“La strada notturna
Si snoda ubriaca di pioggia
Parlano i cuori alle spine
Pungenti come pianti d’infanzia
In questo mattino che recide le vene appassite
Io ritrovo linee che ho perduto”Ultimo Boulevard – Diaframma
Quello che resta della new wave fiorentina degli anni Ottanta è una potente immagine di una città notturna, che per alcune ore mette da parte le sue forme statuarie per abbassare lo sguardo tra i piccoli lampi di luci artificiali assorbite da baveri di impermeabili e fantasiosi nuovi tagli di vestiti che popolano quelle strade fino all’alba. Quel buio non è un vuoto senza fondo ma è il perfetto involucro di un fermento che sale dalle cantine, dall’inquietudine e dalla fame di cambiamento di tanti giovani di tutti i quartieri della città, anche quelli più periferici e per questo più scuri.
Certo poi basta alzare un po’ lo sguardo e la storia secolare di Firenze è sempre lì, come ci ricorda Tondelli in un perfetto affresco notturno:
“nella notte, le facciate illuminate di Santa Maria Novella, San Miniato, il campanile di Palazzo della Signoria, la grande cupola di Brunelleschi, Orsanmichele, il campanile di Giotto, i tetti di certi edifici vetusti e rigonfi di aristocrazia e passato e nobiltà, le logge, i contrafforti e i bugnati, altro non mi sarebbero apparsi che pietre tombali, monumenti ai quali si accendono le torce e le luci votive, come si fa nei campisanti davanti ai ritratti dei morti”.
Gli imponenti segni dei secoli precedenti restavano prede diurne degli occhi e delle macchine fotografiche dei turisti, la Firenze notturna invece era avanguardia viva e fertile, piena di germi di futuro, che si ridefiniva intorno alle arti con una creatività senza precedenti in quanto a commistioni tra diverse discipline. Teatro, arti performative, design, moda, sperimentazioni elettroniche e tanta musica rock erano l’argine vitale a un periodo storico, politico e sociale durissimo. Si usciva infatti dagli anni Settanta, quelli delle lotte per i diritti e degli scontri in piazza, del piombo, del terrorismo e dell’eroina, per entrare nel riflusso degli Ottanta, che si aprono ancora con le stragi, parte della strategia della tensione. Oltre all’assassinio dell’ex sindaco Lando Conti, bisognava affrontare anni insanguinati da uno dei serial killer più efferati di sempre, che teneva sotto scacco una città che anche per questo cominciava a modificare le sue abitudini. I volantini sparsi su muri e lampioni con il monito “occhio ragazzi” spingevano a chiudersi in casa una generazione minacciata dai delitti dell’inafferrabile mostro di Firenze, che uccideva le coppie appartate in auto nelle campagne intorno alla città.
Ma quella generazione così vitale e creativa sfidava ogni cosa pur di prendersi i propri spazi. La città andava vissuta, soprattutto di notte, e la musica divenne un centro di aggregazione pazzesco, con locali come il Banana Moon di Bruno Casini, animatore culturale e primo manager delle emergenti band cittadine, il fondamentale Tenax, e poi il Manila, il Casablanca, che portarono in toscana il meglio della musica contemporanea, specie quella post punk e new wave. C’erano le radio giuste come Controradio e Centofiori che dispensavano quella nuova musica nell’etere e contribuivano all’organizzazione di eventi.
E poi c’erano le band (Diaframma Litfiba, Neon, Pankow, Moda) e le etichette (Ira Records, Materiali Sonori, Kindergarten, Lacerba, Contempo, Urgent Label) che diedero vita a una vera e propria “rivoluzione musicale” che andò ben oltre le rive dell’Arno. Proprio nell’84 ci fu anche il primo meeting di tutte le realtà indipendenti che continuò fino a spostarsi negli anni seguenti a Faenza col nome di Meeting Etichette Indipendenti (MEI).
“Il post-punk e la new wave, al pari del punk, avevano rappresentato un’occasione per poter ripartire da zero; senza sentire nessun obbligo nei confronti del passato e trovando, in questo nuovo spazio, il terreno favorevole per creare qualcosa di buono senza doversi vergognare di nulla, neanche di fare musica a volte estremamente scarna dal punto di vista tecnico. Ma se il punk in fondo riprendeva e proponeva, seppur snaturandoli, elementi della tradizione, con il post-punk e la wave si suonava qualcosa di nuovo e diverso rispetto a tutto quello che era stato fatto fino ad allora. E lo si faceva con una volontà e un’arroganza che solo i giovani sanno avere.” Federico Fiumani – Diaframma
In quell’arcipelago pulsante di novità arriva Siberia, il primo disco dei Diaframma.
Ben oltre quei solchi sul vinile Siberia è stato inizio e sintesi di qualcosa. Qualcosa di importante per il panorama rock italiano. Siamo nel 1984 che diventa presente dopo essere stato futuro immaginato e temuto per tanto tempo a causa del romanzo distopico di Orwell. Vale la pena ribadire che siamo in una Firenze davvero centro culturale europeo in cui la mescola di tante forme di avanguardia regala autentici granelli di futuro spesso avvolti da un cupo manto dark anche interiore. È cupa anche la musica di quel periodo, meravigliosamente cupa. Arriva il post punk, la new wave e a Firenze, grazie alla passione all’intraprendenza delle persone giuste e alla creazione di luoghi adatti, si crea un incontro irripetibile tra il panorama internazionale e quel fermento che saliva rumoroso e affamato dalle cantine umide a pochi passi dall’Arno e dai locali gravidi di proposte nuove e originali. Per raccontare un disco non è sempre necessario raccontare anche tutto quello che c’è intorno ma per certi dischi, come questo, la tentazione di farlo è troppa perché intorno e nell’aria c’era davvero tanto. Se la puntina inizia a far suonare il disco che gira, quello che ne esce già basterebbe a rendersi conto della forza di Siberia, ma già che ci siamo proviamo anche a porre quel vinile sugli scaffali di quegli anni.
Come si poteva essere così dentro la scena contemporanea della new wave, del post punk internazionale eppure restare interamente parte delle pulsioni di quella scena toscana, ancor di più fiorentina?
Prima di giungere a Siberia va detto che i Diaframma nascono di fatto come un trio, ma ben presto Nicola Vannini, pusher di musica new wave alla Rokkoteca Brighton di Settignano e amico di Fiumani, ne diventa la voce e si trova dietro al microfono proprio in quel luogo al debutto dei Diaframma, ora quartetto, nel 1981. Ma non sarà lui la voce di quei Diaframma che stanno per emergere. Fiumani poco prima di incidere Siberia sceglierà Miro Sassolini al suo posto.
Siberia inaugura una stagione di rock cantato in italiano che avrà un grosso impatto su tutta la scena nazionale. Nell’anno seguente, il 1985, arriverà anche il debutto sulla lunga distanza dei Litfiba con Desaparecido che ancora di più butterà giù questa porta. I colori e i toni di Siberia sono quelli del ghiaccio, della notte, del silenzio, dei muri che separano le esistenze, non solo gli spazi. Le ambientazioni dark si fanno strada ripercorrendo il battito anglosassone, evocando la claustrofobia di un riflusso sociale e politico che portava a chiudersi nel proprio guscio, spesso in una malinconica solitudine, in un malessere esistenziale. Tutto questo in Siberia trova un habitat naturale, in canzoni cupe, segnata spesso dal battito del suono del basso che si intreccia con chitarre nervose e voci profonde.
Se è vero che nel disco dei Diaframma si trovano echi contemporanei dei Joy Division, Echo & the Bunnymen e nel tempo dei Television di Tom Verlaine e di tutto quel mondo anglo sassone e americano è anche vero che si staglia nitido e riconoscibile il marchio di fabbrica della formazione fiorentina, quella che debutta con la voce perfetta per il genere di Miro Sassolini e la sezione ritmica dei fratelli Cicchi, Gianni alla batteria e Leandro al basso e soprattutto con la chitarra e i testi di Federico Fiumani, che alza il tiro entrando in perfetta sintonia col “sentire” europeo di quelle sonorità e quella poetica dark.
L’intero disco Siberia è un incastro perfetto e ispirato di suoni e musica, i testi fanno breccia parola per parola volteggiando su un tappeto sonoro in osmosi con la voce di Miro Sassolini. Alcuni versi sono da allora scolpiti nella memoria senza invecchiare mai, come le parole conclusive di Amsterdam “dove il giorno ferito impazziva di luce”. Proprio Amsterdam vede una versione ulteriore arrangiata e suonata con i Litfiba di Piero Pelù. In quel periodo le due band condividevano spesso palco e sala prove. Le dieci tracce del disco usciranno per l’Ira Records di Alberto Pirelli con la produzione di Ernesto De Pascale e raggiungeranno un notevole numero di vendite per una produzione indipendente. Siamo negli anni delle fanzine, del passaparola e dei primissimi videoclip e proprio il brano Siberia che apre il disco sarà lanciato come singolo con un video che racconta bene l’animo della canzone e anche dell’intero album. Siberia per Fiumani non è solo un territorio alla periferia dell’impero, brullo e disabitato, per certi versi punitivo, ma la metafora di una solitudine interiore che quei paesaggi rendono anche visivamente.
“I nostri occhi impauriti nelle stanze gelate,
al chiarore del petrolio bruciato e oltre il muro il silenzio,
oltre il muro solo ghiaccio e silenzio”
La tracklist non ha punti deboli, con Impronte, Delorenzo, Memoria, Desiderio del Nulla, Specchi d’acqua si entra in un mondo spesso claustrofobico che si gioca tra contrasti eterni come il buio e la luce, il freddo e il caldo, la notte e il giorno, l’amore e la solitudine, il rumore e il silenzio. Oltre Siberia e Amsterdam, tra le più amate dai fan vanno certamente ricordate canzoni come Elena e Neogrigio “il tuo candore sta svenando i miei giorni, ferendo il bagliore della luce notturna che si allontana in un sogno racchiuso nel buio”. Il brano che chiude il disco è Ultimo Boulevard, ingiustamente meno noto di altri, è invece probabilmente quello più profondamente dark in ogni sua componente, al cui arrangiamento ha contribuito l’ancora giovanissimo Francesco Magnelli, poi coinvolto anche in altri progetti fondamentali per il rock italiano, su tutti Litfiba e CSI.
La formazione, nei due album successivi, vedrà sempre alla guida il duo Fiumani Sassolini, che con l’uscita di Tre Volte Lacrime e Boxe costruisce una trilogia che li porterà fino alla fine degli anni Ottanta. Successivamente i Diaframma saranno praticamente un trio con Federico Fiumani che canterà direttamente le sue canzoni. Sta per arrivare il tempo di Gennaio, Diamante Grezzo, Fiore non sentirti sola, Labbra Blu e tante altre. Siberia raggiunge il traguardo dei 40 anni e se non è ovviamente possibile ricostruire ora tutto quello che c’era nell’aria e intorno a quella musica a Firenze allora, è sempre possibile andare sotto il palco dei Diaframma a festeggiare, senza nostalgia, la vita di quelle decisive canzoni rock o piazzare la puntina sul vinile e perdersi al buio ad aspettare le prime note e le prime parole di Siberia dopo il fruscìo…
Il ghiaccio si confonde
con il cielo, con gli occhi
e quando il buio si avvicina
vorrei rapire il freddo
in un giorno di sole
che potrebbe tornare in un attimo solo