Mishima: The Last Debate di Kisuke Toyoshima è un perfetto punto di partenza per tutti coloro che volessero immergersi nel pensiero di Yukio Mishima, figura d’intellettuale controversa, scrittore prolifico e stimato all’estero, dall’anima politica battagliera, anche appassionato di sport, politica e teatro. Il suo nome fece parlare molto di sé nel Giappone degli Anni Sessanta, quello delle rivolte studentesche, dei grandi cambiamenti, dell’apertura al mondo al di là del mare. Egli infatti abbracciava la filosofia del nazionalismo reazionario, credeva fortemente che il Giappone non potesse essere un paese forte senza la guida di un imperatore o di stretti legami con una tradizione basata sull’onore, e fu uno dei principali detrattori dei movimenti studenteschi di Tokyo. Questi ideali e questo amor di patria non solo lo porteranno a formare una milizia che agiva in suo nome, ma addirittura a compiere il tradizionale suicidio del samurai.
Il documentario è stato presentato in anteprima al Ravenna Nightmare Film Fest, in apertura della rassegna Ottobre giapponese dedicata ai grandi titoli del Sol Levante, e ripercorre tramite filmati di repertorio un celebre dibattito tenuto dall’autore con la bellezza di 1000 studenti progressisti nel 1969, a un anno dalla scomparsa, presso il decadente campus dell’Università di Tokyo. Mentre il Giappone sessantottino viene devastato da violenza urbana, focose polemiche mediatiche e sfiducia popolare, Mishima: The Last Debate offre un affresco umano, spesso sarcastico ma estremamente composto di un uomo che invita i suoi “avversari” a lasciar da parte gli intellettualismi per abbracciare un più concreto agire. Immortalato dall’emittente TBS, il dialogo vede in primo luogo Mishima scontrarsi verbalmente con l’emergente drammaturgo Masahiko Akuta, e spazia dall’importanza della parola alla connessione tra atto violento ed erotismo come strumenti per la sopraffazione altrui.
Dal punto di vista strettamente cinematografico, Mishima: The Last Debate è un documentario classico e lineare nello stile, soprattutto per la sua struttura tripartita. Dopo una succinta ma chiara introduzione sia del magmatico momento storico (l’apertura vede le sommosse sedate con violenza dalla polizia) che della figura umana e intellettuale di Mishima, il dibattito al Campus su arte, etica e rapporti umani occupa la quasi totalità del film, intramezzata da testimonianze e interviste agli invecchiati partecipanti dell’evento, chiarificatrici degli snodi che agli spettatori occidentali sarebbero stati molto più difficoltosi da seguire e assimilare. La ricchezza di punti di vista è il valore aggiunto di un affresco sentito e obbiettivo, mai agiografico eppure di profondo e illuminante spessore.
Le dissidenze del dialogo accademico e l’influenza avuta sulla successiva storia nipponica vengono fatte assaporare, stimolando l’interesse di chi vuole approfondire temi e vicende storiche. Ma sopra ogni cosa prevale il rispetto tra parti in causa che dibattono e si mettono in discussione, vero motore degli scambi culturali che uniscono gli uomini e costruiscono la civiltà.