5 cose da portare a un concerto di PJ Harvey

La Regina entra in scena annunciata dal battito dei tamburi, il momento che stavamo aspettando è arrivato e al TOdays Festival di Torino domani arriva PJ Harvey. Il tour è quello di The Hope Six Demolition Project, l’ultimo album di Polly. Del live possiamo dire che è magnifico, con straordinari musicisti ad accompagnarla, come John Parish o il nostro Enrico Gabrielli.

Abbiamo pensato di regalarvi un kit base per un concerto di PJ Harvey e prepararsi a un suo live. Tranquilli, son tutte cose che potete far entrare ai festival nonostante l’epoca in cui viviamo e i suoi ferrei regolamenti.


1. Un po’ di sano spirito rock/punk/dark per ritrovare le origini

Polly Jean viene da lassù, le dolci inquiete terre inglesi. È stata una rocker (È!), una punk, ci ha portato inquietamente nelle sue ossessioni oscure, ci ha fatto viaggiare misteriosamente nello spirito dark, ha cacciato fuori le sue urla, la contestazione della chitarra. Si può dire che Polly è una musicista completa in un’era di talenti in cerca di se stessi. È il 1992 quando esce l’album d’esordio, Dry, e chi lo dimentica. È il 1993 quando canta su Rid of me, e ci guida ai suoi piedi. Provare per credere.


2. Una copia di Cime Tempestose di Emily Bronte

La complessità di questa donna ci piace. Se tutto fosse liscio e prevedibile, ci annoieremmo alla lunga. PJ riesce invece a sorprenderci. Dalla chitarra elettrica al sax, dai locali inglesi alle brughiere. Il miracolo di White Chalck, disco che esce nel 2007, è quello di Polly che si trasforma per un attimo in Emily Bronte, inquieta anima inglese, e ci porta nelle misteriose brughiere in un’atmosfera da Cime Tempestose.

Così non sorprende quel suo nuovo look in bianco – così in contrasto con il nero, quell’anima tormentata che si siede al piano e trova addirittura una nuova voce per l’occasione. E allora portare una copia di quel bel vecchio libro, che Georges Bataille definì come consacrato al Male con la sua rivolta dell’uomo maledetto, non è più un’ipotesi lontana, ma un modo per non dimenticare una delle anime di Polly Jean. Il tormento, dolce tormento inglese.


3. La meraviglia

Senza meraviglia siamo spacciati, lo sanno i poeti e lo sa chiunque vada a un concerto. Difficile ritrovarla nell’eterna ripetizione delle giornate, o tra i mille live a cui ci capita di andare. Ma provate a farla restare all’erta, da qualche parte dentro di voi. Accogliete quel palco con la tutta la meraviglia di cui siete capaci, stendete un immaginario tappeto per onorare un concerto, cantate se vi capita e guardate anche il cielo. Torino vuole meravigliarvi, anche per questo ha messo Polly Jean su quel palco.


4. Un dollaro 

Con un dollaro – uno – potete fare tante cose. Una volta un bambino afghano ha chiesto a Polly un dollaro. Lei ci ha scritto un magnifico pezzo, Dollar Dollar, che racconta questo grido. Mondi uniti, terre che non hanno barriere, il bambino invoca il suo dollaro. Se vi avanza, fate un piacere a Polly Jean: date quel dollaro al bambino che non ha colpe. In quest’epoca strana, PJ Harvey con la sua arte prova anche a raccontarvi quel mondo in cui siamo compromessi. Su quel palco proverà a dirvi anche questo.


5. La capacità di ricordare

Siamo stanchi di dimenticare, vogliamo ricordare. Celebrare il rito della buona musica, non lasciar scorrere il tempo come se niente fosse, tenere a mente che qualcosa è successo. Vogliamo un onesto souvenir per il nostro futuro, qualcosa di bello da possedere che non sia un oggetto, ma un ricordo. Il sapore in bocca di un momento che non è passato via inutilmente, di un disco che non si è perduto tra milioni di altri, al ritmo del secolo ventuno.

Su quel palco Polly Jean Harvey, John Parish, Mick Harvey, Enrico Gabrielli, e compagnia, sono pronti a darvi uno di quei ricordi. Buona suerte.

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