Ieri pomeriggio, mentre l’Italia era avvolta nell’impenetrabile bolla-Sanremo, è arrivata la notizia che conferma dopo un secolo l’esattezza delle teorie di Einstein sulle onde gravitazionali. Se le mie nozioni di fisica andassero oltre al moto rettilineo uniforme mi piacerebbe dilungarmi nella spiegazione scientifica di questo fenomeno, invece mi limiterò a riportare quello che in queste ore è stato scritto nel tentativo di spiegare a noi comuni mortali perché questa è la scoperta del secolo.
Il Dottor Lawrence M. Krauss, fisico teoretico e direttore dell’Origins Project, in un articolo del New York Times lo descrive così:
“Albert Einstein used his newly discovered general theory of relativity (which implies that space itself responds to the presence of matter by curving, expanding or contracting) to demonstrate that each time we wave our hands around or move any matter, disturbances in the fabric of space propagate out at the speed of light, as waves travel outward when a rock is thrown into a lake. As these gravitational waves traverse space they will literally cause distances between objects alternately to decrease and increase in an oscillatory manner.”
In pratica, ogni volta che ci muoviamo o spostiamo qualcosa nello spazio si creano delle increspature che si propagano esattamente come quando lanciamo un sasso in un lago.
L’universo, di fatto, oscilla.
Queste vibrazioni sono così piccole che si pensava non sarebbe mai stato possibile osservarle fino alle 16.30 (ora italiana) di ieri, quando l’EGO (Osservatorio Gravitazionale Europeo) ha dato l’annuncio.
Non è un caso che abbia scelto l’articolo del Dr. Krauss che, a parte questa piccola, generale infarinatura non parla più di tanto nello specifico di questo affascinante fenomeno.
Se siete tra coloro che hanno condiviso, apprezzato, ritwittato la notizia su tutti i social pur non avendo un Phd in fisica teoretica sappiate che non siete i soli.
Ma perché ci interessa e ci commuove? Sapere che la collisione di due buchi neri ha provato che un fisico morto cent’anni fa aveva ragione renderà forse le nostre vite migliori?
Il Dr. Krauss prova a rispondere a queste domande.
Nel 2016 è facile intuire che la quantità di notizie che hanno un impatto evidente sulla nostra quotidianità sia drasticamente inferiore a secoli fa. Una cosa è parlare di onde gravitazionali, un’altra è scoprire ad esempio che il sole non va a morire tutte le sere al tramonto o che la terra non è piatta. Tuttavia questa notizia, nella sua intangibile complessità, apre una crepa nelle nostre certezze, uno spiraglio di luce che ci permette, finalmente, di fantasticare, di immaginarci che, forse, ancora tantissime cose sono possibili. E all’improvviso parlare di viaggi nel tempo non è più così strano. Se ci si pensa con una vena romantica è la cosa più vicina alla magia che esista.
Ha ragione Lawrence, non se ne avrà a male se lo chiamo per nome, quando dice che scoperte come questa cambiano la prospettiva del nostro posto nell’universo. Di tutti. Anche la mia che ancora mi meraviglio che una scatoletta di metallo riesca a scaldarmi un toast.
È il contributo culturale della scienza, quello che spesso dimentichiamo, o ignoriamo non credendoci all’altezza. Il valore intrinseco della scoperta che, esattamente come un quadro o una sinfonia riesce a sorprenderci, a emozionarci e a convincerci che, anche quando crediamo di vivere in un mondo destinato al fallimento e che il genere umano abbia i giorni contati, siamo parte di qualcosa di meraviglioso.
Potete leggere l’articolo del New York Times qui.