Abbiamo fatto due chiacchiere insieme a Paris Koumiotis, tra gli organizzatori dell’Eleva Festival di Reggio Emilia, giunto alla terza edizione. Fra preoccupazioni ed emozioni, a meno di una settimana dal via, sembra tutto è pronto a partire.
Tutte le info sul festival le puoi trovare qui.
D: Siamo arrivati alla terza edizione di Eleva e ne siamo molto felici, avendola vista nascere e crescere insieme. Partiamo, però, dall’inizio, da cosa è partito tutto?
P: Se partiamo dall’inizio non possiamo che essere felici di avervi avuto come partner, quando ancora l’idea era completamente embrionale e non c’era nessuna garanzia sul positivo svolgimento del festival. Quindi, se siamo qui, è anche un po’ grazie a voi. Erano anni che organizzavamo eventi in club o in situazioni temporalmente limitate, dandoci tante soddisfazioni ma che, poi, hanno consumato molti stimoli. Per questo, ad un certo punto, abbiamo sentito la profonda necessità di convogliare la nostra infinita passione per la musica in un progetto che avesse un respiro più ampio ed una visione di un certo tipo. Pensare a un festival urbano, all’interno di una città che non aveva mai vissuto un evento di questo tipo, era il modo migliore per “sfogare” questa nostra passione.
Il terzo anno è un po’ quello decisivo, si ha una buona esperienza su cui poter contare ma il bello arriva soltanto adesso. Cosa vi aspettate da questa nuova edizione?
Essere “sopravvissuti” fino ad una terza edizione è, in parte, già motivo di grande soddisfazione per un festival autoprodotto come il nostro. In questo momento, così a ridosso della partenza, le aspettative sono ovviamente mischiate alle preoccupazioni. La paura di non riuscire ad offrire quello che si promette è aspetto che ci garantisce la spinta per fare di più, mentre l’entusiasmo che deriva dall’essere parte di un grande gruppo è un aspetto che ci permette di dormire sonni tranquilli. Vogliamo crescere come numeri di presenze, certo, ma allo stesso tempo vogliamo limare i dettagli, imparare dagli errori passati e, soprattutto, provare a dare un contributo decisivo ad una “cultura di massa” più aperta, interessata e curiosa, cosa che nelle città italiane di provincia non è mai cosa facile. Portare il pubblico a comprendere la differenza tra un festival ed un evento, sembra l’aspetto più banale del mondo, ma non lo è. Non ci siamo ancora pienamente riusciti, ed è questo l’obiettivo primario di Eleva.
Eleva da sempre è stata una contaminazione continua fra arti, generi musicali e progetti portati. Quanto è importante per voi questa caratteristica e quale valore credete porti al festival?
Ci piace prendere spunto dai progetti ambiziosi e di quei festival urbani che hanno tutti questi elementi dentro di sé, ma allo stesso tempo ci piace dare valore alle splendide location cittadine e alla cultura musicale, artistica e culinaria locale, per accrescere il progetto secondo una precisa identità. Nel corso degli anni Eleva ha percorso un cammino che inizialmente era quasi completamente caratterizzato dalla musica e che ora sta trovando un bilanciamento (ed un investimento) appropriato sulle arti visive, il cibo, le performance artistiche e la formazione. Vorremmo in futuro integrare ulteriori aspetti all’interno del festival, come lo sport e il cinema, perché diventi sempre di più un festival di tutti e per tutti.
Come sempre gli artisti presenti a Eleva presenteranno tantissimi progetti e peculiarità. Si va dallo show di Popoulus alle registrazioni marine di Molecule, e poi i tanti generi differenti fra loro. Qual è il criterio che usate per scegliere gli artisti e che impronta volete dare?
Crediamo che i criteri che debbano essere presi in considerazioni sono essenzialmente due: la qualità e la coerenza. In termini pratici cerchiamo sempre di mettere insieme artisti emergenti ed artisti con un buon background sulle spalle, ma in grado di offrire una certa varietà sonora, senza discostarsi dall’elettronica, che è il nostro baricentro stilistico. In questo momento ci sono parecchie difficoltà ad organizzare eventi in Italia, perché gli artisti esteri non hanno un grande entusiasmo nel venire da queste parti ma spesso il pubblico ha una cultura di base abbastanza limitata e piena di pregiudizi in questo genere, e il sistema di agenzie ed etichette sembra organizzato per complicare le cose piuttosto che semplificarle. Bilanciare costi e qualità è un impegno che ci consuma parecchio tempo ed energie.
È un festival molto legato al suo territorio e la zona viva non è soltanto l’arena degli eventi, come siamo abituati spesso, ma tutte le parti della città. Quanto è importante questo valore per voi, soprattutto quando si scontra con una città che spesso sembra non essere pronta del tutto ad essere invasa dall’entusiasmo?
Le istituzioni cittadine hanno mostrato molta solidarietà nei nostri confronti durante la scorsa edizione, prendendo apertamente le difese dell’iniziativa contro le lamentele che ci sono state recapitate per presunti disturbi della quiete pubblica da parte di un paio di singoli cittadini supportati da media locali. Questo appoggio si è dimostrato ancora più importante in questa nuova edizione, dal momento che il festival viene per la prima volta patrocinato dal Comune di Reggio Emilia, supportato dalla Regione Emilia Romagna e dall’Arci territoriale. Questi aspetti danno solidità al progetto e certificano la serietà dell’iniziativa. Tramite le iniziative Eleva Off, stiamo cercando di coinvolgere maggiormente tutta la cittadinanza, rendendola parte attiva piuttosto che passiva. È un percorso lungo ma in questa edizione abbiamo ricevuto parecchie richieste e siamo convinti di poter vedere un processo lento ma graduale di crescita anche per quanto riguarda questo progetto che fa parte di Eleva.
L’anno scorso si parlava di una fatica generale a percepire un festival in maniera diversa da una serata in discoteca, ma è un percorso che si muove un passo dopo l’altro. Così come lo sdoganamento totale che la musica elettronica sta avendo in questi anni, passando da genere universale e non solo dei club o dell’underground. Come trovate sia la situazione a Reggio Emilia e più in generale d’Italia? Credete davvero che possa essere considerata, come qualcuno sostiene, al pari di un movimento generazionale?
Noi crediamo che sia un movimento multi-generazionale ancora lontano dall’esaurirsi. Reggio Emilia si allinea perfettamente ad una situazione generale italiana, in cui la musica elettronica è frutto di importazione più che di produzione di massa, ed in quanto tale la cultura ne risente perché il pubblico si suddivise in due macro categorie: quelli a cui interessa fondamentalmente l’elettronica “semplice” e in linea con quanto proposto negli ultimi 30 anni, e quello che prova a sperimentare nuove cose, come ad esempio i vari artisti Beats italiani, come Popolous, Godblesscomputers, Capibara e tanti altri, che sono la dimostrazione che siamo in grado anche di esportare, ma che difficilmente riusciremo a creare una scena di massa che si discosti da quanto proposto dalle grandi etichette e dai media internazionali, che appunto, fondamentalmente non hanno base in italia, e si muovono all’interno del paese inseguendo il profitto ed imponendo una arbitraria “qualità”.
Qualche anticipazione sugli ultimi nomi? Chi vorreste portare in una prossima edizione possibile o soltanto nei vostri sogni?
L’ultimo nome aggiunto alla line-up è quello di Tiger & Woods, ma pensare alle prossime edizioni diventa abbastanza difficile. È dall’inizio di Eleva che vorremmo chiamare Modeselektor, che è sicuramente un duo in grado di fare sempre la differenza all’interno di un festival. Chissà che l’anno prossimo non sia la volta buona!
Vi aspettavate di arrivare a questo punto dopo tre anni? Cosa ci aspetta nel futuro?
Onestamente se ci guardiamo indietro ci stupisce rivedere il percorso che abbiamo fatto e come il progetto abbia preso una forma sempre più simile a quella per noi ideale. Ce l’aspettavamo, in qualche modo, perché la struttura organizzativa è molto solida e il contesto territoriale si appresta ad accogliere una iniziativa di questo tipo. Non ci saremmo, però, mai sognati una risposta cosi’ importante da parte del pubblico. La nostra speranza è quella di convogliare maggiori investimenti nel progetto per poter alzare ulteriormente la proposta qualitativa del festival allargando il bacino di utenza in tutto il nord italia.