Alessandro Leogrande è stato una delle voci più intense e significative nel panorama italiano contemporaneo. Attraverso la sua scrittura ha saputo raccontare le realtà più complesse e dolorose del nostro paese, mettendo in luce le ingiustizie sociali e i drammi umani con una sensibilità rara, come se si stesse parlando ad un amico e non a un giornalista (e questo è tra i suoi più grandi pregi).
Nato a Taranto nel 1977 e scomparso prematuramente a Roma nel 2017, Leogrande ha portato avanti una carriera illuminata dalla passione per la verità e la giustizia, affrontando temi come il lavoro, l’immigrazione e i diritti umani attraverso veri e propri reportage.
Non ci serve capire Alessandro, che è intellegibile, ma ci serve capire il tempo in cui viviamo attraverso le parole che ha scelto di usare e di lasciarci.
Dalle macerie. Cronache sul fronte Meridionale, uscito postumo nel 2018, è un’opera che incarna perfettamente il suo spirito. Il libro si addentra nelle vicende di Taranto, città natale, devastata dall’inquinamento industriale e dalla crisi economica raccontando la storia di una comunità che cerca di rialzarsi dalle macerie (letteralmente), di un passato e di un presente segnati da molteplici dualità come sofferenze e privazioni, urbanistica e industria, ambiente e inquinamento, vita e morte, rinascita e declino.
Non è solo un libro sulla devastazione di un territorio e gestioni di mala politica ma soprattutto un forte atto di denuncia contro l’indifferenza e la complicità delle Istituzioni. La parola “fronte” ci fa pensare ad un territorio di guerra, e lo è, è una guerra silenziosa e ancora in atto tra la fabbrica e le persone.
Il tema era già emerso, ed è stato ricorrente negli anni, in Fumo sulla città uscito nel 2013 ma che in realtà sembra uscito pochi giorni fa (il film Palazzina Laf prende spunto da un capitolo).
In questo libro ci aveva già accompagnato per le strade della città dei due Mari, svelandone ombre e contraddizioni.
Taranto, con il suo passato glorioso e il presente segnato dall’imponente presenza dell’Ilva, rappresentata come una ferita aperta nel cuore del Mezzogiorno.
Leogrande descrive con maestria le dinamiche sociali ed economiche che ruotano attorno all’acciaieria, evidenziando l’impatto devastante sulla salute dei cittadini e sull’ambiente.
“Taranto è una città a strati. Una città in cui i piani storici, temporali, sociologici si accavallano” scrive nella premessa, delineando quella che sarà l’andatura del testo: un reportage tripartito che abbraccia un ventennio di trasformazioni.
Ad oggi niente sembra cambiato.
La narrazione di Leogrande è potente proprio perché intreccia storie individuali in un quadro più ampio di degrado sociale e di resistenza. Attraverso le voci degli operai, delle loro famiglie e dei cittadini, emerge un ritratto vivido e doloroso di una comunità, costretta in un ricatto, che deve scegliere tra lavoro e salute.
Leogrande, qui, non si limita a denunciare, ma cerca di comprendere e far comprendere le ragioni profonde che attanagliano questo territorio in un racconto che è allo stesso tempo personale e universale.
Il naufragio, pubblicato nel 2011, rappresenta uno dei suoi lavori più emblematici, un libro che non solo racconta una tragedia specifica, ma interroga le fondamenta stesse della nostra società e del nostro senso di umanità.
La tragedia della Kater I Rades, una piccola nave albanese che, il 28 marzo 1997, un Venerdì Santo, fu speronata da una corvetta della Marina Militare Italiana.
L’incidente avvenne nel Canale d’Otranto, in un periodo di forte instabilità politica e sociale in Albania, che portò migliaia di persone a cercare rifugio in Italia.
Leogrande ricostruisce meticolosamente gli eventi che portarono alla collisione, dando voce ai sopravvissuti e alle famiglie delle vittime, analizzando le responsabilità politiche e militari italiane.
Il naufragio è molto più di un semplice resoconto di una tragedia marittima: è un grido di allarme sulle politiche migratorie europee. Non si limita a descrivere gli eventi ma li contestualizza in un quadro più ampio denunciando l’ipocrisia e l’indifferenza dell’Europa nei confronti delle vite umane.
Questo lavoro invita i lettori a riflettere sulle cause profonde delle migrazioni e sulle responsabilità collettive che ne derivano.
Ad Alessandro, per questo lavoro, nel 2018 (un anno dopo la sua scomparsa) è stata dedicata una via a Tirana.
Con La Frontiera, uscito nel 2015, il suo sguardo è aperto sul Mediterraneo, un mare diventato simbolo di speranza e disperazione.
Entriamo come spettatori silenziosi nelle storie di chi fugge dalla guerra, dalla fame e dalla persecuzione, cercando una nuova vita in Europa.
La sua scrittura è empatica e rigorosa, capace di dare voce a chi spesso è relegato ai margini del discorso pubblico e della società, mal visto e additato come pericoloso invasore, sfruttato per mera propaganda, abbandonato.
Leogrande si confronta con le storie di migranti che arrivano in Italia, seguendo le loro rotte, i pericoli delle traversate e i successivi percorsi di integrazione.
La Frontiera non è solo un luogo geografico, ma una metafora delle barriere culturali, sociali e politiche che dividono gli esseri umani, delimitandola: “La frontiera corre sempre nel mezzo. Di qua c’è il mondo di prima. Di là c’è quello che deve ancora venire, e che forse non arriverà mai”.
Leogrande ci invita a vedere oltre queste barriere, a riconoscere l’umanità condivisa e la responsabilità collettiva verso chi è in cerca di un futuro migliore.
Oltre la sua assenza, l’eredità di Alessandro Leogrande rimane viva attraverso le sue opere e il suo impegno civile. Ci ha lasciato un esempio di giornalismo etico, profondamente radicato nella realtà e nella volontà di cambiare il mondo attraverso la parola. La sua capacità di dare voce agli invisibili e di denunciare le ingiustizie rimane un faro per chiunque voglia intraprendere la strada del giornalismo e della scrittura sociale.
Il suo approccio, basato su una meticolosa ricerca e una profonda immersione nel tessuto sociale, conferisce ai suoi scritti una credibilità e un’autenticità che li rendono documenti e testimonianze imprescindibili per comprendere l’Italia, non solo il Sud e “i sud” del mondo.
In un’epoca in cui le questioni legate all’ambiente, al lavoro e all’immigrazione sono più che mai attuali, il lavoro di Leogrande continua a risuonare con una forza incredibile. Senza ombra di dubbio è stato un testimone del suo tempo, un osservatore acuto e un narratore appassionato.
Il suo contributo al giornalismo e alla letteratura italiana rappresenta un patrimonio prezioso, un invito costante a non smettere mai di interrogarsi e di lottare per una società più giusta e umana.
Alessandro ci ha insegnato una grande lezione, spesso dimenticata: l’importanza di guardare il mondo con occhi attenti e cuore aperto, di non arrendersi di fronte alle difficoltà e di credere fortemente nella possibilità di un cambiamento reale.