Capita a volte, durante il corso della vita, di essere messi alla prova da eventi che ci travolgono con la forza di un uragano e di non riuscire a tenere nascoste le nostre fragilità. In Away, il penultimo album degli Okkervil River, Will Sheff ha raccontato la difficoltà di affrontare la perdita di una persona importante, il nonno a cui era più legato, il suo costante punto di riferimento. Dopo la catastrofe, l’esplorazione dei propri sentimenti e l’accettazione della solitudine, ad un certo punto arriva la consapevolezza che nessuna comfort zone ci potrà mai proteggere per sempre. Oggi le riflessioni di Away sembrano un ricordo lontano: Will Sheff ha girato l’angolo e ha trovato la pentola d’oro alla fine dell’arcobaleno.
Un nuovo amore o semplicemente una visione inedita e più aperta del mondo influenzano In The Rainbow Rain, una raccolta composta da ballate allegre che colpiscono per immediatezza e semplicità. Canzoni che a tratti sono persino fin troppo facili da leggere e da interpretare. Una svolta che, però, continua a poggiare su una solida struttura cantautoriale di stampo folk-rock e che per la prima volta dopo tanti dischi vede Will Sheff fare pace con se stesso e con le proprie insicurezze.
Ne è passato di tempo dalle storie nate e finite nella cittadina di Meriden nel New Hampshire, ma la costante emotiva degli Okkervil River non si è ancora estinta. La ricerca quasi spasmodica della perfezione continua a essere centrale, come se fosse impossibile non aspirare alla completezza e all’appagamento dei sensi. La matrice autobiografica rimane forte nel caso di Famous Tracheotomies, in cui Will Sheff ricorda il momento in cui da bambino venne operato alla gola come accadde in modo simile a Gary Coleman, Mary Wells e Dylan Thomas. La raccolta si apre in maniera inaspettata con un racconto che parla del labile confine tra forza e debolezza della condizione umana.
Meno smania e più tensione narrativa generano poi canzoni come Pulled Up the Ribbon, scritta tra le onde dell’oceano da un contemporaneo Robinson Crusoe o Don’t Move Back To LA che ha la firma di un pastore protestante pronto a condannare le città di oggi, le Sodoma e Gomorra da cui allontanarsi. Tra i brani emotivamente più coinvolgenti troviamo Love Somebody, quattro minuti di chitarre e di sintetici saliscendi che mettono in luce la saggezza maturata da Will Sheff nelle relazioni amorose e che può essere sintetizzata con la frase del ritornello “And if you’re gonna love somebody / You gotta lose some pride”.
In The Rainbow Rain è un disco godibile, fatto per le giornate di primavera e le pedalate veloci sotto tappeti di stelle, ma manca sia di inventiva che di efficacia. Canzoni come For Real o Song About a Star erano capaci di smuovere ben altro, un mondo fatto di amori immaginati e spezzati, ancora da scrivere, sperati, sussurati di notte ed esplosi nella totale indifferenza di tutti all’alba. Forse semplicemente preferivamo perderci tra le sfumature.