Ogni volta mi ripeto: questa è l’ultima.
Succede quello che è successo per un numero elevato di volte nella mia vita e cioè il mettersi in macchina e guidare per un’ora o più per andare a un concerto. In particolare un concerto dei Subsonica e in particolare a Torino.
Da quando vivo a Milano (dieci anni) i concerti sono una storia di tram, metro, o addirittura di passeggiate a piedi nel quartiere. Per raggiungere la location. Ma per molti anni, dalla provincia, si è presa la macchina e ci si è fatti ore di guida per arrivare nei luoghi della musica. Una destinazione era sempre Torino e il motivo era quasi sempre lo stesso: i Subsonica.
Guidando ho tempo di pensare. Rifletto sul perché ogni volta penso che dovrei smetterla di andare a vedere un gruppo che seguo da 25 anni abbondanti (ahimè nel 96 avevo solo 11 anni ed era ancora troppo presto per i concerti). Un po’ perché come si dice in gergo “ho già dato”, un po’ per non sembrare ridicolo nel provare a rivivere quell’emozione che provavo anni fa e che oggi sarebbe comunque diversa o fuori luogo. Non lo so. Sono tanti i motivi. Forse il principale è proprio la paura di continuare a guardare uno specchio che sembra mostrarti ancora i tuoi vent’anni e invece addosso ne hai almeno il doppio e tutto è cambiato. Tranne quello specchio.
Andare a un concerto dei Subsonica è un po’ come avere a che fare con un Dorian Gray.
Guido e penso. Penso a quante band italiane oggi siano in grado di reggere un tour nei palazzetti. Quante lo sappiano fare dopo 30 anni di carriera. Una carriera tutto sommato estremamente lineare e coerente. Me ne vengono in mente poche, forse nessuna. Forse solo i Dogo – ma è un esempio che per tanti motivi non può reggere.
Arrivo in largo anticipo ma non abbastanza per evitarmi 40 minuti di ricerca di parcheggio. Lo sapevo, ma ritrovarsi nel mezzo è qualcosa di diverso. Una casualità meravigliosa (o terribile a seconda dei punti di vista) vuole che letteralmente a pochi metri di distanza dall’Inalpi Arena con qualche ora di anticipo si giochi il derby della Mole. E infatti mentre scandaglio il quartiere per cercare posto è un tripudio di magliette e bandiere granata.
Subsonica e derby della Mole nello stesso piazzale, nelle stesse ore. Oggi è festa nazionale a Torino. E allora penso che sono contento di esserci, di aver scelto di tornare a Torino, perché un concerto dei Subsonica a Torino non è esattamente un concerto dei Subsonica come tutti gli altri.
Qualche giorno fa, dopo il concerto di Milano, Carlo Pastore nelle sue stories ha scritto di come il legame Subsonica-Torino sia qualcosa di unico e un motivo di orgoglio e di vicinanza alla città per chiunque si affaccia al mondo musicale della band.
Il palazzetto è pieno. Il palco impressionante. Cani umani, apre le danze con uno schiaffo di luce e impatto sonoro che non lascia dubbi su quello che ci aspetta per le prossime due ore e mezza. Nonostante i social abbiano abbondantemente spoilerato il tutto, dalla costruzione della scaletta e al palcoscenico, rimane qualcosa che non può lasciare indifferenti.
Il live procede più o meno a blocchi di 4 pezzi in cui le canzoni dell’ultimo album “Realtà aumentata” hanno un grosso spazio. E giustamente. Non solo perché il disco è bellissimo (di nuovo, serve ribadirlo. Perché non è scontato. Decimo disco di una carriera trentennale) ma anche perché dal vivo hanno una potenza devastante.
Quanto successo a Firenze, solo due giorni prima, è una spada presente sulla testa di Samuel e soci tutto il tempo. I messaggi al microfono lo ricordano a più riprese: quello di questa sera è il concerto più difficile della loro carriera. Si nota ma non si accusa. Il live è praticamente perfetto. Non ha alcuna sbavatura.
Si sciorinano brani nuovi e brani di Microchip Emozionale che ha molto spazio così come L’eclissi. Album “seme” di Realtà Aumentata, per tanti motivi.
Dopo tredici pezzi praticamente senza fiato arriva una grossa pausa centrale. Missili e Droni (suonata mentre l’Ansa notificava degli attacchi Iraniani in Israele), Dentro i miei vuoti – perla rarissima della loro discografia e delle loro scalette negli anni, Giungla Nord, Universo e poi il Cielo su Torino. Chiudono la prima parte del concerto. Lasciano respirare la band che dà spazio a un divertente Celenza e poi alle collaborazioni con i Subsonica numero 6 e 7, Ensi e Willie Peyote ormai ospiti fissi in studio e sul palco. L’ultima parte del live torna a far ballare e sudare. Chiudendo con Tutti i miei sbagli tornata finalmente in versione disco nei live e, ovviamente, Strade.
Mancano all’appello tanti classici come Nuova Ossessione, Istrice, Incantevole.
Ma i Subsonica fanno il cazzo che vogliono – Come avere delle tastiere danzanti su una molla di un tir a 5 metri di altezza. – Come mescolare elettronica, pop e rap suonando come cover un pezzo di Neffa.
Ora possono farlo. Ora sono davvero liberi. Consapevoli della loro forza impressionante e della loro unicità.
Un concerto inarrivabile per dimensione dello spettacolo, durata, risposta del pubblico e qualità artistica espressa sul palco. Non banale ma mai davvero sottolineata. Ogni volta mi ripeto: questa è l’ultima. E anche stavolta so che mento.