1. La serata inaugurale al MAXXI
È solo la seconda edizione in cui l’apertura del festival avviene nella futuristica cornice del MAXXI ma è già di prepotenza un classico dello Spring Attitude. La scelta di implementare e salire notevolmente di livello con le installazione audio-visive, quando si ha a disposizione una struttura così, facendole ricoprire un ruolo di primo piano è stato sicuramente un passo azzeccato ed intelligente. In particolare ALTERA LVSS lo spettacolo di site-specific mapping che si è stagliato sui contorni metafisici della creatura mutante di Zaha Habib è stato straordinario e sorprendente. Mentre assistevo pensavo che nei panni del direttore del MAXXI non avrei potuto non pensare “ma doveva arrivare Spring Attitude per portare qui questa meraviglia?”. In tutta questa suggestione ovviamente non è mancata la musica, a spiccare sul resto un live super degli Acid Arab, tra i pochi che riescono davvero a dare un senso alla contaminazione araba dell’elettronica da club, il solito stellare Gold Panda, alle prese con un nuovo live in fase di rodaggio ed un “romantico” Giorgio Gigli all’ interno dell’ Auditorium. L’avrei sicuramente eletta la serata più bella dell’edizione di quest’anno, ma dopo due giorni sono arrivati gli Air a rendere più incerta la mia convinzione.
2. Air
Il vero nome davvero altisonante dell’edizione di quest’anno, nonché anche una sorpresa quando è stato annunciato, perché sicuramente è un nome che si discosta dalla tipologia di artisti a cui SA ci ha abituato negli anni scorsi. Ma a pensarci bene, sorpresa neanche più di tanto, poiché perfettamente in linea con quella che è la naturale evoluzione a cui mira Spring Attitude. Ce lo raccontava qualche tempo fa il direttore artistico, Andrea Esu: “In verità, come modello per quanto mi riguarda guardo più al Primavera Sound piuttosto che al Sonar: mi piacerebbe se nel corso degli anni futuri lo Spring Attitude aumentasse il numero delle band che si esibiscono dal vivo, mantenendo il lato elettronico ma un po’ anche incrementando quel mondo lì”. Musica per le nostre orecchie, e ci auguriamo che quest’anno sia solo il primo passo.
Quanto alla performance degli Air, è stato molto suggestivo vedere queste due figure candide e impassibili all’interno dell’imperiosa cornice dello Spazio 900, sotto gli amplificatori pazzeschi abituati alla cassa dritta. Performance impeccabile con una scaletta dal sapore di Best of: Venus, Cherry Blossom Girl, People in the City, Playground love in versione strumentale, Remember, Sexy Boy, Kelly Watch the Stars e la chiusura magnifica con La Femme d’Argent, a spiccare su tutta la scaletta. Alla fine la sensazione era quella di soddisfazione completa che ha portato in molti a tornare serenamente a casa.
3. Cosmo
Difficilmente potrò dimenticare quello stanzino alto poco più di 3 metri con l’intonaco cadente, stracolmo di gente euforica. Il Rizla Stage, nome del palco “minore” di quest’anno, nel II giorno di festival all’ ex-Caserma ha vissuto un paio d’ore di pura felicità. Marco Bianchi, in arte Cosmo, è molto legato a questo festival e la cosa è assolutamente vicendevole e questo amore, questa forte empatia, vengono fuori ogni volta che torna a calcare uno dei suoi palchi. È successo due anni fa sul Main Stage dello Spazio 900, è successo quest’anno, con ancor più intensità sul piccolo Rizla Stage. Un live meraviglioso, intenso, coinvolgente. Il pubblico e Cosmo letteralmente in un tutt’uno. Vedere per credere.
4. Jessy Lanza
È passata quasi un po’ in sordina, l’esibizione di Jessy Lanza, alle 22 del venerdì con la gente che iniziava ad arrivare alla spicciolata, ma è stata certamente una delle esibizioni più belle di tutta l’edizione. D’altronde parliamo della reginetta di casa Hyperdub, che il boss Kode9 ha sempre tenuto su un piedistallo, e come dargli torto. Il suo secondo album “Oh No”, fresco di uscita, ha conquistato in poco tempo critica e pubblico, un condensato di r&b che si fonde all’elettronica più ruvida e tagliente tipica dell’etichetta londinese. Sul palco si mostra completamente a suo agio, tenendolo con maestria e coinvolgendo in un batter d’occhio lo sparuto pubblico. Performance talentuosa e di spessore.
5. Rizla Stage
Il palco minore, la back-room dello SA, l’alternativa all’affollato Main stage, ci è sempre piaciuto da morire. Nel corso degli ultimi anni ci ha infatti regalato esibizioni indimenticabili: dal set infiammato di Go Dugong di due anni fa che fece evaporare la backroom dello Spazio 900 fino all’alba, tra citazionismi e ritmi tribali, chiudendo mentre fuori albeggiava con “Nella luce delle 06.00” di Neffa; ai bassi stellari e mistici di Giraffage che sempre due anni fa ha fatto vibrare come non mai quella saletta; fino all’anno scorso di cui ricordo su tutti il live catartico e psichedelico degli splendidi Omosumo. Ma questi sono soli ricordi personali e di esibizioni indimenticabili ce ne sono state tante altre.
Sempre con una fortissima attenzione alle bellezze nostrane, quest’anno ha anche trovato un nome che gli calzasse a pennello, Rizla Stage per l’appunto. Piccolo, intimo, sempre pieno di passione ed empatia, quest’anno ha visto, oltre all’esibizione di Cosmo, le ottime performance di Bienoise, Matilde Davoli, Dorian Concept e Dj Paypal.
Un festival che ha vinto anche quest’anno e poco importa se la serata di sabato non era stracolma di gente come l’anno scorso, poco importa se non c’era Apparat a chiudere, poco importa, perché l’anno scorso non c’erano mica gli Air ad aprirla.
Spring Attitude è un festival coraggioso che ha scelto una strada ben precisa da percorrere, una strada bellissima, per loro, per noi e anche tanto per Roma.