Mi frulla in testa una cosa in questi giorni, tra le bestemmie per i mal di testa lancinanti e la neve che ha invaso il mio paese al centro di un golfo sempre immerso nel sole: nella vita o sei un cane, o sei un gatto. In entrambi i casi ci sono aspetti positivi e negativi, i pros and cons, quelli che si stilano nei film americani per prendere una decisione importante.
Era domenica sera quando ho deciso di leggere Manuale per ragazze di successo di Paolo Cognetti. Personalmente coi libri sono un gatto, diffidente e guardinga fino a prova contraria.
In un mondo di lettori che si buttano a capofitto nelle letture più disparate come i cani si lanciano a fare le feste per accogliere la gente in casa, io faccio le veci di quel gatto che, una volta aperta la porta d’ingresso, ti da una rapida occhiata e si gira, tenendo la coda alta e facendo sibilare un deluso: “Ah! Sei tornato.”
Una volta, dopo aver sentito le solite parole di meraviglia, e dopo aver annuito quasi sbadigliando, ho guardato di nascosto la copertina della raccolta di Cognetti. Una ragazza dai capelli rossi di profilo fuma una sigaretta. A dire il vero sembra averla appena accesa e quella nuvola, tanto densa che quasi riesco a sentirne l’odore, le copre gli occhi. La osservo e sembra così tanto inverosimile che mi fa esclamare: “Ehi, ma quella sono io!”
In effetti la conferma della copertina la trovo nelle parole dei vari racconti. Ancora una volta, dopo aver letto il primo, mi ascolto dire – stavolta in modo più colorito – che la giovane donna protagonista di Educazione e cortesia in mare somiglia a me e al mio modo di stare sul sedile del passeggero accanto a qualcuno che potrei amare e odiare nello stesso istante.
Per quella sua sottile capacità, mi sembra che Paolo Cognetti abbia passato anni della sua vita a osservare ogni singolo e minuscolo movimento, fisico e mentale, delle donne. Soprattutto di quelle che dormono con una maglia XL, che si lavano i denti sotto la doccia e che decidono di tenere un bambino concepito distrattamente (Manuale per ragazze di successo). Le donne osservate da Paolo sembrano delle perdenti, ma lottano con le unghie e con i denti per riuscire a difendere il posto guadagnato nel mondo.
Prede delle loro debolezze, o di donne e uomini che le amano teneramente (Guidare nella metropoli), queste sono le ragazze consapevoli dei propri traumi e della propria empatia, perciò sicuramente non riuscirete a trovare in questi racconti una donna naïve.
Quando ho cominciato a leggere i racconti del Manuale ho deciso di non anticiparmi mai i titoli successivi, come se non volessi in nessun modo creare una catena tra i diversi pezzi di questo lavoro che invece ha le sembianze di un cerchio, unico, infinito, fluido. Solitamente quando leggo un libro, scelgo un biglietto, un foglio di appunti, la carta di un cioccolatino per ricordarmi dove sono arrivata. Questa volta però, giunta al terzo racconto, mi sono resa conto che per la prima volta non avevo usato nessun tipo di segnalibro.
Come un gatto, “diffidente e femminile”, (Tre bambine non possono giocare insieme) scivolo tra un racconto e l’altro, evitando di incastrarmi in fessure troppo strette e tenendo d’occhio gli spazi ampi. Mi faccio trascinare in una festa a casa di Maia, o nel bar in cui Bet è diventata il capo delle cameriere, o ancora nella hall in cui Linda è ubriaca fradicia e piange. Osservando queste donne, mi sembra di trovarmi davanti a uno specchio. Il riflesso chiude un occhio e nello stesso momento lo faccio anch’io.
Dopo aver terminato l’ultimo racconto, stento a credere che un uomo si stato in grado di entrare nello stupido vestito elegante che una donna deve indossare perché qualcuno la reputi tale. Guardo ancora una volta la ragazza del disegno in copertina e mi chiedo se non sia tratto da una fotografia. Se così fosse dovrei cercare quella ragazza per dirle che lei è la mia sosia. O che io sono la sua. Punti di vista.