Qualche tempo fa le radio italiane passavano una “canzonetta” che si chiedeva che rumore facesse la felicità, riflettendoci è una domanda davvero complessa, alla quale proverò a rispondere grazie ad un piccolo espediente logico per contrasto: la felicità sicuramente non suona punk hardcore.
Mi sembra evidente il fatto che se stai bene, non ti lamenti e tutto sommato la tua vita scorre tranquillamente, mai inizierai a sbraitare ingiurie di vario genere in un microfono, a gettarti su un mucchio di folla che si spintona o semplicemente a nutrire livore nei confronti di autorità, istituzioni, clero e qualunque altro soggetto o costruzione sociale che non ti va a genio.
Ecco, nonostante sembri un concetto vagamente obsoleto: quello di esprimere il disagio sociale con urla e chitarre e che riporta subito alla mente i grandi classici del punk inglese ma ancor di più americano sotto questo punto di vista (NOFX, Propagandhi), si tratta di qualcosa che vive e lotta insieme a noi.
Ovviamente, non nel nostro paese che risulta ancora addormentato e orfano della scena punk esplosa negli Ottanta e morta nei Prozac+. Questa nuova tendenza hardcore, ma per molti aspetti erroneamente definita post-punk/hc o alternativa arriva da oltre Manica, dove per quanto riguarda il genere sono sempre stati un passo avanti. Non si tratta certo di hardcore purissimo, ma di una versione più attuale e ironica, forse meno “scheggiadenti”, ma altrettanto polemica, furiosa e politicamente attiva.
Complice della nascita di questa new wave è sicuramente ciò è accaduto in questo ultimo anno in Gran Bretagna, a partire dalla Brexit che ha aperto un immaginario di scenari più o meno catastrofici, fino alla serie di attentati che sicuramente hanno alimentato il clima di insicurezza. L’uscita definitiva dall’Unione Europea che avverrà il 29 Marzo 2019 alle ore 23, come fissato dal primo ministro conservatore Theresa May, è un risultato che secondo i sondaggi successivi ha scontentato la maggioranza dei giovani inglesi, creando sfiducia e rigetto nei confronti della politica attuale e sfociando in quello che è diventato in un certo senso uno scontro generazionale.
Il 2017, figlio di questa ancora misteriosa tragedia, è stato l’anno d’oro di questo nuovo punk tutto britannico in cui band partite in sordina suonando nei pub hanno sfondato a livello nazionale e non. Primi tra tutti gli IDLES, provenienti da Bristol, il cui primo lavoro Brutalism (nomen omen) del 2017 è stato un successo, ci riversano dentro tutta la rabbia derivante dalla congiuntura socio-politica britannica. Cantano la depressione, la mancanza di lavoro, la mancanza di diritti e il grigio.
Il brano che ho scelto per raccontarveli è Faith in the City, emblematica la strofa:
There’s no jobs in the city
Mike lost 116 months
Allegedly all because of Benedictine monks
Bucky couldn’t help him find a job
Luckily Mikey found himself at peace with God
Nel brano oltre ad alternare la parola God (dio) con la parola job (lavoro), mettono in atto una critica tagliente contro la disoccupazione, attribuendo la colpa al Buckfast (Bucky): un vino liquoroso distillato da alcuni sedicenti monaci del South-West che è diventato una vera e propria piaga, simbolo del degrado in tutta la Gran Bretagna in quanto economico, fortemente alcolico e amatissimo dai giovani che ne consumano a fiumi. Lo slogan ufficioso è “Buckfast, get you fucked fast”.
Un altro brano interessante è Mother nel quale affrontano ancora la tematica del lavoro, sempre più precario anche in Gran Bretagna: viene raccontata la storia di una madre che si spacca la schiena lavorando ed è costretta a lavorare sempre più per cercare di portare a casa qualche soldo, abbandonata a se stessa, soprattutto dalla politica. Infine vengono presi di mira i Tories (partito conservatore britannico), dipinti come inetti e superficiali, intimiditi da chi è colto ed educato. Questi sono stati autori di alcune riforme che negli ultimi anni hanno penalizzato la working class inglese.
My mother worked 15 hours 5 days a week
My mother worked 16 hours 6 days a week
My mother worked 17 hours 7 days a week
The best way to scare a Tory is to read and get rich [x3]
Un’altra compagine degna di essere citata è Cabbage, letteralmente “cavolo”, nati dalle ceneri del Madchester Sound e celeberrimi per i loro show parecchio trash e per il senso dell’umorismo non proprio inglese, hanno esordito anche loro nel 2017 dopo una serie di Ep con Young, dumb, and full off…, nel quale oltre al titolo già fortemente ideologico, compaiono una serie di brani critici nei confronti degli USA, di Donald Trump mostrando una visione incline al socialismo e vicina a Jeremy Corbyn, fautore della ripresa del Labour Party, molto apprezzato dai giovani britannici.
Un pezzo che li rappresenta è A Network Betrayal, dove fotografano le pessime condizioni della rete ferroviaria in mano ai privati e che idealmente vorrebbero statalizzare (come proposto Corbyn stesso), nel brano lanciano invettive verso delegati e compagnie che per risparmiare sui costi offrono servizi pessimi e condizioni ostili ai lavoratori.
But it’s utter crime that these private companies
Have their greasy paws on our historic railways
Northern Rail appeal to the more seasoned, bottom set maths, jobsworth
Not to tail them all under the same brush
Heaven forbid
In questi anni, c’è stata anche una riscoperta del DIY (Do It Yourself), movimento che da sempre si è posto contro lo strapotere dello stato e del capitalismo, una ribellione contro le major, contro tutto ciò che è concettoso e ufficiale. Una battaglia che si combatte creandosi i propri spazi alternativi, con i propri mezzi, ponendo al centro quella concezione musicale che necessariamente vuole essere di rottura ma che di fatto vuole creare coesione, soprattutto giovanile, scatenandosi e divertendosi. Si sempre più sente la necessità di staccarsi, di andare contro, contro quelle logiche di mercato che ormai sono esasperate e che hanno il predominio in ormai in tutta l’industria musicale e culturale, riscoprendo il valore della gratuità e dell’unità. Proprio così nascono l’etichetta londinese La Vida Es Un Mus fondata da un tale Paco di Barcellona, il DIY Space for London: uno spazio autogestito che è diventato un punto fermo nella scena della capitale e la Static Shock Records, un’altra etichetta che sforna band e concerti di ottima qualità.
Figli della scena DIY punk di Sheffield, nel 2017 sono esplosi i Sievehead, che provengono da una città in continuo fermento, dove si sta vivendo una nuova primavera punk e nella quale sono fioriti numerosi gruppetti, tutti accomunati dallo stesso rancore e dalla stessa voglia di creare. Provano a raccontare la loro quotidianità di incompresi che non riescono a ritagliarsi uno spazio in questa società che si sta sempre più polarizzando e che sta ampliando il divario tra i poveri (che diventano sempre più poveri) e i ricchi (che diventano sempre più ricchi). Il loro secondo album Worthless Soul è pieno di cuore, energia e allo stesso tempo dolore. La loro dichiarazione di intenti sta nei primi versi di Buried Beneath:
Float in insignificant
Profiting governement
In your own existence
The light at the end of the toll
Is not on this train line
I wish i take all of this
Find yourself
Il risultato è cupo. Si parla di problemi sociali ma anche di mali personali come depressione e solitudine, tutto con toni furiosi e critici. Profeti del malcontento e dell’insicurezza che molti giovani vivono oggi, senza futuro e senza fiducia.
Come ultima testimonianza colgo quella dei Suburban Homes, nome che inneggia al conformismo e alla vita piatta della periferia cittadina e formatisi nel 2015 per fronteggiare la noia e la mancanza di vita sociale in una cittadina vicino all’aereporto di Gatwick (così ci dicono loro), portano un punk semplice ma allo stesso tempo sporco, molto vicino al ’77 ma comunque ingenuo e da cameretta. Cantano la noia e l’ordinarietà con acredine e ironia, come in Conformity in UK che si presenta come doppio capovolto di un’altra famosa canzone inglese…