Sofisticata musicista danese di adozione berlinese, Agnes Obel a 36 anni ha da poco rilasciato il nuovo album, Citizen Of Glass, a tre anni di distanza dal successo di Aventine. Adesso la Obel è in tour per presentare il nuovo lavoro in giro per l’Europa, l’ho raggiunta al telefono in un pomeriggio di Novembre, ha risposto da Zurigo, a poche ore dal live in Svizzera.
“È stato davvero emozionante iniziare il tour”, dice con voce soffusa, “perché Citizen of Glass non è un album semplice da suonare dal vivo, anche per via degli strumenti con cui viene suonato. Far andare tutto per il meglio è stata una specie di sfida, ma penso che per il momento ci stiamo riuscendo. Mi accompagnano dei grandiosi musicisti, e ci siamo presi tantissimo tempo quest’estate per prepararci a suonare dal vivo quest’album, proprio perché volevamo farlo al meglio”.
È vero, la presenza di strumenti nuovi e originali nel nuovo album di Agnes Obel si sente tutta, basti fare un ascolto comparato dei suoi tre album per sentire la differenza di sound. “Quando ho iniziato a lavorare a Citizen of Glass ho deciso di cercare nuovi strumenti per tradurre il suono che avevo nella mia testa. Descrivere l’esperienza di essere trasparenti, o l’esperienza di essere guardati dall’esterno, necessitava di qualcosa di più del piano. Così ho iniziato a cercare nuovi strumenti nei negozi, su internet. Era come se mi servissero nuovi colori per rendere al meglio la dimensione di questo disco, guidata dal titolo e dal tema che avevo in mente“. E così ci sono una celesta e il Trautonium, un antico strumento inventato a Berlino alla fine degli anni ’20 che è un po’ l’antesignano della musica elettronica (monofonica). Possiamo sentirlo per esempio riecheggiare nel pezzo di apertura dell’album, Stretch Your Eyes.
Le chiedo come le sia venuto in mente di usare uno strumento così fuori epoca. “È stato un mio amico a farmelo conoscere, perché sapeva che io amo Hitchcock , e la mia colonna sonora preferita di Hitchcock è quella di Birds, che è stata realizzata proprio con il Trautonium.”, racconta la Obel divertita, “Il mio amico ha trovato un tipo in Germania che ricostruisce Trautonium funzionanti, perché quelli vecchi sono più che altro pezzi da museo. E così ne ho ordinato uno su internet, lui ci ha messo un anno a farlo, e quando ho avuto la possibilità di provarlo l’ho trovato davvero intenso, il suono può ricordare quello di una tastiera monofonica”.
Grazie a strumenti come il Trautonium la Obel sembra essere riuscita a tradurre i suoni che aveva nella testa per sintetizzarli nel nuovo album. Ma Citizen Of Glass è anche un concept, che ruota intorno al concetto di gläserner bürger, cittadini trasparenti in tedesco. Il filo che ruota intorno all’album è quello dei cittadini di cristallo, che stanno perdendo progressivamente la propria privacy in nome della trasparenza. “In alcune canzoni il cristallo è un modo di essere guardati dall’esterno, altre guardano al cristallo come a una prigione, un posto in cui si riflette il passato o qualcosa del genere, altre ancora all’essere umano che è fragile come il cristallo, quindi è una vera e propria libera interpretazione. Ho provato a immaginare per ogni canzone uno stato mentale e poi ricreato il modo in cui lo sentivo io. La canzone Citizen of glass, per esempio, parla del tempo come di un orologio che va avanti e indietro”.
Cresciuta in Danimarca, la Obel ha trovato la sua vera dimensione soltanto dopo essersi trasferita a Berlino. “Penso che Berlino rispetto a una città come Copenaghen sia più aperta, soprattutto la zona in cui vivo“, dice. “Tutti o quasi sono creativi, quindi ti senti molto naturale a comporre qui. Inoltre è una città particolare ma anche economica, e penso che questo aspetto sia importante, perché è abbordabile per persone normali, e questo la rende interessante”.
Le chiedo se trovi più ispirazione a vivere in una città che è in continua ricostruzione. “Amo davvero molto questo aspetto, mi piace molto anche il look industrial delle costruzioni, o il fatto che gli appartamenti siano grandi, e così anche le strade. A Copenaghen accadeva il contrario, gli appartamenti sono piccoli, le strade sono piccole, tutto è piccolo. Così quando mi sono trasferita a Berlino mi sono detta WOW! I soffitti sono alti quattro metri! Amo questi grandi spazi, e adoro questo aspetto industrial della città.”
Agnes ha iniziato a suonare il piano da bambina, la famiglia l’ha sempre incoraggiata in direzione della musica. “Credo che mia madre mi abbia mandato a fare qualche lezione di piano, ma ero davvero troppo piccola per ricordare oggi com’è andata. Ricordo anche che a volte mia madre suonava il piano, e mi piaceva molto ascoltarla”. Agnes ricorda anche il rapporto con il padre, scomparso da qualche anno. “Forse avevamo un modo di vedere la vita simile, non era un tipo che parlava molto ma mi supportava in altri modi, per esempio mi ha comprato un PA system a 17 anni, riuscivo sempre a convincerlo a comprarmi nuovi strumenti musicali. Ogni tanto mi diceva – perché non provi a cantare come questo, o come quella – , credo volesse farmi somigliare a qualche cantante jazz, ma non ci riuscivo, non è che andassi sempre d’accordo con lui, era molto orientato al jazz” la Obel ride, e in questa risata si presente una nostalgia. “Ma ora è morto, e adesso capisco davvero quanto sono simile a lui. Aveva 5 figli e nessuno di loro si è appassionato alla musica tanto quanto me, l’ho preso da lui“.
Come reagiscono i cittadini di cristallo a confronto con quello che succede nel mondo? Per esempio, la morte di Leonard Cohen. “Una volta ho sentito Leonard Cohen dire di sentirsi sorpreso dall’esser riuscito a scrivere delle sue amanti e dei suoi amici, ma io gli sono grata per queste meravigliose canzoni. Citizen of Glass si incentra anche sull’usare se stessi e il mondo intorno come materiale per il proprio lavoro“. O l’elezione americana di Donald Trump. “Su Trump che posso dire, non so proprio cosa dire, è una faccenda triste per il mondo, davvero. Credo che questa cosa dimostri che i nuovi media possano essere monodimensionali, e che in questo mondo nuovo dei media non riusciamo più a sopportare alcun tipo di profondità, e così fanno breccia le risposte semplici, i demagoghi“.
Alla fine della telefonata mi faccio scappare la domanda che interessa di più il pubblico italiano di Agnes. Ci sarà una data italiana? “Sono molto triste di non avere nessuna data italiana al momento“, dice. “Dobbiamo assolutamente rimediare. Speravo di poter venire a suonare questo Novembre, anche perché volevo starmene un po’ al caldo, e il Nord-Europa è così freddo” – in momenti come questi Agnes si apre in risate calorose, abbandonando la sua glacialità, “ma non è successo quindi penso che se ne parlerà in primavera“.
La attendiamo fiduciosi. Per ora la riascoltiamo.