La notizia è arrivata all’improvviso in un tardo pomeriggio di primavera. Ci ha lasciato Steve Albini e con la sua morte non può che tornare in mente un intero pezzo di mondo. Storico produttore e ingegnere del suono, chitarrista degli Shellac, figura di culto del rock alternativo e dell’indie, Albini ha prodotto dischi come In Utero dei Nirvana, Surfer Rosa dei Pixies, Rid of me di Pj Harvey, Tweed degli Slint (agli Slint disse: “io non penso che sarete mai grandi, ma diventerete veramente influenti”). Ha lavorato anche con The Breeders, Fugazi, Urge Overkill, Low, Jon Spencer Blues Explosion.
Albini aveva 61 anni, è morto per un infarto. Qualche mese fa il Guardian gli aveva dedicato un long form che era un bellissimo omaggio al mondo di Steve Albini, una testimonianza della sua epopea underground. Era un inquieto cercatore del nostro tempo che continuava a buttare la testa nel sottosuolo e scavare.
Steve Albini ci ha lasciato, ma certi suoni e movimenti non se ne andranno, la sua influenza è strabordante. A ricordarlo in queste ore sono in tanti, musicisti, ascoltatori, collaboratori, passanti. Per le prossime 24 ore il sito del Primavera Sound mostrerà un’immagine di Albini in segno di lutto, ricordo e riconoscenza (con gli Shellac era ospite fisso del festival).
Perché ascendano ancora al cielo tutti i suoni che si portava dietro, perché la notte sia un infinito vagare tra ascolti, e perché sia possibile replicare il suono e trasmetterlo al futuro – ci lasciamo andare a ritroso nel tempo. Qui sotto un paio di cose.