Il Festival della Divulgazione, che si è tenuto a Potenza, ha messo in scena diversi eventi tesi a rappresentare le diverse forme della comunicazione.
Nella serata dedicata al linguaggio musicale, si sono esibiti i Mokadelic, band romana che affida la propria comunicazione a tappeti sonori intensissimi, divenuta celebre per le colonne sonore fatte per film di registi affermati quali Salvatores o Sollima.
Al termine di un set che ha tenuto con il fiato sospeso la gremita platea del centro Cecilia di Tito (PZ), complici anche le bellissime proiezioni, li abbiamo raggiunti per scambiare quattro chiacchiere, sorseggiando Negroni (causa di non poche risate) comodamente seduti sui divanetti del Cecilia:
“Nel 2000 eravate un quartetto, i Moka, ed improvvisavate in una saletta a Pietralata…
- Marino, era a Marino (“La sagra c’è dell’uva”, ndr)
…nel 2016 siete i Mokadelic, un quintetto fresco di album doppio, Chronicles, acclamato anche dal grande pubblico, dico una parolaccia, quello mainstream, per aver composto la colonna sonora di una delle serie TV di maggior successo (e dicono di maggior qualità) degli ultimi anni. Quanto è importante per voi il caffè?
- Bè è un segreto.
- Ok lo dico (gli altri ridono). All’inizio non lo beveva nessuno di noi e un po’ per antitesi ci chiamammo Moka. Poi piano piano, con l’aumentare degli impegni, abbiamo iniziato ad averne bisogno ed è diventata una dipendenza. Per questo si è aggiunto il suffisso -delic.
Cercando su google il nome Mokadelic, tutti i risultati che non vi associano al cinema (sono la maggior parte), accostano il vostro nome al post-rock. Vi ci trovate in questa definizione?
- Bè sì.
- In realtà man mano abbiamo aggiunto altre sonorità, l’elettronica soprattutto. In Chronicles questo si sente molto. Però sì ci troviamo perchè è da quello che siamo partiti.
Vi sentite di voler aggiungere qualcosa ai fiumi di parole che, tentando di definire ciò che è il post-rock, sono più spesso arrivati a descrivere ciò che non è? (secondo chi scrive una buona definizione del genere la si trova nell’immagine qui a sinistra, ndr)
- No! (ridono)
- E’ chiaro l’etichetta serve perchè aiuta chi deve anche solo scegliere cosa ascoltare oppure chi ne deve parlare per essere compreso. Poi di certo il nome scelto si lega al concetto di post-modernità, periodo in cui questo modo di far musica è venuto fuori, con i suoi suoni acidi e l’assenza delle parole…
…gli anni Zero.
- Sì certo anche un po’ prima.
Ecco, proprio in quegli anni zero di musica strumentale più o meno definibile come post-rock a Roma ne è passata parecchia. La si suonava molto in posti come il Circolo degli Artisti o l’Init dove sono passati anche i nomi internazionali più rappresentativi del genere. Come vi ha accolto la scena cittadina quando eravate agli esordi?
- Hai nominato due locali chiusi… Comunque bene, si suonava molto in tutti i posti, c’era fermento. Risale a quel periodo il nostro primo disco autoprodotto, Hali.
Ultimamente è stato ristampato il disco che per molti versi ha rappresentato una pietra miliare per il post-rock nostrano, Rise and Fall of Academic Drifting dei Giardini di Mirò. Quello era però la punta di un iceberg con la base ben più ampia, fatto di innumerevoli gruppi meno nominati, ma non per questo meno interessanti. Oltre voi mi vengono in mente i Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo o i Port Royal. Che fine ha fatto questa scena, voi ne avete notizia?
- I Giardini di Mirò mi pare abbiano sonorizzato film anche loro. Hanno anche suonato da poco a Roma. Degli altri non so.
- Grosso modo chi fa post-rock è andato comunque a finire nella sonorizzazione di film, nelle colonne sonore, ma questo anche all’estero. Gli Explosion in the Sky (gruppo con cui hanno suonato, ndr), pur essendo un gruppo prevalentemente live, sono andati a fare colonne sonore, quindi si può dire che quella fosse l’evoluzione naturale.
- Canalizzare l’attenzione sulle colonne sonore poi è stata una fortuna. Magari andando avanti per tanti anni facendo solo dischi strumentali, sarebbe diventato tutto più complesso e magari la cosa ci avrebbe portato al disfacimento. Invece avendo sempre degli obiettivi a corto raggio tra film e serie, questo tipo di impegno finisce col trascinarti avanti, permettendoti anche di fare altro contemporaneamente e, quello che prima poteva sembrare un parto, adesso viene fuori con semplicità, come è avvenuto con Chronicles. Dopotutto accumuli così tante idee con tutti i lavori che devi fare, che poi fare un disco viene praticamente da sé.
- Sicuramente se devi fare una piccola analisi sociale, c’è stato il fatto che il mainstream ad un certo punto ha iniziato a guardare verso il basso e, cercando cercando, ha visto che questa “scenetta” era qualcosa da cui poter attingere e quindi ci si è cominciati a chiedere come poterla sfruttare al meglio, collegando magari cultura e controcultura. Facendo poi un’analisi della scena, sicuramente non ce l’ha fatta da sola ad auto sostenersi…
- Certo! Se siamo sopravvissuti è stato di certo grazie alla capacità di reinventarsi.
- Che poi in effetti non è tanto diverso da quello che già facevamo. In fondo noi suoniamo ai concerti con delle immagini dietro; noi, i Giardini di Mirò…
…Godspeed You! Black Emperor…
- Godspeed chi? (ridono)
Fate musica senza parole, come fate a scegliere il titolo per un brano?
- No, questo non si può dire! Questa è una domanda a cui non possiamo rispondere! E’ un alchimia, un segreto interno.
- Non verrebbe capito. Anche perché in genere noi diamo due tre titoli ai pezzi. Parte con un titolo che poi, in itinere, diventa un altro perché accoppiato a delle immagini. Una cosa in divenire…
- Sì c’è un titolo definitivo, un titolo inter nos, un sottotitolo…
…e voi magari poi la chiamate in un altro modo ancora.
- Sì infatti, la cosa genera una certa difficoltà nella comunicazione col nostro vj
- Dovevi farla al vj questa domanda, che è avvelenato…(ridono).
- In definitiva non c’è un modo preciso, vengono fuori un po’ come un’alchimia che nasce in quel momento.
Avete composto più colonne sonore che album, ma in fondo per la musica strumentale la differenza tra una soundtrack ed un disco è veramente minima, basta ascoltare cose come la vostra colonna sonora di Gomorra o di A.C.A.B. per citarne alcuni, ma anche l’ultimo Atomic dei Mogwai. Voi trovate che ci siano differenze nel percorso compositivo di una colonna sonora rispetto a quello di un album?
- Per noi sinceramente non ce n’è troppa. Chronicles potrebbe essere tranquillamente una colonna sonora.
- Certo, poi per un film la musica prodotta va ingabbiata in una struttura, vanno decisi i timing, le strutture dei pezzi, mentre nel disco siamo più liberi, però il processo iniziale è identico, anche sul piano emotivo.
Avete trovato differenze lavorando con registi diversi o magari affinità quando vi siete trovati a lavorare nuovamente con lo stesso (vd. Sollima)?
- Quando lavori con lo stesso regista si avverte da subito la fiducia che lui ha per te. Questa però è un’arma a doppio taglio, un coltello che lui (il regista, ndr) ha dalla parte del manico. Se già gli hai dato trenta, lui si aspetta sicuramente almeno trentuno, per cui la cosa può diventare faticosa. Poi però ogni regista è diverso dall’altro in tutto, nel metodo, nelle idee…per esempio con Salvatores, per assurdo, magari avremmo dovuto essere più spaventati, sai un premio Oscar! Invece è andata molto molto bene.
Il Nobel per la Letteratura direi che proprio non possano assegnarvelo…
- Però ci speravamo…
Ahimè l’hanno dato a Bob Dylan
- Eravamo noi e Dylan… ci siamo rimasti male (ampie risate)…
…Con buona pace di Baricco.
Preferireste vincere un Grammy o un Oscar (o lo scudetto della Roma)?
- L’Oscar…
- Alla Roma (ridono della grossa). Scudetto, Europa League, Coppa Italia…
- Un Oscar sarebbe figo. Vuoi mettere il viaggio… (altre risate fragorose)
Un disco, un libro, un film.
- Libro, tutto Murakami, un disco, Chronicles dei Mokadelic, un film?
- Gone Girl (di Fincher, ndr)?
- Gone Girl! Anche se potevi chiederci quale serie… (ampie risate)
Questa non è mia ma è un grande classico: La vita è un sogno o i sogni aiutano a vivere?
(risate)
- No questa già l’abbiamo fatta, già ci siamo stati…
- Vabbè, facciamo che i sogni aiutano a vivere.”