Il 14 febbraio è universalmente noto come festa del santo patrono degli innamorati e, mentre i fabbricanti di cioccolatini si fregano le mani e i ristoranti registrano il tutto esaurito, noi questa data l’abbiamo a cuore per un’altra ragione: fu infatti proprio un 14 febbraio – l’anno era il 1947 – a dare i natali a uno dei musicisti che segnò profondamente la storia del folk rock a livello internazionale e la cui produzione continua a ispirare e a condizionare: Tim Buckley.
Lui che con l’amore – e con molte altre cose dell’esistenza – non ebbe un rapporto pacificato, diede vita a uno stile unico, le cui radici affondavano nel songwriting che l’aveva preceduto e nel contemporaneo rock psichedelico, ma che costituiva qualcosa di nuovo, che nessuno aveva mai visto prima. Dotato di una sensibilità musicale eccezionale e di capacità vocali (dall’inconfondibile vibrato a una straordinaria estensione) e compositive fuori dal comune, quando fece la sua prima comparsa sul palco, a soli diciannove anni, dovette apparire come un alieno precipitato da un altro pianeta. Una carriera rapidissima, con un momento di crisi dopo l’uscita di quell’incredibile (ma fallimentare dal punto di vista commerciale) Starsailor (1970), che si concluse alla morte del cantautore, avvenuta nel 1975.
Ma è la musica, più di ogni resoconto biografico, a raccontarci di Tim: abbiamo scelto dieci dei suoi brani più rappresentativi per ripercorrerne la carriera artistica e per dimostrare come le sue canzoni, oggi che lui avrebbe compiuto 69 anni, non siano invecchiate di un solo giorno.