A neanche trent’anni, Alex Giannascoli in arte (Sandy) Alex G, si è guadagnato un seguito di ammiratori che altri musicisti impiegano un’intera carriera per ottenere. Giannascoli ha già all’attivo otto acclamati album; il nono, House of Sugar, è in uscita per Domino il 13 Settembre. House of Sugar è forse l’album più completo di Alex G, quello della maturità, in cui le precedenti sperimentazioni ed esplorazioni sonore convergono in un coesivo tessuto musicale. Ascoltando la voce di Alex, si ha come la sensazione di conoscere i personaggi protagonisti dei brani che danno vita al nuovo lavoro: House of Sugar è un piccolo microcosmo, uno sketchbook dell’America moderna in cui immergersi totalmente.
Quando incontro Alex nei camerini del Lexington, dove più tardi sarà protagonista di un coinvolgente live, parliamo della sua musica e delle ispirazioni dietro all’atteso LP.
Ho letto che per il titolo del tuo nuovo album, House of Sugar, ti sei ispirato ad un casinò di Philadelphia.
In realtà, poco prima di iniziare la fase di scrittura dell’album, stavo leggendo un libro di Silvina Ocampo (poetessa argentina). Tra le sue storie brevi ce n’era una intitolata The House Made of Sugar, che mi aveva colpito in particolar modo; continuavo a pensare al titolo. E poi sì, il casinò di Philadelphia, Sugarhouse, che è forse l’influenza più riconoscibile.
Ascoltando l’album, ho trovato la parte centrale molto sperimentale. Qual è l’origine di pezzi come Sugar e Project 2?
Queste canzoni hanno preso vita attraverso lo stesso processo delle altre. In un pezzo più semplice come Gretel, inizio con la parte di chitarra, poi scrivo le parole e le aggiungo allo strumento. In brani come Project 2 e Sugar compongo alla tastiera e successivamente aggiungo le altre parti. Avevo un gruppo di canzoni per questo album, l’ordine è stato creato in seguito, in modo che i pezzi sperimentali avessero senso in quella sequenza. Ho cercato di creare una sorta di contesto. Ma essenzialmente le canzoni prendono vita allo stesso modo.
Quali sono state le tue influenze mentre scrivevi l’album?
Non ascoltavo molta musica quando scrivevo, non ne sono sicuro.
Correggimi se sbaglio, ma nell’ascoltare In My Arms ho pensato molto ai My Bloody Valentine.
Davvero? Mi piace questo paragone.
Specialmente il brano Sometimes contenuto in Loveless.
Si, sono d’accordo. I My Bloody Valentine sono stati sicuramente un’influenza, è una band che ho ascoltato così tanto. Sono sicuro che siano nel mio subconscio.
E forse anche i Neutral Milk Hotel.
Adoro anche questa band. Non potrei nominare un solo artista che mi ha influenzato, ce ne sono molti.
In relazione a questo, c’è una canzone che ti ha sorpreso recentemente?
Sto ascoltando Bob Dylan, perché non lo conoscevo molto prima. Ma poi ho visto che aveva un nuovo documentario (The Rolling Thunder Revue – A Bob Dylan Story diretto da Martin Scorsese), così ho deciso di ascoltarlo. C’è questa canzone Simple Twist of Fate che ha un testo così bello.
Se lo avessero chiesto a me, avrei risposto esattamente la stessa cosa.
Davvero?
Sì. Quella parte del testo: She was born in spring, but I was born too late. Cosa resta da dire dopo una frase così?
È veramente bellissima. Ora sono un suo fan e voglio immergermi nella sua discografia.
Nell’ascoltare il tuo disco ho pensato anche a Springsteen, specialmente a Darkness on the Edge of Town perché è un album molto cinematografico. Ho avuto la stessa sensazione ascoltando House of Sugar. Hai pensato al cinema quando scrivevi i brani?
Penso di sì, ma non è stato solamente per questo album, è parte di me.
Mentre ascoltavo il disco, potevo vedere i personaggi, le loro storie…
Sì, è esattamente questo il modo in cui scrivo.
Hai mai pensato di comporre la colonna sonora di un film?
Lo vorrei così tanto. Ma prima devo trovare un film, se me lo chiedessero, accetterei.
Hai solo 26 anni e hai già pubblicato otto album; il nono sta per uscire. Come hai fatto a essere così prolifico? Componi costantemente o solo per progetti specifici?
Ho sempre avuto accesso a un computer e a una chitarra, mentre tante persone non hanno la possibilità di utilizzare questi strumenti per comporre. Quindi fin da quando ero piccolo, ho potuto scrivere e mi piaceva. Ma non penso di essere speciale, le persone sono prolifiche in modo diverso: alcuni disegnano ogni giorno nel loro sketchbook. In un certo senso la musica è stata il mio sketchbook.
Qual è stato il paese in cui sei andato in tour che ti è piaciuto di più?
Non abbiamo passato molto tempo in tour in un solo paese, sera dopo sera ci spostiamo in città e nazioni diverse.
Ti piace?
Si, perché amo essere attivo. E poi mi costringe a stare molto tempo lontano dal mio quaderno e dalla mia chitarra. È molto liberatorio tornare a casa e riprendere a registrare canzoni.
Hai dei concerti in programma per l’Italia?
Sfortunatamente no, ma vorrei tanto suonare in Italia, anche perché ho origini abruzzesi. Magari un giorno…