Perché nella rubrica cult? Perché Emma Dante attraverso il suo sguardo poliedrico riesce a mettere mano ad un quantitativo corposo di materiale artistico, con un tocco personale e originale, da ormai più di vent’anni. Regista teatrale e cinematografica, attrice e scrittrice, con “Via Castellana Bandiera” nel 2013 esordisce dietro la macchina da presa, interpretando inoltre uno dei personaggi principali della pellicola.
Dante già nella sua prima opera cinematografica delinea chiaramente quelli che saranno i suoi tratti caratteristici, come già mostrato nella sua drammaturgia: la ricerca di personaggi estremi, la costante del mare e della sua terra siciliana, la nascita delle storie a partire da piccoli nuclei fondamentali, l’enormità della famiglia.
Il film si apre presentandoci delle storie apparentemente separate. Troviamo una numerosa famiglia impegnata tra una battuta di pesca e una giornata al mare a cui fa da contraltare una coppia di donne formata da Rosa (Emma Dante) e Clara (Alba Rohrwacher) arrivate a Palermo per partecipare ad una festa per un amico di quest’ultima.
Tanto i momenti dedicati alla famiglia sono spiccatamente frenetici e caotici, quanto l’atmosfera tra Rosa e Clara risulta essere ricca di tensione, con la città di Palermo che si fa antagonista nelle parole del personaggio interpretato da Emma Dante.
Ad inserirsi in questa dicotomia vi è il personaggio di Samira (Elena Cotta, che per la sua interpretazione otterrà la Coppa Volpi alla Mostra del Cinema di Venezia) che ci rende partecipi di una vera e propria liturgia funebre. La donna si muove all’interno di un piccolo cimitero dove si ritrova a ripulire le lastre di marmo dalla terra, sfamando dei randagi con del pan bagnato per poi stendersi prona in preda al dolore interiore sulla tomba di una giovane donna deceduta a soli 38 anni. Tutto avviene con lentezza e meticolosità, con la camera che indugia sulle mani che bagnano il pane e si impegnano nel gesto vitale universale di offrire il nutrimento. Lo sguardo di Samira è freddo e glaciale, spento, immerso in un’età di chi non può più vedere qualcosa davanti a sé.
Da qui in poi il film si incentrerà in uno spazio molto ristretto, ma estremamente comune alla maggior parte degli spettatori: l’abitacolo di un autoveicolo.
Samira, che si scopre far parte della famiglia iniziale, verrà raggiunta in macchina per poi salirvi alla guida, al fine di dirigersi verso l’abitazione della famiglia stessa. Mentre la macchina guidata da Samira procede per le vie di Palermo con una certa sicurezza, l’avventura stradale di Rosa e Clara, che cercano di raggiungere il luogo della festa, prende una piega caotica mettendo ancora più in mostra quello che ormai era chiaro: le due si sono smarrite.
Da qui si arriverà ad una di quelle situazioni che più o meno qualunque guidatore ha esperito. L’auto guidata da Samira e quella guidata da Rosa si incrociano in senso di marcia opposto all’interno di una stradina in cui può passare una sola auto per volta. La soluzione è apparentemente semplice: una delle due macchine deve tornare indietro e dare all’altra la possibilità di passare.
Ma è proprio qui che le due donne caricano di significato il gesto e preferiscono dar vita ad una epopea guerresca piuttosto che cedere la strada. Lo sguardo della stessa Samira riacquisisce vigore come se l’anziana donna avesse una missione da portare a termine.
Il film da questo punto in poi inizia letteralmente a girare intorno alle due auto che fungono da perno centrale per tutta l’irradiazione dei numerosi eventi successivi.
Lentamente vengono dipanate le connessioni familiari e Via Castellana Bandiera viene avvolta da un’aura magica e un po’ stregonesca, folle impazzite, numeri civici che si ripetono, una certa smania del gioco.
Mentre man mano i protagonisti si allontanano dal luogo del misfatto, Samira e Rosa non danno alcun segno di cedimento e anzi si buttano dentro un gioco di specchi fatto di immagini potenti riferite ai bisogni più basilari e imprescindibili dell’essere vivente.
Nel mentre la vita nella via scorre, tutti iniziano a chiedersi chi l’avrà vinta, mentre persino Clara sembra allontanarsi da Rosa in preda all’esasperazione, andando a rifocillarsi con un giovane ragazzo che tra tutti quanti si rivelerà essere quello con un rapporto speciale con Samira, rapporto composto da un affetto espresso in piccoli momenti di assoluta tenerezza.
Il film si articola in uno zigzagare di rotture e soluzioni che ci portano verso un finale incredibilmente potente carico di significati enigmatici e potenzialmente mistici, con una sezione conclusiva fotograficamente brillante e con una capacità di rivolgersi in maniera interrogante alla totalità del tempo.
Un inizio folgorante quindi, che ha lanciato Emma Dante come una regista dalla voce unica e particolare, in grado di tingere le proprie opere di caratteri sempre peculiari, trasportando sullo schermo tutta la carica emotiva del teatro arricchendola di tutti quegli elementi messi a disposizione dalla settima arte.