Quando ho visitato San Francisco per la prima volta ero ancora troppo piccola per comprenderne pienamente il fascino. Non sapevo del ruolo predominante che la città aveva rivestito nella scena controculturale degli anni ‘60, e che gruppi leggendari come Jefferson Airplane, Grateful Dead e Big Brother and The Holding Company avevano mosso i primi passi tra le vie di Haight-Ashbury. Eppure, nonostante la mia inconsapevolezza, percepii qualcosa di diverso in quella città dall’aspetto fortemente europeo, un modo di vivere che non assomigliava alla freneticità newyorkese.
Molto più tardi avrei scoperto che negli anni ‘50 la città era divenuta il centro letterario degli Stati Uniti grazie agli esponenti della San Francisco Renaissance e della Beat Generation. Questa presa di coscienza, che cambiò per sempre il mio modo di pensare, avvenne nell’anno in cui si celebrava mezzo secolo dall’uscita di Howl, il poema di Allen Ginsberg edito da City Lights Publishing. Leggendo del processo per oscenità che aveva seguito la pubblicazione, rimasi colpita dalla storia dell’editore di City Lights che in nome della poesia aveva rischiato la prigione: era Lawrence Ferlinghetti.
Ferlinghetti e Ginsberg
Poeta a sua volta, Ferlinghetti aveva fondato la City Lights publishing nel 1955, inaugurando la Pocket Series – una delle prime serie tascabili – con il suo Pictures of the Gone World. Tra gli altri titoli pubblicati, oltre a Howl e le successive raccolte di Ginsberg, nella Pocket Series compaiono Gasoline di Gregory Corso, Revolutionary Letters di Diane di Prima e i Selected Poems di Philip Lamantia.
Ferlinghetti ricoprì un ruolo fondamentale nel divulgare le opere della Beat Generation, ma non si sentì mai totalmente parte del movimento letterario: “Sono sempre restato in disparte rispetto ai Beat e Allen non mi ha mai veramente incluso nel gruppo” aveva spiegato il poeta allo scrittore Barry Miles. Se è vero che lo stile di vita di Ferlinghetti fu decisamente lontano dagli eccessi di Kerouac, Ginsberg e Burroughs, il sentimento di rivolta che caratterizzava i suoi versi era però lo stesso di cui era infusa la poesia e la prosa Beat. Ne è esempio la raccolta più celebre di Ferlinghetti A Coney Island of the Mind di cui fa parte I Am Waiting, una delle poesie più amate in America; qui Ferlinghetti denuncia i mali del mondo, ma non accetta l’irreparabilità del destino umano. L’attesa in cui si trova il poeta non è quella priva di speranza di stampo beckettiano; l’attendere di Ferlinghetti è un auspicio verso il ritorno alla bellezza e alle meraviglie che il mondo più offrire.
“and I am awaiting / perpetually and forever / a renaissance of wonder”
Per Ferlinghetti una di queste meraviglie era sicuramente San Francisco, con la quale ormai tutti lo identificano. Ferlinghetti giunse a San Francisco nel 1951 e due anni dopo aprì City Lights Bookstore, prendendo il nome dalla pellicola di Charlie Chaplin. City Lights è oggi, insieme al Caffè Trieste, una delle ultime testimonianze del passato bohémien di North Beach; come la maggior parte della città, il distretto è ormai vittima della gentrificazione tecnologica sancita dall’avvento di multinazionali interessate soltanto al denaro. Questa trasformazione preoccupava Ferlinghetti: in The Poetic City That Was, il poeta sottolineava il cambiamento subito dalla città, sentenziando come l’arrivo di uomini d’affari avesse reso San Francisco “an artistic theme park without artists”. Ma la poesia riesce sempre a sopravvivere: “Our city belongs to the poets” intitola infatti il San Francisco Chronicle, omaggiando Ferlinghetti. E il poeta avrebbe gioito nel vedere la folla che pochi giorni fa è arrivata a North Beach, ricordandolo leggendo i suoi versi, disegnandone il volto sulla strada e lasciando fiori all’entrata di City Lights.
In Allen Ginsberg Dying, Ferlinghetti scriveva “A great poet is dying, but his voice won’t die”; le poesie di Ferlinghetti resteranno per guidarci attraverso un’esistenza che si fa sempre più indecifrabile. Ciao Lawrence, grazie per averci consegnato parole che, elevandosi tra le rovine, riescono a far sussultare le nostre deboli anime.