È stato salutato come il Sandinista! – il disco con punto esclamativo – dei Parquet Courts, il nuovo album Wide Awake!, ma più che dai Clash l’ispirazione sembra venir fuori da quel mix di sempiterna vena punk che si riaggiorna con un’inedita allegria dai chiaroscuri funk, ed episodi di nostalgia beat alla Mardi Gras Beads. Resta viva la sfrenata passione per le chitarre e per i testi al fil di rasoio di un Andrew Savage mai pago di tirare fuori buona musica. Non è un disco che addomestica il punk, e del resto c’era da aspettarselo da una delle band più contro-vento del nostro tempo.
Avrete notato per esempio che i Parquet Courts continuiamo ad ascoltarli anche se non usano i classici canali di promozione social, in perfetta controtendenza all’era in cui siamo. Andrew Savage e soci non si aspettano che condividiate la loro musica su Facebook (o forse sì), vi invitano a consumare i loro dischi, ad andare ai loro concerti, a far risuonare Wide Awake! come sfondo della vostra quotidianità. E con quel suono a ricordarvi di tenere accesa la voglia di cambiare tutte le direzioni che non vi piacciono.
Potere delle chitarre. Potere di graffiare con le parole. Potere di dichiarasi contro, contestare, fare musica autenticamente viva. E fa niente se i Parquet Courts continuino a ripescare nel classicismo di una certa scuola punk – anche perché il nuovo album si mescola alla new wave, flirtando anche con un funk rapsodico. Violence è un duro rag che ci trotterella per le strade alla ricerca di una soluzione, con l’inedito cantato hip hop di Savage. E la spavalda title-track mescola addirittura ritmi felici sudamericani che ricordano più la new wave in salsa Talking Heads che quella più dura del punk veloce.
“I’ve learned how not to miss the age of tenderness”, canta Savage su Freebird II, che chissà se vuole essere la seconda parte ideale di quel successo dei Lynyrd Skynyrd, o un semplice gioco di parole che esplode con carica tra atmosfere leggere in un quasi-gospel gioioso in onore a giovinezza e vecchiaia. Tra le sorprese spicca e brilla una Back To Earth dove tutto è rarefatto: la voce di Savage si distorce, la musica si fa lontana evocando un sogno distante su cui la band sa giocare bene mescolando le sonorità a un testo che si fa più soffice accarezzato da un caldo violino lontano: “Get love where you find it / It’s the only fist we have to fight with / And soon, you’re headed back to earth”.
E allora quel punto esclamativo ha la forza della sperimentazione per il nuovo lavoro dei Parquet Courts, che del resto ha una produzione d’eccezione (Danger Mouse). Ma niente paura, perché non c’è un cambio di rotta deciso nella loro musica, e pezzi come Normalization ed Extinction restano affezionati alla loro vena più classica. Anzi, bisognerebbe ringraziare sempre chi cerca di non copiarsi ripetutamente. E allora quell’apertura alla Pavement di Mardi Gras Beads, quelle chitarre lontane che evocano suoni distanti, e un Savage che canta di vagabondaggio, ci danno il chiaro segnale che siamo fortunati ad avere una band come questa.
Ebbene sì, troverete anche quella sana contestazione americana che di questi tempi è impossibile frenare. Ma se c’è una cosa gradevole che i tempi reazionari hanno saputo offrire durante la storia, è quella di essere riuscita a ispirare arte ancora più libera, più creativa e più diretta. Total Football grida, in via confidenziale, che abbiamo ancora bisogno di urlare, e ci aspettiamo di essere trascinati via dalle chitarre ancora e sempre. Parola di Parquet Courts. Il cui messaggio – Wide Awake! – è chiarissimo.