Cambiare casa non è mai facile, ma in certe situazioni è un atto necessario. È il caso del Bleech Festival che, arrivato alla sua quinta edizione, ha deciso di trasferirsi dalla città alla campagna, muovendosi dal centro di Piacenza alle colline della Valnure per continuare il suo viaggio tra nuove sonorità, degustazioni di vino, cibi dall’Italia e dal mondo, spettacoli circensi, workshop, libri raccontati dagli autori e creazioni artigianali da ammirare (e acquistare).
Una scelta premiata dal pubblico che, durante i quattro giorni di festival, è accorso numeroso ad Albarola di Vigolzone, attirato dalla splendida cornice di Villa Barattieri, una residenza settecentesca che ospita una delle aziende agricole più antiche dell’Emilia Romagna nella produzione di vini. L’inaugurazione della rassegna spetta alla Piacenza Wind Orchestra, una filarmonica composta da venti suonatori con la passione per lo swing, il jazz e il blues, che taglia il nastro della quinta edizione portando la piccola frazione di Albarola in un’altra dimensione spazio-temporale.
Noi arriviamo venerdì al tramonto, quando la bufera che si è abbattuta sul piacentino è passata. Dopo aver faticato per salvare la quarta edizione dalla pioggia, lo staff di Propaganda 1984, l’associazione promotrice del Bleech, ha deciso non solo di cambiare residenza, ma anche di anticipare di un mese il festival: una decisione davvero lungimirante in un’epoca di repentini cambiamenti climatici. Entrando nel giardino di Villa Barattieri torniamo, però, a respirare grazie a una brezza fresca e all’orizzonte che si staglia di fronte a noi. Ci guardiamo intorno per esplorare questo nuovo spazio che sentiamo già un po’ anche casa nostra.
Diamo il via al weekend con il primo incontro de Il Giardino dei Libri Indiependenti, il bookcorner che da quest’anno curiamo all’interno del Bleech grazie anche alla collaborazione con la libreria Fahreneit 451. Nel nostro salotto letterario dal gusto vintage accogliamo l’autrice piacentina Laura Fusconi, che presenta Volo di paglia, il suo esordio letterario pubblicato esattamente un anno fa per Fazi. Sullo sfondo di questa storia raccontata coraggiosamente dal punto di vista dei bambini c’è la campagna piacentina con le sue colline boscose e le vallate dorate coltivate a frumento e mais, ampi spazi dove perdersi tra i colori che si mescolano come nelle tele degli impressionisti. Non dobbiamo neanche immaginare, è tutto di fronte ai nostri occhi.
A inaugurare le danze, invece, ci sono i Costiera, la band campana che porta sul palco storie di provincia su basi fatte da sintetizzatori e da nostalgia. Chiudiamo l’album dei ricordi dei Costiera per ascoltare le parole dei Fuera, anche loro campani, ma diversi per ispirazione e genere. Il loro sound viaggia tra rap, deep house e new wave, testi taglienti e psichedelici, in grado di frastornare. Intanto, intorno a noi, lo spazio inizia a diminuire e le famiglie che fino a poco prima avevano riempito l’area food spariscono per lasciare posto a un pubblico di giovanissimi arrivati per Massimo Pericolo, l’headliner della serata. Il trapper classe 1992 incendia il giardino di Villa Barattieri, catturando l’attenzione dei fan che conoscono ogni canzone a memoria. Un successo ed è solo venerdì.
Sabato l’aria si fa più tiepida e il sole ancora alto in cielo alle sei del pomeriggio ci ricorda la necessità di vivere l’estate fino all’ultimo tramonto. Giulia Cavaliere con Romantic Italia e Cecilia Ghidotti con Il pieno di felicità sono le ospiti de Il Giardino dei Libri Indiependenti. Giulia Cavaliere in Romantic Italia esplora i testi che hanno reso celebre la canzone italiana anche fuori i confini nazionali e allo stesso tempo indaga le nostre abitudini dal ‘900 a oggi, mentre Cecilia Ghidotti si domanda cosa succede quando, a trent’anni, dopo una laurea e poi un’altra non si riescono a trasformare i propri sforzi in qualcosa di stabile e definito. Aggiungiamo un cambio di nazione e avremo Il pieno di felicità. Entrambe autrici per Minimum Fax, mettono in piedi un dibattito interessante che spazia dalla musica italiana a quella internazionale, con un occhio di riguardo per quella inglese, arrivando a toccare temi come la Brexit e la cultura giovanile.
Ad animare il sabato ci pensano prima i Figùra, la formazione composta dal producer e beatmaker Alsogood, dal bassista Emanuele Triglia e dal pianista e compositore Alessandro Pollio, che con estrema abilità riescono a creare l’atmosfera giusta per le prime ombre della sera. Jazz, soul e black music si fanno da parte per il funk psichedelico di Mille Punti, l’energico cantautore milanese che sale sul palco con il preciso scopo di lasciare al pubblico motivetti che si attaccano al cervello. Una stupida follia ne è l’esempio. Dopo di lui i Tropea, una band milanese impossibile da ingabbiare in un genere. Quello che vi basta sapere è che non seguono uno schema e che sul palco potreste vedere di tutto, come per esempio una canzone suonata senza pecche da sdraiati. Lasciato l’eclettismo dei Tropea è il momento di Venerus, che dopo aver conquistato critica e pubblico con il suo EP Love Anthem, arriva qui come ospite d’onore della serata. Cresciuto a Milano, ma ha studiato musica a Londra, dove si è lasciato contaminare dalle influenze della città cosmopolita. Venerus dimostra di essere un artista poliedrico in grado di passare dalla chitarra alla tastiera e di saper comunicare soltanto attraverso modulazioni della voce e distorsioni sonore che ci portano in abissi soul ed elettronici.
A chiudere la quinta edizione del Bleech ci pensano Bob Corn, Cecilia, Fadi e Edda. Una domenica piena di sorprese a partire dall’esibizione di Bob Corn che, dopo aver imbracciato la chitarra, suona in mezzo al pubblico portando le sue storie e la sua vita a un metro da tutti coloro che hanno orecchie per ascoltare e un cuore per emozionarsi. Il suono dell’arpa di Cecilia accresce la commozione, un po’ perché in fondo siamo tutti umani, un po’ perché ci rendiamo conto di essere arrivati alla fine di questa splendida manifestazione. Poi giunge Fadi, l’artista romagnolo con origini nigeriane che non ha paura di raccontarsi senza filtri. Nelle sue canzoni ci sono tanti sogni e passioni, la musica, i motori e la pesca. Gli applausi per questo ragazzo abbondano e siamo sicuri che ne riceverà ancora tanti lungo la sua strada. La serata, e così anche il festival, finisce con Edda, all’anagrafe Stefano Rampoldi, lo storico leader dei Ritmo Tribale che porta sul palco piacentino ancora tanta della sua rabbia e una critica sociale che non si è mai affievolita nel tempo. Nessuno ancora può sapere quali sorprese ci riserverà il 2020 con la sesta edizione del Bleech Festival, ma quel che è certo è che quest’anno abbiamo respirato una rinascita: l’aria di campagna fa davvero bene.
Tutte le foto sono di Michele Costa e Benedetta Cutolo