Esiste uno sbilanciamento delle parti quando si parla di cultura. Non serve avere la vista di un falco per accorgersi che il Meridione – in questo caso, la Sicilia – resta nelle retrovie per molti motivi, della negligenza delle istituzioni a questioni meramente logistiche. Eppure quella che si respira da queste parti è anche una profonda voglia e necessità di riscatto, di tirare su la testa per ricordare che le idee non mancano. Dopo tutto, come disse il buon Calvino tocca cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, inferno non è, e farlo durare, e dargli spazio.
Il Sicilia Queer FilmFest, arrivato alla sua nona edizione, negli anni ha saputo confermarsi come una delle realtà d’eccellenza a cui Palermo e i suoi cittadini sono riusciti a dare vita. Abbiamo deciso quindi di porre un paio di domande al direttore artistico Andrea Inzerillo – affinché anche da queste pagine si possa dare spazio a ciò che inferno non è, nella speranza che possa durare chissà per quanto ancora.
È la prima volta che parliamo del Sicilia Queer filmfest, arrivato alla sua nona edizione, sulle pagine de L’indiependente. Ci parli di come nasce un festival di questo tipo a Palermo?
Il Sicilia Queer è un festival indipendente nato nel 2010 e dedicato al cinema queer, un cinema che ha pochissimo diritto di cittadinanza nel circuito distributivo italiano, e a maggior ragione nel sud Italia. Si propone di indagare le tematiche LGBTQI+ attraverso il cinema con un sguardo ampio, irriverente, che del queer riporti lo spirito non soltanto a livello contenutistico ma anche a livello formale. Di qui il tentativo di portare il meglio del cinema contemporaneo e di interrogarsi sullo stato del cinema, e sul suo futuro.
Qual è stata, e come è cambiata – se è cambiata – la risposta della città a festival di questo tipo?
Un festival come il Sicilia Queer si realizza dal basso, con un grande sforzo da parte di chi lo organizza e purtroppo pochissime risorse; per questa ragione gli investimenti in termini di comunicazione sono ridicoli se paragonati ad altre manifestazioni anche meno ambiziose. Ciononostante si è subito distinto per la qualità e la radicalità delle scelte, e questo ha portato a una risposta sempre più ampia della città, che ogni anno affolla sempre di più le sue attività.
L’edizione di quest’anno si terrà dal 30 maggio al 5 giugno negli ambienti dei Cantieri Culturali della Zisa, luogo che si conferma vero cuore delle attività culturali a Palermo. Cosa rappresentano per voi e qual è il vostro rapporto con il Cinema De Seta?
Noi abbiamo fatto parte del movimento che nel 2012 ha riaperto il Cinema De Seta – un cinema che si considerava perduto – e ha fatto in modo che ridiventasse una questione cittadina e non solo. Da allora in poi lo abbiamo abitato costantemente con le nostre attività durante il corso dell’anno e dal 2014 realizziamo ai Cantieri il nostro festival, per dare un segnale su come si possano abitare diversamente quegli spazi. In questo siamo stati, insieme a pochi altri compagni di avventura, praticamente isolati e mai veramente ascoltati. Crediamo (e non abbiamo mai smesso di ripeterlo nel corso degli anni) che l’amministrazione comunale non abbia mai creduto sul serio nelle potenzialità di quel cinema, che è “sopportato” più che supportato, e siamo convinti che quando si investirà seriamente su di esso il volto dell’intera città potrà cambiare.
La protagonista della sezione Presenze di quest’anno sarà Marie Losier: come mai la vostra scelta è ricaduta su di lei?
È un’autrice importantissima del cinema contemporaneo, è stata capace di dare un volto diverso, personale e originale al cinema documentario. I suoi film sono divertenti, commoventi, pieni di gioia e ci permettono di conoscere realtà (come la scena underground newyorkese, gran parte della musica alternativa e molti altri cineasti contemporanei) che altrimenti non avremmo mai conosciuto. Come i registi realmente inventivi è un’autrice capace di innovare l’immaginario degli spettatori: non vediamo l’ora di farla conoscere al nostro pubblico.
Ci parli della seziona “Eterotopie”? Chi rappresenterà la Siria – paese a cui è dedicata la sezione?
Abbiamo chiesto a Donatella Della Ratta, tra le maggiori esperte di cinema e media arabi, di raccontarci un po’ della situazione siriana oggi, e lei ha costruito un programma davvero straordinario. Saranno presenti tre registi siriani: Ammar al-Beik, Avo Kaprealian e Sara Fattahi, che dialogheranno per tutta la settimana con la curatrice della sezione ma anche con altri interlocutori qualificati come Costanza Quatriglio, Paola Caridi e Marta Bellingreri. Sono convinto che attraverseremo, grazie al cinema, la situazione siriana contemporanea tramite sguardi e punti di vista diversi, e comprenderemo in che modo il cinema può ancora rappresentare una forma non pacificata di interpretazione della realtà.
Quali sono i punti di forza, secondo te, di questa edizione?
Al di là dei film, che invito a scoprire uno per uno, la caratteristica di questa edizione è probabilmente la grande presenza di ospiti internazionali: quasi tre autori al giorno incontreranno il pubblico, discutendo dei loro film o dei film di altri autori. Il Sicilia Queer è capace di creare un’atmosfera di reale condivisione e grande disponibilità da parte dei suoi ospiti, che si mettono a disposizione del festival e del pubblico realizzando un appuntamento internazionale davvero unico.
Qual è la situazione del cinema queer in italiano?
Non mi pare che il cinema queer (nel senso in cui lo intendiamo noi, di una narrazione dirompente anche dal punto di vista cinematografico) abbia rappresentanti particolarmente innovativi nell’Italia di oggi. Credo che una delle autrici più interessanti, che segue un percorso personale e di ricerca all’interno del cinema documentario, sia la romana Adele Tulli, e certamente ci sono altri autori di cui seguiamo con attenzione il lavoro (penso a Monica Stambrini, a Elisa Amoruso, e certamente ne sto dimenticando altri). Abbiamo molta fiducia in registi che sono queer in senso non strettamente lgbt ma che si fanno interpreti di un cinema diverso e innovativo: tra gli altri il collettivo catanese Canecapovolto, o un regista come Luca Ferri che per molti non avrà niente a che vedere con il cinema queer (e forse hanno ragione, o forse no).
Avrete incontri in collaborazione con altri festival?
Da sempre collaboriamo con molti altri festival, nazionali e internazionali; è un lavoro che si nutre di scambio intellettuale, confronto, ricerca e passione comuni. Quest’anno saranno fisicamente presenti al festival tre di essi, tutti festival del territorio: Efebo d’Oro, Animaphix e Seeyousound, che hanno creato dei programmi apposta per noi e che avranno la possibilità di raccontare al nostro pubblico le loro realtà.
Non solo cinema, il vostro festival ha spesso dato spazio ad altre arti, come la musica e la danza. Quali saranno le opportunità di incontro con altre forme artistiche di questa edizione?
Ogni anno costruiamo con attenzione la serata di apertura del festival: quest’anno s’intitola CLIMAXXX e sarà un appuntamento composto da una duplice offerta che rappresenta un evento davvero unico. Da un lato presenteremo in anteprima mondiale una performance di due artisti francesi che abbiamo conosciuto al festival di musica elettronica MainOFF di Palermo: CliMax mette in scena la storia d’amore tra un corpo umano e una creatura digitale fatta di luce e suoni, e sarà un’esperienza futuristica. Alla performance seguirà la proiezione del film di uno degli autori di culto del cinema contemporaneo, Gaspar Noé: il film si chiama Climax ed è un altro viaggio sensoriale (o una discesa agli inferi) che sempre dalla danza prende il suo spunto. Ci saranno inoltre due appuntamenti che offriremo a ingresso libero presso lo Spazio Franco: una performance di Salvo Cuccia e Gandolfo Pagano intitolata Porno über alles #2 e un concerto di musica acusmatica del compositore palermitano Manfredi Clemente. E naturalmente gli appassionati del clubbing potranno danzare fino a notte fonda per il Party Nudo che si svolgerà ai Candelai a metà del festival.