Tempo di letture, tempo di recuperi: l’estate è arrivata e si è portata dietro una voglia matta di leggere. Per aiutarvi a scegliere una lettura estiva vi consigliamo un po’ di libri usciti quest’anno. Ci sono romanzi, racconti e persino un Manuale di autodistruzione. Buona lettura, buona estate.
Gli anni invisibili di Rodrigo Hasbún
consigliato da Federica Guglietta
Ventun anni o cento o mille, non fa differenza: tutto ciò che entra a far parte del passato diventa irreale, una menzogna che alcuni a volte condividono. Le persone che eravamo laggiù somigliano poco alle persone che siamo qui oggi. Le persone che eravamo laggiù non avrebbero mai immaginato le persone che siamo qui oggi.
Dove va a finire l’adolescenza quando si diventa adulti? In quale posto? Esiste una scatola dei ricordi da bruciare, oppure un vaso di Pandora da scoperchiare a piacimento? A tutte queste domande riesce a rispondere Rodrigo Hasbún nel suo romanzo Gli anni invisibili, pubblicato in Italia a giugno da Edizioni SUR, nella traduzione di Giulia Zavagna. Quella che nel libro si chiama Andrea e quello che nel libro si chiama Julián si ritrovano seduti di fronte, in un locale a Houston, mentre bevono mezcal. Non si vedono da più di vent’anni. Quel libro, a cui lui stava lavorando e che lei ha già letto, ha permesso che si rincontrassero. Di nuovo qui, a chilometri da casa, due vecchi amici che condividono segreti e pezzi di vita dolorosa, di cui forse nemmeno se ne ricordano. O forse sì, come dimenticarsene.
Rieccoci a Cochabamba, Bolivia. È tornando a questo piccolo mondo frenetico fatto di adulti troppo assenti o ingombranti che prendono vita i ricordi, quelle adolescenze tumultuose, quegli anni a tratti sregolati, che non torneranno più. I film (di Cassavetes, Jarmusch, ma soprattutto Mekas, altro che Spielberg), le canzoni. Le visioni, le feste e le speranze. Quei piccoli drammi, la fine di un amore, un’altra storia che non è mai iniziata davvero. Quei grandi drammi. Amare troppo, amare male, sentirsi traditi. E quel marzo schifoso che li ha cambiati per sempre. Con Gli anni invisibili, Rodrigo Hasbún risveglia il passato, che è quello dei suoi personaggi, ma anche di tutti noi, e lo fa alternando una certa inconsapevolezza che non sta mai ferma un attimo, così come la sua scrittura, alla presa di coscienza che inevitabilmente arriva solo anni dopo, per insegnarci che di quel tempo svanito, in realtà, restano le cicatrici.
Come una storia d’amore di Nadia Terranova
consigliato da Marianna Abbate
I quartieri nascosti e vissuti di Roma sullo sfondo, gli snodi della vita quotidiana e la propria emotività al centro: sono questi gli elementi che fanno della raccolta di racconti Come una storia d’amore una lettura intensa e piacevole. I dieci racconti brevi raccontano le storie di donne che vivono il dramma di vivere una vita giorno per giorno. Sono donne diverse, ma accomunate dall’attimo in cui vivono, immobile ed eterno. I temi principali dei romanzi di Terranova ritornano anche nella raccolta: si parla di assenze, di fantasmi e di amore. Le voci femminili protagoniste sono donne comuni: una madre, due sorelle, una sconosciuta; tutte descrivono con una certa malinconia le fragilità del disagio e dell’incertezza, di una realtà interiore e nel contempo esteriore che vacilla. Sono personaggi compiuti che raccontano un po’ la condizione di tutti.
Le esperienze si fondono con la città: anche Roma è malinconica e fragile. L’ambientazione è tenera e triste con bar mezzi vuoti alla Vigilia di Natale e attese spezzate alla fermata del tram. Le vene e le arterie di una Roma verace, lontana dal turismo e dagli stereotipi, costituiscono un microcosmo di ansia e autenticità. Per raccontare la città in cui i protagonisti si muovono – che coincide con la città in cui Nadia Terranova vive – l’autrice utilizza un linguaggio intimo: la storia d’amore è il rapporto con la profondità di una città, le cui emozioni e turbamenti modellano le vite di chi ci abita. Roma è la fuga e contemporaneamente la gabbia. L’amore è il centro nevralgico di ogni racconto, un sentimento estremo che irrimediabilmente ti mette di fronte al dolore. Ogni racconto elabora perdite e separazioni, come in una storia d’amore. La città ti domina, c’è stata prima e ci sarà dopo di te. Viversela come una storia d’amore è infatti l’unico consiglio possibile e la conseguenza inevitabile: accettare il cambiamento, la paura e l’ansia e continuare a esistere, così come fa la città eterna.
Gli azzardi del corpo di María Ospina Pizano
consigliato da Martina Neglia
Nel sempre vibrante panorama culturale ed editoriale del Sud America, è dal poco arrivata María Ospina Pizano – nata a Bogotà nel 1977 e ora insegnante negli Stati Uniti di cinema e letteratura americana. Gli azzardi del corpo, pubblicato in Italia da Edicola Ediciones nella traduzione di Amarante Sbardella, è la sua raccolta di racconti d’esordio. Il titolo non è casuale ed è già di per sé incisivo, immaginifico. Le storie che compongono questa breve raccolta sono infatti quelle di sei donne molto diverse tra loro per età, estrazione sociale, esperienze di vita – le stesse esperienze che respirano e vivono attraverso il sentire del proprio corpo e che nel corpo stesso hanno lasciato tracce, e continuano a lasciarle. La giovane autrice colombiana ha approfondito i temi della memoria, del territorio e della violenza e in queste sue pagine si respira la necessità di delineare una geografia di relazioni umane, di donne che cercano libertà e di salvarsi vicendevolmente, e al tempo stesso di tracciare una breve storia del recente passato della Colombia e di Bogotà – città ferita negli anni – che a ogni racconto si riempie di tasselli tali da renderla scenografia viva delle vicende.
Il lavoro di scrittura di Ospina è sobrio, fresco; capace di far spazio tra le pagine a dettagli in grado di ricondurci alla dimensione mentale ed emotiva delle proprie protagoniste: passaggi tagliati, tabelle, messaggi sgrammaticati. E poi di nuovo al corpo che diventa vero terreno di resistenza, all’interno di un racconto di donne che si incrociano e gli sguardi maschili sono consapevolmente lasciati all’esterno.
L’ottava vita (per Brilka) di Nino Haratischwili
consigliato da Marina Bisogno
Una lettura che ben si concilia con i tempi più lenti delle vacanze è L’ottava vita (per Brilka), l’opera di fiction storica di Nino Haratischwili, tradotta e pubblicata in Italia da Marsilio. È una saga familiare che corre parallela agli eventi che hanno interessato la Russia, ed il mondo interno, durante il Novecento, dalla caduta degli zar alla guerra fredda e oltre. L’autrice, classe 1983, è nata a Tbilisi, in Georgia, e con questo romanzo si sta facendo apprezzare in Germania e in Europa. Al centro della trama ci sono donne iconoclaste e impavide: si fanno largo in mezzo a guerre, privazioni e torture senza inabissarsi nei dispiaceri che la vita gli riserva. Generazione dopo generazione, la famiglia Jashi tramanda la propria luce ma anche i segreti, i complotti, le ombre. La favola della nobiltà e del suo declino, le trasformazioni del contesto storico e sociale rendono le pagine attraenti. È un romanzo corposo, una recherche della steppa, con la trama che la fa da padrone e lo sguardo del lettore che corre per sapere cosa ne sarà dei protagonisti. La voce narrante parla a sua nipote, la figlia della sorella, ed è per lei, la più giovane, che si riavvolge il nastro di eventi, che nonostante il tempo la riguardano e la condizionano.
L’infinito di amare (Due vite, una notte) di Sergio Claudio Perroni
consigliato da Simona Ciniglio
L’infinito di amare è uno strano romanzo, minuto e affilatissimo. I pensieri di due amanti al risveglio vi fioriscono inesausti, concatenandosi pazienti e speculari, severi, assoluti. Una mappa spaziale scritta nell’infinitamente piccolo, la lingua dell’amore, un alfabeto fatto di cenni minimi e sorrisi, danza inesausta di intese sempre in equilibrio precario, di stati d’animo imprendibili ed esitazioni trepide. Il corpo e il desiderio, una galleria sterminata di unicità consente riconoscersi nelle forme fisiche più che per familiarità, per un “vero e proprio modo di consenso nervoso tra carni che si riconoscono omogenee”, un combaciare di angoli tra sogni corpi e pensieri come un paesaggio ininterrotto di meraviglie attese ma non per questo scontate. “È un ignaro insieme di meraviglie, lei; meraviglie che per lui accadono con lo stesso ferreo disordine accidentale delle brutte canzoni che da adolescente gli mettevano voglia d’essere innamorato per poterci piangere sopra”.
Incomunicabilità, equivoci quotidiani affiorano nel ricordo, intersezione di insicurezze, specchi a dissezionare e ricomporre con millimetrica esattezza di linguaggio lo spazio e il tempo condiviso, come cunicoli, percorsi intimi e realizzati (forse già disegnati?) nell’incontro e nel confronto tra due persone, non altre ma proprio quelle due. La preziosità incredibile sta incastonata negli accenni meta letterari, in accorgimenti – ancora – minuti e affilatissimi, esigenti e assoluti.
L’Estate dei Fantasmi di Lawrence Osborne
consigliato da Fabio Mastroserio
Che begli animali siamo, pensò Sam; belli come pantere.
Ambientato nell’isola greca di Idra – il paradiso degli artisti, teatro della storia d’amore tra Leonard Cohen e Marianne Ihlen – L’estate dei fantasmi è la storia di un doppio incontro: quello tra l’inglese Naomi, giovane avvocatessa il cui passato è come un fondale lungo il quale si muovono dèmoni lontani, e l’americana Sam, più piccola e più ingenua; e dell’incontro di entrambe con il misterioso profugo siriano Faoud. Quello che presto si tingerà di tinte noir, è il racconto di un incrocio di mondi: quello degli adulti – distesi nel fasto avvolgente dei pigiami, fra icone bizantine e quadri di capitani idrioti – appartenenti a una classe agiata e privilegiata fatta di collezionisti d’arte, artisti, giornalisti politici, immersi nell’universo estivo di un ipocrita progressismo; e quello dei figli – ora goffi, ora saccenti, ora innocenti, ora colpevoli – che, come animali notturni, giocano – invano – al sovvertimento di un ordine del quale sono ignari ingranaggi perfetti. Di un mondo, infine, decadente e coeso, che – sull’uno e l’altro fronte generazionale – non sa trovare una strada per comprendere l’altro – il mondo nuovo – sospeso tra un istinto samaritano e la chiacchiera intellettuale che non sa guardare nell’abisso di un cuore di tenebra divorato dalla fame e da uno scontro dai tratti ambigui e mai lineari.
Forse siamo noi a essere più grandi e più splendidi. Ancora una volta, Osborne – giornalista e narratore che il Guardian ebbe a definire come “il Graham Greene dei tempi moderni” – è straordinario nel restituire la simbiosi tra i suoi protagonisti e la loro moralità come un tutt’uno con l’ambiente che li circonda, regalando pagine dove la cifra stilistica ci restituisce, vivi e intatti, il calore e la lentezza dei tempi, il languore delle emozioni e l’inutile opulenza dei gesti di un’alta borghesia stanca e vuota, il colpo di coda di una gioventù nata con il peccato originale della predestinazione all’oppressione e al proprio disfacimento.
Manuale di autodistruzione di Marian Donner
consigliato da Ilaria Del Boca
La fine di luglio per molte persone è uno dei periodi più stressanti dell’anno. All’orizzonte, però, si intravede il traguardo: le ferie (per chi le ha o riuscirà a godersele). Dopo lo scoppio di una pandemia, due mesi di quarantena, il distanziamento sociale e l’inizio di una nuova normalità che alla fine non è poi così diversa da quella di prima, l’unico scopo è spegnere il cervello per qualche giorno, ricaricarsi e ripartire. Pubblicato in Italia da Il Saggiatore, Manuale di autodistruzione di Marian Donner non è una guida dove trovare risposte o da cui estrapolare pillole di ottimismo, questo saggio tascabile è un invito a riflettere sui contenuti dei messaggi pubblicitari degli ultimi vent’anni. Think different, Dream crazy, Just do It! sono ripetuti quasi come una cantilena indistintamente da brand sportivi o tecnologici con l’idea che l’anticonformismo sia un valore positivo, ma è davvero così?
Marian Donner ha vissuto mille vite in una e ha capito presto che l’anticonformismo è davvero accettato all’interno della società solo se rispetta determinati canoni. Quindi il problema sono gli individui o il mondo? Probabilmente un mix di entrambi. Se vi sentite un ingranaggio fuori posto questo è il libro dell’estate.