Nell’ottobre 2017 Alessandro Cortini si era guadagnato il podio di molte classifiche con Avanti, album costruito intorno a ricordi di famiglia filmati in Super 8. C’era il freddo, la neve e allo stesso tempo il calore di un suono che meglio di qualsiasi altro era riuscito a trasmettere la nostalgia di una distanza incolmabile. Due anni più tardi, il producer bolognese ritorna con un nuovo lavoro dal titolo Volume Massimo che segna anche il suo debutto con la Mute Records, etichetta che ha sotto di sé artisti del calibro di Nick Cave, Apparat e New Order. Basta confrontare le due copertine per capire che l’album che abbiamo davanti si distacca notevolmente dal precedente: i colori si scaldano, le forme si definiscono e il mood si setta su una realtà meno intima, più plastica. Il passato non è più quello familiare di Alessandro bambino ma un passato condiviso che rispolvera tendenze e sensazioni dal gusto ‘70/’80. Già scorrendo i titoli degli otto brani contenuti in Volume Massimo ci si accorge di come questa contaminazione sarà il fil rouge che tiene insieme l’intero disco: giochi di parole rétro che (inconsapevolmente?) strizzano l’occhio a Cecchi e Tondelli, sigle che sembrano uscite dal palinsesto RAI del 1982. Anche il nome, Volume Massimo, che ci ricorda inevitabilmente la band di Emidio Clementi, si porta dietro un riferimento temporale ben specifico ma la scelta, a detta dello stesso artista, non è altro che un’istruzione per l’uso, una semplicissima guida all’ascolto per esaltare al meglio le parti più dinamiche.
Il primo brano in scaletta è Amore Amaro, un inizio cupo e sinistro che sintetizza (!) l’intero album. Premendo play la sensazione è quella di essere subito catapultati all’interno di un videogioco Arcade dove fruscii e vari elementi disturbanti contribuiscono a rendere l’atmosfera inquietante e ad aggiungere al suono una solida patina vintage. A seguire, Let Go espande l’orizzonte inserendo delle parti di chitarra martellanti che lo rendono uno dei pezzi più atmosferici e meglio strutturati. Amaro Amore è una melodia claustrofobica di sei minuti esatti che si chiude con un alienante white noise a cui si attacca naturalmente Batticuore, singolo e punta di diamante del disco; qui, la parte ritmica accompagna un loop sintetico e spettrale che sfuma su un oscillatore via via più distante.
Superata la metà, in quinta posizione troviamo Momenti, che con il suo andamento trionfale e riverberato sembrerebbe composto per sonorizzare Metropolis. Basso e cassa riempiono lo spazio creando un beat persistente che avanza come una marcia militare e sfocia in una chitarra storpiata dal registratore vocale di un iPhone. I successivi La storia e Sabbia sono forse i due pezzi meno convincenti: sicuramente risentono un po’ della posizione (rispettivamente 6 e 7) ma anche dopo diversi ascolti non arrivano e nel complesso non aggiungono molto a VM. A chiudere il disco troviamo Dormi, un brano logorante e magnetico che ci lascia con un profondo senso di decadenza e abbandono.
Con Volume Massimo, Cortini si conferma maestro della stratificazione e lo dimostra componendo un lavoro dalle infinite texture e sfumature, solo apparentemente minimal. Anche se meno immediato del precedente Avanti, le percussioni synth e la semplicità delle oscillazioni lo rendono un album estremamente accessibile che sembra più un ritrovamento d’archivio che una novità vera e propria. I suoi otto pezzi (per una durata di 42 minuti) rievocano un universo retrofuturistico carico di riferimenti che vanno da Blade Runner a Tron passando per Akira e i Daft Punk.
Forse proprio per la sua costruzione così organizzata il disco perde però un po’ del calore e dell’umanità che aveva fatto la differenza nel lavoro precedente e non riesce, salvo in pochi passaggi, a entrare sotto la pelle.