Waiting for è il secondo disco del duo A Copy for Collapse giunto alle stampe dopo un paio d’anni dal primo lavoro The Last Dreams on Earth
Già in apertura si capisce chiaramente che ruolo danno gli ACfC all’attesa.
Gli echi in apertura nella title-track disegnano un vasto non luogo, colorato dei suoni glo-fi che sono tanto cari al duo ma anche di bassi fortemente improntati alla dance anni 80. E proprio la commistione di queste matrici, mai completamente scisse l’una dall’altra, ma ben calibrate tra loro fa di questo un disco interessante. Come pure interessante è l’utilizzo della voce come se fosse uno strumento musicale; la qual cosa fa sì che in tracce come la precedente ma anche come Another Chance, con il suo incedere che fa tributo a certa elettronica degli anni 80, o Lost in Decay, pezzo in cui su ritmiche sostenute viene mandato un campione vocale mandato in loop, la voce di Aria Mirskya, che entra effettata a dovere, dona ai pezzi un ulteriore elemento all’equilibrio tra le fonti sonore.
Confusion, Dusk, Light (e volendo anche Triangle) sono le tracce più marcatamente chillwave (a volte sembra di sentire certe registrazioni di Tycho, a volte ci si risentono i Washed Out) del disco, ma pur entrando nella dimensione più eterea del genere, non si lasciano mai alle spalle un certo dancebeat e quando la cassa si fa diretta ecco pronto il ritorno sul dancefloor con tracce come Alone.
Ma gli ACfC non dimenticano neanche la loro anima più vicina allo shoegaze che come un’alea è presente in tutta la produzione del duo e che in questo disco diventa preponderante specialmente nel primo singolo estratto, la potente No Failure (niente male neanche il remix degli Aucan).
Con Grey Sunday il disco si chiude su atmosfere cupamente wave mentre la voce effettata di Daniele Raguso ripete il titolo del brano in loop.
Il duo confeziona insomma un disco valido che si mantiene bene in equilibrio tra le matrici dance, chillwave e shoegaze e pur lasciandosi alle spalle i toni più ambient delle produzioni precedenti non smette di creare veri e propri paesaggi sonori.
No Sense of Place, 2015