Vi siete accorti che club e bar chiudono sempre più spesso e che parallelamente, mentre la cultura da clubber è in decadenza, cresce quella da festival? L’Economist ha provato a capire perché in un focus sulla vita notturna in Europa, provando a mettere in luce le vere ragioni di un trend che vede sempre più locali notturni chiudere i battenti, dalla Germania al Regno Unito, fino al nostro paese, che a giudicare dalla mappa accanto non è escluso dalla tendenza (con picchi di chiusure al Nord e in Sicilia). Sembra che tutto abbia a che fare anche con la progressiva gentrificazione delle nostre città. Ne abbiamo già parlato, per gentrificazione intendiamo quel fenomeno per cui alcuni quartieri periferici delle città stanno subendo una lenta o veloce riqualificazione, con conseguenti aumenti di prezzi di affitti e costi. Avevamo fatto l’esempio di Neukölln a Berlino, quartiere vicino Kreuzberg, dove gli affitti bassi avevano attirato una forte emigrazione (dai connotati hipster e infine yuppies) e al fiorire prima di locali, spazi espositivi, gallerie d’arte, bar, che si era risolta solo in un progressivo aumento dei prezzi e del costo della vita. E così dopo una ventata di belle imprese, con l’apertura di locali che sfruttavano spazi originali come magazzini, centrali elettriche in disuso, sottoscala, tipografie, e via dicendo, l’improvviso aumento dei prezzi e la discesa libera dei guadagni ha portato le cose in direzione inversa.
Sono tre le cause che stanno lentamente portando a un calo dei club e alla loro chiusura, secondo il settimanale inglese: gentrificazione, calo nel consumo di droghe e la fortuna dei grandi festival, fuori dagli spazi urbani. Le abitudini delle persone stanno cambiando, e ci sono anche forti cambiamenti del contesto in cui si muovono oggi i clubbers. Aprire un locale oggi sembra essere difficile, non bisogna solo fare i conti con gli aumenti degli affitti in certe zone, ma con le mille regole da seguire. Secondo il focus la gentrificazione sembra aver portato anche un aumento delle lamentele dei vicini yuppies disturbati perennemente dai rumori, e a strette molto forti su quella che era l’anarchica vita dei nightclub. Le battaglie legali, i regolamenti sempre più stretti da seguire, le violazioni a cui si va incontro, sono complici di questo trend che attraversa l’intera Europa.
Inoltre sembra che la nostra generazione stia diventando più astemia, duro colpo per i battenti dei locali, non solo per il consumo di alcol (che pure è in forte calo, basti vedere i dati raccolti sul consumo di birra tra i giovani inglesi) ma soprattutto per quello di droghe. Okay che con questi numeri i bar che vendono alcol incassano sempre meno, ma è soprattuto il calo nel consumo di ecstasy e di MDMA ad aver fatto abbandonare certe abitudini di ballo e musica nelle discoteche. È davvero così o quella dell’Economist somiglia un po’ una forzatura in questo caso?
L’altra tendenza è quella della crescita del successo dei festival, che stanno lentamente sostituendo i club come moda. ”Nel 2014 circa 130 festival hanno avuto luogo solo ad Amsterdam. In Gran Bretagna ce ne sono circa 250 all’anno.” Si risparmia, si mettono i soldi da parte per andare ai festival: niente più club, niente più soldi spesi al bar, ma un piccolo salvadanaio ideale che tiene tutto da parte con l’idea di risparmiare e partire verso un grande festival. Del resto i festival hanno più possibilità di attirare grandi nomi del piccolo club. Un cane che si morde la coda, nel nostro faticoso Ventunesimo. Sarà davvero così? Ci piace ancora la cultura dei piccoli club, vogliamo mantenerla viva, ma in qualche modo forse l’Economist racconta certe tendenze che stiamo vedendo anche noi tutti i giorni, e sembra suggerire che per invertire il trend basterebbe anche tornare a bere di più.