Nel maggio del 2006, migliaia di studenti cileni occuparono le strade e le scuole in segno di protesta contro la LOCE: Ley Orgánica Constitucional de Enseñanza – pubblicata nel diario ufficiale il 10 marzo 1990, quello che fu l’ultimo giorno della dittatura di Pinochet. La LOCE non fece altro che suggellare la disuguaglianza nel diritto allo studio, favorendo gli istituti privati a quelli pubblici, e delegando alle municipalidad (un concetto simile a quello di quartieri o municipi) la gestione dell’educazione.
Nel 2011 seguirono altre proteste, questa volta con il coinvolgimento degli studenti universitari, che arrivarono nuovamente a scuotere la coscienza e la realtà politica del Paese. Anche oggi in Cile c’è molto lavoro da fare nell’ottica del sistema educativo, ma entrambi i movimenti sono considerabili miccia di un processo di cambiamento. Le manifestazioni del 2006, conosciute con il nome di Rivolta dei Pinguini per via dei colori (bianco e nero) della divisa tipica delle scuole secondarie cilene, ci vengono adesso ricordate dall’opera A sud dell’Alameda. Diario di un’occupazione, pubblicata da una delle realtà indipendenti che più ho a cuore: Edicola Ediciones. Una casa editrice piccola, ma a suo modo rivoluzionaria; un vero e proprio ponte tra Italia e Cile in grado di regalare al panorama del nostro Paese alcune tra le opere degli autori più innovativi del Cile. In edizioni, quelle dei romanzi, tanto piccine quanto curate.
La stessa cura è riservata, dopo tutto, a quell’opera ibrida che è A sud dell’Alameda: un mix ben congeniato di narrazione scritta e grafica. Come afferma lo stesso sottotitolo, le parole di quest’opera affidate alla penna di Lola Larra non sono altro che le giornaliere annotazioni su un diario di uno degli “studenti-pinguini”.
In un istituto a sud della grande avenida che taglia in due la città di Santiago, gli studenti di un piccolo istituto privato decidono di unirsi alle proteste studentesche. Nicolas, il nostro protagonista, resta a scuola e racconta.
In questi primi tre giorni di occupazione la scuola è cambiata, e gli studenti anche. Le sedie sono ammucchiate là fuori, i banchi addossati alle finestre, i sacchi a pelo per terra. E anche se la maggior parte degli studenti gira ancora in uniforme, sembrano diversi, o per lo meno io li vedo così.
La voce di Nicolas è semplice, da adolescente, forse anche scanzonata. Nicolas, che fino a due giorni prima giocava nella squadra della scuola e si confrontava con gli amici – molti dei quali non hanno aderito all’occupazione – su quale nazionale sostenere durante i successivi campionati di calcio. Probabilmente ha deciso di restare a scuola per le ragioni sbagliate: una ragazza, la francese che legge Paul Éluard e che mostra una sicurezza e una consapevolezza politica più spiccate delle sue.
Alla voce autentica dell’adolescente si contrappongono le illustrazioni vivide e potenti di Vicente Reinamontes. Il disegnatore cileno, che durante la giovinezza è stato a sua volta un pinguino, ci regala uno scorcio degli ambienti, del vivere giornaliero dei ragazzi, anche osservati da un imprecisato sguardo esterno e vigile. Il tratto è duro, particolare, geometrico; assolutamente peculiare e incredibilmente suggestivo nel suo caricato uso dei colori.
Quello che ne viene fuori è un racconto coinvolgente ma non edulcorato: i ragazzi vengono messi a dura prova dalla convivenza forzata, dalla vita precaria dell’isolamento; dalle invidie e da possibili sabotaggi intestini. Stiamo parlando comunque di adolescenti, di sedicenni; di individui ancora in definizione che però, aldilà di tutto, hanno avuto il coraggio (anche nell’incoscienza) di resistere e lottare per qualcosa che dovrebbe essere cardine di ogni società civile: il diritto allo studio.
Una parte simbolica all’interno della narrazione, funzionale a uno degli snodi finali, è la condivisione, all’interno di una delle assemblee, della storia delle proteste del passato, di coloro che prima di loro hanno sfidato l’obsoleto sistema educativo e che in parte hanno già battuto un sentiero su cui loro adesso si stanno immettendo. Per evitare di cadere nella superbia di pensare che siamo i primi, gli unici e i più fighi – ammette uno degli studenti coinvolti.
Il richiamo al passato, la connessione tra i piani temporali, l’incontro tra le parti attive di due proteste differenti ma mai scollegate in quanto una – anche letteralmente – figlia dell’altra costituiscono uno degli aspetti più commoventi di questo romanzo illustrato.
Oggi dal 2006 ci separano 12 anni; a quelle proteste ne sono seguite altre e altre ne seguiranno, così come ci sono stati genitori e insegnanti che hanno avuto il loro tempo di scendere in piazza. La memoria e la coscienza storica e politica – in Cile, e in egual modo in ogni altra nazione – finiscono così per costituire un valore da tramandare da generazione in generazione, e qui sottolineato con convinzione sia dalle parole che dai disegni.
Credo sia fondamentale, in una realtà che tende ad appianare le differenze, alle generalizzazione e ad adagiarsi sui non importa, le cose non cambieranno mai avere non esempi di sistemi ribaltati allo scoccare delle dita, quanto più storie e rappresentazioni di prese di posizione. Studiare, prendere coscienza e poi avere l’audacia di schierarsi, uniti. A maggior ragione se gli attori del caso sono studenti, figure di una generazione ormai troppo spesso costretta a crescere sfiduciata, inerme – perché probabilmente è così che la vogliono.
La lettura di questo volume non può che fare bene, a tutti. Non importa se la nostra battaglia non sarà quella che ci porterà nel migliore dei mondi possibili: ce ne saranno altre. Tocca solo rimboccarsi le maniche, raccogliere il seminato delle nostri madri e dei nostri padri e lasciarne ancora per il futuro perché l’educación no se vende, se defiende!