Chi non è mai stato in una classe di scuola elementare non immagina i miracoli che può fare una mela al momento giusto.
Aggiustare l’universo, l’ultimo romanzo di Raffaella Romagnolo per Mondadori, è un romanzo sulla scuola di ieri per la scuola di oggi. Più precisamente: è un romanzo di speranza sulla scuola del dopoguerra. Anzi, restringendo ancora di più il campo, è un romanzo di speranza e di ricostruzione ambientato in un piccolo borgo ligure, Borgo di Dentro, con pochi abitanti, ma con la tutta fatica, la pena e il peso dei bombardamenti di tutta Genova sulle spalle.
Settembre passa come può, le botteghe sempre sfornite, le tessere annonarie sempre in vigore. Le lezioni dovrebbero cominciare il primo ottobre, che sarebbe la norma, ma il Ministero posticipa l’avvio di due settimane. Il primo anno senza guerra fatica a mettersi in moto.
Così ci appare nel racconto di Raffaella Romagnolo, cristallizzato nell’ottobre 1945, il nuovo anno scolastico che fatica a cominciare. Riprendersi la normalità sui banchi di scuola, ripartendo proprio da lì, da quelle aule che per troppo tempo non hanno visto i propri alunni o, peggio, purtroppo hanno visto cose non avrebbero mai voluto vedere (Deviare per gioco l’orbita di Giove, pensa. Sfilare uno per uno gli anelli a Saturno. E intanto, nell’interrato, frantumare falangi […]). È con questo spirito che la maestra Gilla, genovese poco più che ventenne (Raccattare: ha l’impressione di non aver fatto altro da quando, quasi tre anni prima, è arrivata al Borgo di Dentro, sfollata da Genova con i genitori), torna a insegnare a scuola, nella sua nuova classe, una quinta. Sono tutte ragazze nella sua 5^ D, quest’anno devono affrontare l’esame di licenza elementare.
Fa un giro tra i banchi. Dodici trabiccoli di lego lucido, il ripiano nero a ribalta. Difficile prendere posto, complicato muoversi, voltarsi indietro o di lato, uscirne. Banchi-gabbia, banchi-scialuppa su oceani in tempesta.
Dopo il ventennio e la riforma gentiliana, la scuola del dopoguerra è diversa, è bella: si fa carico di costruire, ricostruire, rimettere in sesto e salvare. Lo sa bene la maestra Gilla che ha avuto la forza di accettare il questo nuovo incarico da docente elementare nel primo anno senza la guerra, pur non essendosi fermata un attimo durante – teneva le sue lezioni per i suoi piccoli alunni sfollati come lei, lezioni che diventano routine, appuntamenti che si facevano certezza e protezione dal dolore e dalla paura. Ma non solo: ha conosciuto la vita di staffetta partigiana in montagna, ha sperimentato l’amore e la perdita.
Anche se è non è vero, considera questa il suo primo giorno in cattedra. Insegnare non è spiegare, dettare, correggere, soffiare nasi, medicare ferite, dirigere cori, districare nodi, sgridare, punire. Insegnare è fare questo tutti i giorni, pensa la maestra Gilla.
Lo sa bene Francesca, la bambina arrivata in 5^ D la mattina del primo ottobre, un po’ in ritardo, accompagnata da una suora. Alunna da subito promettente, ma che non parla, chiusa nel suo mutismo, pian piano si scoprirà, in risposta a un trauma troppo grande. Quindi Aggiustare l’universo è di certo un romanzo di scuola e sulla scuola, sull’insegnamento e sulle metodologie a questo collegate, non tralasciando i tanti dubbi che possono esserci in merito (Troppe cose, troppe parole sconosciute alle bambine. Concetti complicati. Gilla deve scegliere. Insegnare è tralasciare), ma non solo. Racconta del dopoguerra, della guerra stessa con lunghi flashback e riportando accurati stralci di ordinanze ministeriali fasciste e di giornali (Nelle settimane successive Genova diventa una trappola. La Royal Air Force torna a bombardare il centro la notte del 6 e quella del 7 novembre 1942. Colpiti i quartieri orientali, villa Pallavicini, le acciaierie Ansaldo, la chiesa di Santa Chiara e ancora quella dell’Annunziata, questo uno dei tanti esempi). Racconta del salvarsi e del salvare gli altri come si può, della morte della vita, della memoria del trauma e della Shoah.
Ogni banco è da due, avanza un posto. Qualcuno rimarrà solo in alto mare. Crescere, altronde, è bastare a se stessi.
Aggiustare l’universo in frantumi. In questo momento storico, in cui l’universo sta andando di nuovo a pezzi, ma sembra esistere solo la memoria del passato, quello di Raffaella Romagnolo si presenta come un altro romanzo della memoria, figlio sicuramente della Storia di Elsa Morante, a cui la struttura della storia stessa rimanda sempre; come un’altra storia dell’amicizia d’infanzia e di un microcosmo femminile, accorato e bellissimo in cui la tetralogia dell’Amica geniale di Elena Ferrante fa scuola; come un altro romanzo sull’identità negata e sul racconto di sé, come lo è stato leggere Io non mi chiamo Miriam della giornalista svedese Majgull Axelsson.
Sei incorreggibile, Gilla. Vuoi davvero aggiustare l’universo?
Raffaella Romagnolo, con il suo Aggiustare l’universo, è tra i candidati al Premio Strega 2024.