Normal People parla di noi – noi persone normali – delle nostre vite fatte di relazioni imperfette, intense, fragili e delle aspettative che queste provocano. La nuova serie uscita tra il 26 e il 29 aprile 2020 – Normal People (Persone Normali) – nata dall’accordo anglo-americano tra BBC Three e Hulu, è la trasposizione in dodici episodi da 30 minuti tanto fedele quanto arguta del tanto acclamato romanzo di Sally Rooney, pubblicato in Italia da Einaudi nel 2019. Sally Rooney – classe 1991 – ha saputo prima con il suo romanzo e poi con la serie, scritta a quattro mani con Alice Birch, restituire al pubblico la profondità di quelle dinamiche reali che intercorrono nel passaggio all’età adulta con tutti i desideri, le angosce e le paure annesse.
Come nel classico di tutte le storie, Connell e Marianne – i due protagonisti – non potrebbero essere più diversi, agli antipodi di gerarchia e classe sociale: lei, ricca e spinosa, vive un costante senso di inadeguatezza, quel non sentirsi mai abbastanza per essere amata o addirittura risultare appetibile; lui, brillante e popolare, vive lo smacco di chi proviene da una classe sociale meno agiata, il peso del denaro e dell’essere maschio al vertice delle posizioni sociali non gli consentono nessuna fragilità. L’ambientazione iniziale è il liceo della cittadina irlandese Sligo: Connell e Marianne sono nella stessa classe ma non si rivolgono mai la parola; eppure lui la vede spesso dopo scuola, parlano, si conoscono e si innamorano ma senza mai sbilanciarsi. Il contesto asfissiante dell’ambiente provinciale è descritto perfettamente dall’atteggiamento schivo di Connell, in perenne conflitto tra quello che prova per Marianne e quello che la loro eventuale relazione rappresenterebbe nella società. Ne subisce il peso persino nella fase successiva, nel momento in cui entrambi si trasferiscono a Dublino, dove è Connell a essere l’outsider e Marianne la brillante studentessa, dalle cui labbra pendono amici e accademici.
Senza saperlo, nella loro adolescenza si legano indissolubilmente l’uno con l’altro, legame che ritornerà sempre a prescindere dalle diverse circostanze della vita. Con il passare del tempo, i due si troveranno a scambiarsi di posto più volte. Indosseranno i panni dell’altro, la stessa maglietta, contemporaneamente e in momenti separati. La metteranno al contrario, se la scambieranno e la indosseranno di nuovo. Nella parole dell’autrice sono «come due pianticelle che condividono lo stesso pezzo di terra, crescendo l’una vicina all’altra contorcendosi per farsi spazio, assumendo posizioni improbabili». È la narrazione del primo amore, tenero e brutale, che è destinato a durare ma non a essere l’unico. Si amano ma si fanno male, si cercano ma non si scelgono. La serie restituisce perfettamente quello che il romanzo ha raccontato ai suoi lettori: la storia di due persone che sembrano essere perfette insieme che si rincorrono, scontrano e incontrano per anni senza mai riuscire ad afferrarsi davvero.
La serie mostra bene le complessità delle relazioni non solo amorose: vi è una certa ferocia ed estrema bravura di tutto il cast nel riportare sullo schermo i rapporti di potere – dalla sfera pubblica, il contesto competitivo e subdolo del Trinity College di Dublino, a quella più intima e violenta della famiglia. L’appartenenza a una specifica classe sociale e il privilegio che ne consegue per alcuni determina inevitabilmente lo sviluppo delle identità di tutti i personaggi coinvolti in maniera evidente. Il modo in cui Marianne e Connell interagiscono tra di loro risente infatti della tossicità delle dinamiche sociali. Paul Mescal, giovane attore irlandese che presta il proprio volto a Connell, è perfetto nel presentare quanto la mascolinità sia fragile: piuttosto di mostrarsi debole e dipendente da Marianne (interpretata da Daisy Edgar-Jones), la umilia, si allontana, la sostituisce. La sofferenza che provoca a Marianne e a se stesso altro non è che il boicottaggio di sé, passaggio quasi obbligato di tante relazioni odierne. L’emotività viene ad ogni modo repressa da entrambi: Marianne, ad esempio, si rifugia in relazioni altrettanto tossiche in cui si sottomette al volere altrui per cercare quel calore e quel senso di appagamento che le è stato negato in primo luogo dall’ambiente familiare e che difficilmente potrà trovare se non con Connell. L’insicurezza e la paura di abbandonarsi all’altro, di essere all’altezza delle proprie aspettative e quelle che gli altri ci attribuiscono, ci vengono così presentate magistralmente grazie ai dialoghi brillanti e alla performance potente e intima dei due attori.
La forza di questa serie – e chiaramente del libro – è proprio la capacità di restituire alla perfezione le dinamiche dei momenti di svolta, e forse più complessi, della vita. Marianne e Connell non sono e non saranno mai una coppia, ma ci raccontano quel tipo di rapporto fisico ed emotivo, che nonostante il dilatarsi del tempo e le persone che incontreranno, sarà l’unico che li accompagnerà per tutta la vita. Nonostante le poche e sottili differenze dal libro, la serie televisiva restituisce freschezza alla storia senza alcuna perdita di profondità. Al contrario, ti assorbe nel mondo di Connell e Marianne che è, per alcuni versi, anche il nostro. È riduttivo ricondurre la serie alle teen-drama romantiche del momento, è molto di più. Persone normali non parla d’amore in senso assoluto, ma dell’essere presenti nella vita dell’altro. Parla di legami costanti e di ricordi. Parla della tenerezza e della crudeltà di cui siamo capaci tutti noi, persone normali.