A distanza di quasi un lustro dal rilascio del loro terzo album eponimo (giudicato abbastanza male dalla critica), Andrew VanWingarden e Ben Goldwasser sono tornati ai loro alti livelli con un lavoro complesso e per niente facile da comprendere a primo ascolto. Penso che la vera novità portata da questo disco risieda in questa complessità del tutto inedita nella carriera degli MGMT, specie se paragonata all’esordio Oracular Spectacular del 2007: pezzi così orecchiabili come Kids, Time To Pretend o Electric Feel ebbero un successo immediato proprio per la loro enorme semplicità che conquistò tutti in poco tempo.
Qualche settimana fa un amico mi ha rivelato di aver scoperto gli MGMT a 13 anni e che grazie ai loro primi singoli cominciò a seguire la musica in modo più serio. Questo inizialmente mi ha spiazzato (insomma io a quell’età ascoltavo Green Day e Linkin Park), ma subito dopo mi ha quasi portato a pensare che il duo di Brooklyn faccia musica per ragazzini.
Fortunatamente però Little Dark Age è uscito giusto in tempo per farmi confutare questa ridicola tesi: già dalla prima traccia She Works Out Too Much capiamo infatti che non sono più gli MGMT freschi e genuini di dieci anni fa, c’è una maggiore consapevolezza nei propri mezzi che d’altronde è scontata quando si arriva al quarto album in carriera.
Si tratta di un disco dai contenuti estremamente contemporanei – la Little Dark Age è quella che noi esseri umani stiamo vivendo da un po’ di tempo – ma che dal punto di vista strumentale trova rifugio negli anni 80: ne sono esempi lampanti i synth oscuri e a tratti inquietanti presenti in tracce come When You Die, Days That Got Away o la stessa title track, che più di tutte necessita di svariati ascolti per essere compresa a pieno.
C’è però spazio per momenti meno cupi e più spensierati, quelli dal sound un po’ più vicino al sopracitato Oracular Spectacular: è soprattutto il caso dei due singoli Hand It Over e Me And Michael, anch’essi in pieno stile anni 80 e con ritornelli molto simili tra loro, ma anche dell’energica TSLAMP che merita sicuramente di uscire come quinto estratto.
Questa volta i nostri MGMT non hanno deluso le aspettative tornando in pista con un buon disco, magari non divertente e piacevole quanto il primo ma sicuramente di una certa importanza. Forse l’unica pecca vera e propria è l’assenza di singoli clamorosi che fanno urlare al miracolo, ma questa nuova veste più matura e consapevole è esattamente ciò di cui avevano più bisogno.