Tutto quello che avevamo era un vento da abitare… – L’albero del Ténéré, Alessandro Andrei
Il libro di Alessandro Andrei, edito da Wojtek, la vivace casa editrice di Pomigliano D’arco, si potrebbe riassumere in questa bellissima frase di uno dei protagonisti del romanzo. La storia messa in piedi da Andrei ci porta in un turbine di flashback e fast forward attraverso cui viviamo alcuni dei momenti topici della nostra storia recente economica e politica.
Il protagonista, Antonio Donizetti, per la famiglia Antoine e per lo zio Momolo, attraversa la fine del ‘900 e l’inizio degli anni 2000 trovandosi, spesso non per suo volere, invischiato in alcuni dei momenti più intensi del nostro recente passato. Figlio di emigranti friulani trasferitisi a Parigi, vive il dissidio di sentirsi intrappolato in una famiglia che non riconosce come propria e l’attrazione verso lo zio Hervé, militante di estrema sinistra che con la sua vita avventurosa appare agli occhi del nipote l’unica persona in grado di dargli quel senso di appartenenza che non ritrova in suo padre.
Gli eroi son tutti giovani e belli, come cantava Guccini, e forse per questo agli occhi di un quindicenne che ancora della vita non conosce bene le conflittualità insite in ogni situazione, lo zio doveva sembrare molto più affascinante di un padre che fa i salti mortali al lavoro per tenere in piedi una parvenza di dignità familiare.
Il libro di Alessandro Andrei sembra unire le trame di molti libri e film di grande successo. Ripenso a I Diavoli di Guido Maria Brera che ci portava nella vita di un broker con un passato a tinte fosche, e così anche Antonio nel suo percorso di studi e di vita diventerà un broker della famelica piazza affari di Milano, dove insieme a un gruppo di colleghi sarà coinvolto nel grande crack finanziario che affossò la Lehman Brothers. Dunque, il vecchio – rappresentato dalle lotte rivoluzionarie della fine del Novecento – si mescola al nuovo – rappresentato dalla fine della crescita speculativa finanziaria dei primi anni 2000.
Il protagonista, prototipo capitalistico dell’individualismo sfrenato, si muove sempre sull’orlo del baratro del bornout. Antonio Donizetti è il self made man di cartapesta che mostra le crepe di un sistema scintillante solo per via del marketing. La famiglia – che poteva sembrare un’appendice trascurabile – viene a reclamare tutta la sua importanza nella vita del protagonista quando dal passato ritorna Hervé, tramite un avvocato che parla di un’eredità da riscuotere. La stessa famiglia che Francesca, la compagna di Antonio, vorrebbe costruire insieme a lui che però è troppo coinvolto da sé stesso per potersi mettere in ascolto.
Il twist della trama è proprio questo: il protagonista – non senza resistenze – prova a mettersi in ascolto. Ascolto del proprio corpo tenuto in piedi a colpi di ansiolitici e stimolanti. Ascolto delle voci del suo passato, ascolto di testimonianze che ricompongono al lettore e al protagonista stesso del romanzo i pezzi mancanti di un mosaico che si forma capitolo dopo capitolo.
La scrittura di Andrei è scorrevole e molto particolareggiata quando descrive i diversi luoghi in cui la storia è ambientata. L’autore si muove con disinvoltura tra Bologna, Parigi, Marrakech e Milano senza lasciare per strada nessun particolare.
L’albero del Ténéré è il simbolo del ritorno ai nostri luoghi naturali, la chiusura di un cerchio, non solo di trama ma di vita. Ognuno di noi, nella propria vita, ha un albero a cui prima o poi dovrà tornare per sciogliere dei nodi che, stiamone certi, verranno a reclamare il loro posto nella nostra storia.
“È il tuo passato sospeso che vuole tornare”