Mediterraneo – Sud America. Un asse che esiste da sempre, due realtà che condividono stili di vita, passioni, meteo, preferenze culinarie e sportive, ma soprattutto, ritmi. Ritmi di vita e musicali. Era quindi solo questione di tempo prima che uno dei generi più veraci e interessanti del continente sudamericano, che parte dalla Colombia ma si estende anche in Argentina, Perù e via dicendo, cominciasse a farsi strada anche qui da noi, grazie all’opera di musicisti che gli si stanno dedicando già da anni, o altri che lo hanno scoperto solo recentemente.
Stiamo parlando della Cumbia, un genere che ha origini antichissime (le sue radici risalgono alla colonizzazione spagnola della Colombia) e soprattutto popolari. L’unione di tre culture: quella africana, a cui dobbiamo gli strumenti portanti del genere, i tanti diversi tipi di percussioni; quella locale indigena, a cui dobbiamo i flauti e quindi le invenzioni melodiche ed infine quella europea, che ha in qualche modo “costretto” una commistione di questi elementi diversi, aggiungendo un gusto europeo per la danza coreografata. Nasce come genere per accompagnare le danze attorno al fuoco, ed in seguito si trasforma , differenziandosi in varie direzioni, fino ad arrivare ai giorni nostri in cui si espande in quasi tutti i rami della musica contemporanea. Dalla fine del XVI secolo all’inizio del XXI, un filo rosso che ha come denominatore comune ritmi infuocati a cui è praticamente impossibile resistere.
In Italia quest’anno, soprattutto da quest’estate, sembra che non si parli d’altro, grazie anche ad un’attenzione dei media mainstream non indifferente, dal momento che artisti già affermati del panorama nazionale gli si sono esplicitamente dedicati (attenzione, non che prima in Italia non si suonasse Cumbia, anzi, ci arriveremo dopo). Per approfondire la questione Cumbia Italiana ho fatto qualche domanda a Davide Toffolo, Andrea Mangia aka Populous e Claudia Del Fomento dei Los3Saltos. Nord, Centro e Sud Italia, ognuno con un progetto appena uscito o di imminente pubblicazione, tre figure che incarnano tre diverse tendenze della Cumbia moderna, ma soprattutto tutte persone disponibili, abili e competenti. Ho portato tutti e tre su territori comuni, lasciandogli modo di descrivermi il loro personale incontro e rapporto con la Cumbia, così come i loro progetti e quelli dei loro colleghi. Iniziamo:
Davide Toffolo: Cumbia, Punk e quella selva interiore
“La cumbia in generale è una musica migrante, dov’è arrivata ha preso un suo specifico connotato, si è trasformata” una delle frasi chiave che mi ha detto Davide Toffolo è questa, ed è un buon punto di partenza in generale per parlare di Cumbia. Ad esempio lui non l’ha scoperta in Colombia, dov’è nata, bensì “l’ho conosciuta nel 2002 quando ero in Argentina per un progetto di ricollegamento fra argentini-italiani ed Italia. Dappertutto si sentiva questa strana musica molto primitiva e poco difesa dagli argentini, che però ascoltavano tutti. Si chiama Cumbia Villera, una cumbia che arriva dalle favelas. Mi ha incuriosito soprattutto per questo strano ritmo “zoppo” come se ci fosse una “cicala” nel 4/4. Il primo contatto è stato lì.” La Villera è difatti un tipo di Cumbia che nasce dai quartieri popolari, e che si mischia soprattutto al Folk al Rock ed al Pop, con testi che raccontano la vita disagiata dei quartieri da cui proviene. “A me ricorda un po’ il punk per la sua semplicità armonica. Non è tanto la dimensione etnica che mi interessa, quanto quella di questo recupero primitivo e personale, questa selva interiore che può essere presente un po’ dappertutto.”
Dopo la folgorazione Davide si è reso conto che anche in Italia il genere aveva un suo seguito e numerosi interpreti anche se ancora in stato semi embrionale, senza una vera scena dietro. Lo ha poi suonato per la prima volta con i suoi Tre Allegri Ragazzi Morti nel pezzo “In Questa Grande Città (Prima Cumbia)” che vede come ospiti Jovanotti ed Adriano Viterbini.
Il principale motivo che mi ha spinto a contattare per primo Davide Toffolo è che si è fatto promotore di un’iniziativa volta a cercare di creare una scena di Cumbia Italiana, che raccolga tutte le variegate esperienze della penisola e le spinga a confrontarsi fra di loro oltre che con un pubblico di tipo “mainstream”: nasce così L’istituto Italiano di Cumbia.
“L’Istituto Italiano di Cumbia è nato con l’idea di fare una fotografia della ‘scena’ della cumbia italiana. È nato per una mia passione, essendo in giro da tanti anni coi TARM ho avuto la possibilità di parlare con tanti musicisti, all’inizio pensavo fosse un trip soltanto mio ma poi ho capito che c’erano delle persone che o stavano aspettando uno stimolo o che già erano al lavoro sul genere. Questo primo disco qui, Vol.1, è proprio una fotografia, ci sono gruppi da tutta Italia. Ci sono situazioni diverse, alcune elettroniche, alcune più Folk, altre come Mister Island che sono invece progetti visivi, anche cose che arrivano dal Rock. Ascoltando il disco si capisce che c’è una visione italiana della cumbia, che ho volgarmente definito “Spaghetti C umbia”. La cosa figa di questo momento qui è che siamo testimoni della nascita di una scena, il disco nostro e quello di Populous stanno dando forza ed impulso a questa nascita. Poi la forza di questo movimento la capiremo più in là, ma questo momento è aperto ed eccitante.”
A spasso fra Londra, Lisbona e Bogotà con Populous
Il suo disco, Azulejos, è quello che forse sta più facendo parlare di sé all’interno del genere, e a ragione, riuscendo a coniugare due linguaggi così apparentemente diversi come l’elettronica ed una musica tradizionale come la Cumbia. Come si spiega?
“La cumbia per me non è tanto un genere quanto uno stato mentale. Perché la musica che più di ogni altra mi tocca dentro una sorta di punto G dell’ascolto, e da quando l’ho scoperta è stata un crescendo, anche perché ho fatto un percorso al contrario, partendo dalla cumbia moderna, dalla cumbia digitale, quella di ZZKe DengueDengueDengue et cetera, piano piano sono andato a ritroso scoprendo la cumbia tradizionale in Sudamerica, in Colombia.”
Un’altra caratteristica fondamentale del genere è che la si trova “infiltrata” un po’ in qualunque tendenza musicale contemporanea “questa trasversatilità mi fa amare moltissimo questo genere, da quando l’ho scoperto faccio veramente fatica a staccarmene. La Cumbia la puoi suonare, farci i dj set ma anche ascoltarla a casa, mentre fai l’amore o mentre cucini, al bar.”
Come ho ipotizzato nella recensione del suo disco, forse Andrea è stato aiutato nella scrittura dalla sua terra d’origine, la Puglia, e dalle sue musiche autoctone: “Ci sono delle similitudini con dei generi come la taranta e la pizzica proprio come concetti di partenza, musiche che hanno fondamento sul ritmo e sulla sua ciclicità, nella cumbia c’è la guira nella taranta il tamburello. Sono lo strumento di partenza, tutto il resto è un contorno, tutto ruota intorno al ritmo, una cosa anche molto vicina alla musica elettronica.”
Per scrivere il disco è ormai cosa ben nota come Andrea abbia vissuto per mesi nei vari quartieri di Lisbona, una scelta motivata da un’idea ben precisa “Per comporre il disco sono andato in Portogallo perché mi immaginavo che Lisbona potesse essere un ponte immaginario fra la musica elettronica europea moderna e la tradizione sudamericana. Mi sono immaginato che potesse essere l’incontro fra Londra e la Colombia ad esempio. Visto che volevo comunque fare un disco di cumbia elettronica ‘inglese’ ”.
Quando arriviamo a parlare della scena di Cumbia italiana Andrea ci tiene che citi, giustamente, John Montoya, un musicista e produttore nato e cresciuto in Colombia ma ormai italiano d’adozione. Nonostante la Cumbia non sia esplicitamente presente all’interno della sua musica, che racchiude un misto di suggestioni tribali, musica classica ed elettronica, è innegabile come il suo lavoro abbia contribuito in modo importante nello “sdoganare” determinati tipi di suoni e ritmi in Italia, soprattutto all’interno della comunità di artisti ed appassionati di musica elettronica (Iwa, il suo ultimo album, è uscito per la White Forest Records). Parlando di se stesso invece Populous non nasconde la specifica ambizione che stava alla base del progetto “non voglio sembrarti sbruffone, ma i miei amici già sapevano che anni fa quando ho cominciato ad impazzire per questo genere dissi, ragazzi farò il prossimo disco cumbia e voglio essere il primo a farlo digitale in Italia. Il fatto che si stia discutendo molto di Cumbia è testimonianza che ci sto riuscendo, molti vengono ad informarsi sul genere anche quando vado a mettere dischi ”
Mamma Roma: Claudia Del Fomento, fra Los3Saltos ed il Frente Tropical Romano
Finora all’interno del nostro viaggio Cumbia ed Italia hanno viaggiato paralleli, senza intrecciarsi quasi mai se non per esperienze singole come quelle degli artisti raccolti da Toffolo e lui stesso o Populous. Per Roma il discorso è diverso, qui già da tempo, più o meno una decina d’anni, è presente un vero e proprio movimento, che nasce e si sviluppa a partire dall’emittente Radio Onda Rossa e dai centri sociali, in particolare grazie all’azione del Frente Tropical Romano, collettivo di quattro dj (fra cui Claudia) che nella biografia della pagina Facebook mettono subito in chiaro le loro intenzioni: “Djs y selecionadores uniti con un solo grande obbiettivo: quello di far conoscere, ballare e amare la Cumbia”.
L’importanza della scena romana mi era già stata confermata dallo stesso Toffolo che a proposito ha ammesso come “l’ultima grande spinta che ho avuto per questo progetto (ndr. L’Istituto Italiano di Cumbia) è stata proprio quando mi sono spostato a Roma e ho trovato una scena già “pronta” il fruente cumbiero romano che ha una visione più “kombat” ma che chiudeva un po’ questa ricerca, mi sono definitivamente convinto di fare poi questo disco.”
È la stessa Claudia quindi a confermarmi ciò “Davide non ha potuto non calcolare una realtà come la nostra, aveva sentito nominare Los3Saltos (ndr. Il gruppo di cui Claudia è parte come voce e chitarra) è stato quindi molto interessato a frequentarci per conoscere le nostre produzioni, infatti poi gli abbiamo dato anche un’anticipazione del nostro nuovo album che uscirà dopo l’estate, Cumbia 3, che è inserito nell’Istituto Italiano di Cumbia vol.1”.
“Per me e per noi come Los3Saltos l’incontro con la Cumbia è passato attraverso quello con la Murga, grazie ad un laboratorio del genere nato all’interno del CSOA Spartaco anni fa. La murga è argentina ma condivide molti ritmi con la cumbia, infatti poi da questa sono passata alla Cumbia Villera che è una variante di Buenos Aires, con cui ha avuto anche contatto Davide per la prima volta. Los3Saltos quindi pretendono di essere un po’ pionieri in questo senso, derivando dalla Murga e dalla Cumbia Villera, di aver usato la cumbia come ritmo cantautoriale, mischiato al folk.”
La Cumbia ormai sembra esser finita nel calderone dell’Indie mainstream (perdonate l’ossimoro) , ed i Los3Saltos sono la prova vivente di ciò, dopo anni di concerti, djset e militanza negli spazi sociali romani, italiani ed europei, in seguito all’inclusione nel progetto di Toffolo hanno suonato quest’anno al MiAmi e sono in fase di contrattazione con un’importante etichetta romana. Ricollegandosi nuovamente a ciò che diceva Davide Toffolo, siamo alla nascita di un movimento, in un momento che effettivamente non può che essere aperto, eccitante, e provocare curiosità ed ottimismo. Un inserimento del genere in circuiti che fino ad ora non lo avevano visto coinvolto può essere una cosa molto positiva, soprattutto per i diretti interessati, che possono finalmente vedersi riconosciuti anni di sforzi musicali. Il solo pericolo è che ciò che caratterizza maggiormente questa musica, ovvero la sua spontaneità e vitalità ed in alcuni casi, come quello dei Los3Saltos ma anche di altre realtà, un impegno sociale e politico considerevole, possa uscire snaturato dall’incontro con realtà più istituzionalizzate e “quadrate”.
Avendo però parlato con i protagonisti di quest’articolo, mi sono reso conto che alla base del percorso di ognuno c’è un reale fuoco di passione per questa musica, bellissimo perché della stessa intensità per tutti, ma allo stesso tempo diverso per intenzioni, influenze e risultati. Insomma per ora il futuro della Cumbia italiana sembra essere in buone mani, e sarà molto interessante seguirne gli sviluppi nel prossimo futuro: rilassiamoci e continuiamo a ballare e a seguire il ritmo scandito dalla guira.