L’angolo di Prometeo – a cura di Fede Torre. Nato come promessa della nullafacenza, col passare degli anni ha confermato quanto di bene si dicesse di lui sull’argomento.
Promoter di concerti, conduttore radiofonico, chiacchieratore, è tornato alla sua antica attività, scrivere, così risparmia anche di parlare.
Tennista del lunedì , cura una sua rubrica, “Ritratti”, su Ubitennis.
Gli piace definirsi come un collezionista di immagini.
Nell’ottobre 2019 pubblica “Multiplo di Tre” (ed. Le Fate), raccolta di scritti di una vita nata all’età di 3 anni e sui multipli del 3 sviluppatasi, lavorando alla propria versione 3.0.
Memorie di un (vecchio) Promoter
Un fax l’incubo, icona del primo ricordo. Ufficio, il lavoro da casa era ancora da pensare ed immaginare, ma ci sarebbe arrivati. Pareti tappezzate da manifesti di concerti di gente di cui nessuno da lì a poco avrebbe ricordato nulla. Un telefono per sentirsi al centro del mondo ed una connessione tartaruga quanto i telefoni cellulari con scheda ricaricabile da usare con parsimonia, per non scaricarla dopo qualche scatto alla risposta.
Invio di circolari artistiche, l’alienazione a portata di tavolo.
Si scrive un progetto, una presentazione. Si spera per i successivi 15, 20 giorni di non doverla aggiornare per non dover rifare tutto d’accapo. Avvio operazione FAX, previa telefonata, perché non tutti ce l’hanno in ricezione automatica e bisogna sempre prima avvisare. Si incrociano le dita, si spera il FAX venga inviato correttamente. Sulla mensola una marea di pacchi, buste imbottite da spedire. Dentro cd masterizzati, biografie, rassegne stampa e qualche cassetta anche. Poche, che quasi tutte sono state riciclate senza nemmeno essere ascoltate Quel bootleg non si sapeva proprio dove andarselo a registrare.
Erano gli anni in cui un giovane promoter barra agente di booking e management, di giorno ascoltava musica automalprodotta e di notte girava per concerti alla scoperta di nuovi fenomeni. Bastava trovarne mezzo appena buono o meno peggio di altri, un po’ di registrazioni, un po’ di rudimentale promozione e si partiva con il lancio discografico e live.
Ai giovani basta poco per sentirsi importanti, spesso basta farli sentire diversi e dar loro appartenenza.
Un piccolo live music club aveva l’odore della Royal Albert Hall, il festival del paese da head liner, Woodstock, la strada percorsa del primo tour, la Route 66.
Un giorno sarebbe arrivato l’uso indifferenziato delle mail e la nascita dello spam. Poi MySpace e la fine delle spedizioni a casaccio, del gironzolare di notte, del piacere della scoperta. Il negarsi il gusto della possibilità di sbagliare L’affermazione dei social, l’inizio di una nuova Era.
Il mondo stava cambiando, portando nuovi mutamenti in maniera subdola e apparentemente lenta così che la gente non se ne accorgesse. E non se ne accorse.
I giovani sarebbero per la prima volta stati davvero giovani, facendo cose diverse dalle generazioni che le avevano precedute, non solo cantandolo indossando vestiti diversi.
Nuove forme di socialità, nuove modalità di passare il tempo, di stare insieme, di divertirsi. Uno sfanculamento del passato.
Chi giovane è stato e più non è, sminuisce, accusa, rivendica superiorità , sé stesso e il proprio mondo che è stato.
Un urlo di disperato. La necessità di coprire quella voce di dentro che avvisa della necessità di doversi creare nuovi spazi, che il mondo adesso appartiene ad altri, a quelli che hanno molto da costruire, sognare e poco da ricordare.
Un vecchio promoter queste cose le sente, soprattutto le ha vissute quotidianamente. Verificate.
Domande in soluzione di risposta. Ricordi, meditazioni, analisi.
Il primo tour, il primo concerto in un posto descrivibile come “prestigioso”, le prime direzioni artistiche, l’avere amici famosi, l’ideare eventi, l’avere il proprio nome tra i ringraziamenti sui dischi, il lavorare con le star nazionali ed internazionali, quelle che magari ascoltavi da ragazzo. L’avere una casa in ogni città.
Annoiarsi, sentirsi annoiato. Estraneo, sempre più lontano. Distante. Svegliarsi al mattino e pensare, che sì, era vero, erano e sono solo canzonette e una domanda, sempre la stessa:
sono stato fortunato ad invecchiare prima di diventar vecchio?