è stata la proiezione, alla presenza dei registi: Dorota Kobiela e Hugh Welchman, di Loving Vincent, particolare film di animazione che esplora gli ultimi anni di vita del famoso pittore olandese.
La cordialità dei registi e il contrasto magico tra le tele ad olio che compongono il film e il cielo stellato sopra lo schermo sono stati in grado di suggellare nel migliore dei modi l’inizio di questa nuova edizione.
Alle proiezioni della selezione di corti in concorso – diversi per nazionalità, stili, durata -, il festival ha saputo offrire una verietà interessante di eventi.
Primo fra tutti le Cartes Blanches dedicate ai registi di Loving Vincent e Volker Schlecht: incontro tenuto fuori dalla sede del festival, nei locali dell’istituto Goethe di Palermo. La prima parte dell’incontro ha visto protagonista il disegnatore tedesco Volker Schlecht che con grande disponibilità ha descritto il lavoro dietro le sue opere, dai primi lavori da studente fino agli ultimi, tra i quali Kaputt (co-diretto con Alexander Lahl) e vincitore della passata edizione di Animaphix. Allo stesso Schlecht è stata riservata, nel corso di due differenti giornate del festival, una retrospettiva che ha messo in luce la varietà delle sue opere, la peculiarità del suo stile, nonché un certo impegno storico-politico.
La seconda parte dell’incontro si è invece concentrata sul mastodontico lavoro, da parte della coppia Kobiela-Welchman, dietro la realizzazione dell’acclamato Loving Vincent. Lo sforzo dietro la realizzazione delle 65000 pitture a olio utilizzate per il film, che hanno richiesto l’impiego di 125 pittori e ben 7 anni di lavoro, e l’idea di costruire una linea narrativa forte che le collegasse in modo coerente, consentendo l’ingresso in scena di più personaggi dell’universo di Van Gogh.
Negli ambienti all’interno di Villa Cattolica, per tutta la durata del festival, è stato poi possibile visionare la mostra Come se fosse ieri di Marco Cazzato, illustratore italiano che ha collaborato, tra i tanti, con La stampa, Il corriere della sera, Il Sole24Ore. Da sempre coinvolto nella costruzione di un punto di congiunzione tra il disegno e altre forme d’arte: presenti alla mostra i suoi lavori su Otto e mezzo di Fellini; se visionate il suo sito, avrete modo di riconoscere la sua firma su molte copertine di cd e libri a noi familiari. Sua è peraltro la mano dietro la splendida illustrazione raffigurata sulla locandina di questa edizione del festival.
Animaphix ha riservato un ventaglio originale di espressioni del mezzo audiovisivo, tra cui la meravigliosa la performance di live painting di CZM e Erta Ale, perfetta commistione tra musica elettronica e immagini dedicata alla città di Palermo.
In ogni caso, il festival ha cercato di distinguersi non solo come evento strettamente cinematografico, ma anche come luogo sociale di incontro e scambio. Tra presentazioni di libri su tematiche non strettamente legate all’animazione, ai laboratori per bambini, fino ai giochi circensi nel supporto reciproco tra festival diversi ma vicini.
Per quanto riguarda il concorso in sé, la giuria composta da Hugh Welchman, Volker Schlecht e Paola Bistrot ha premiato come Miglior Cortometraggio Mercurio di Michele Bernardi, un inno alla creatività e alla libertà di espressione contro l’oppressione del regime fascista. Premio speciale a Strange Case di Zbigniew Czapla; il riconoscimento da parte del pubblico, i cui consensi sono stati raccolti tramite votazione online, è andato invece a Inanimate di Lucia Bulgheroni.
Probabilmente l’unico appunto da fare è che, con il prolungamento del festival rispetto alle passate edizioni, non si è stati in grado di fornire al pubblico (pagante) lo stesso livello di intrattenimento puro per tutta la durata del festival. E’ anche vero che un evento strutturato su un tema ben preciso non è obbligato a creare motivi extra di attrazione, com’è altrettanto vero, purtroppo, che nelle piccole realtà serva anche quel pizzico di charme in più che spinga le persone a incuriosirsi, partecipare, e poi ritornare. La risposta del pubblico è stata comunque buona e ci sono delle ottime premesse per potersi migliorare nella modulazione di un programma futuro.
Gli organizzatori del festival possono considerarsi soddisfatti per esser stati in grado, negli anni, di metter su un evento capace di distinguersi nel suo genere e di prestare la propria voce all’interno di una corrente culturale locale e vivace, che non si è mai assopita e che non deve mai essere dimenticata.