Ammettiamolo, eravamo distratti ad agosto, e così è probabile che qualcosa si sia perso per strada. Qui trovate un piccolo recap di dischi usciti il mese scorso che potete recuperare: non è detto che dobbiate necessariamente seguire tutto in diretta, ci si può anche rilassare. Non è detto – soprattutto – che dobbiate recuperare per forza questi dischi, ma qualcosa varrebbe la pena.
1. Dinosaur Jr. – Give a Glimpse of What Yer Not
5 Agosto, Jagjaguwar
Chissà dove eravate il 5 Agosto mentre usciva il disco certezza di J Mascis e soci. I Dinosaur Jr. tornano a 4 anni dall’ultima uscita I Bet on Sky, e sono ancora i giovani talenti degli esordi. Il sound non è cambiato, le chitarre si infiammano (provate ad ascoltare gli assoli su Love is… per credere), e così i dinosauri dimostrano di essere sempre attuali, anche con una gloriosa carriera alle spalle. Non si estingueranno, insomma. Resteranno a ciondolare nelle nostre orecchie, as an old memory.
Si tratta di un’uscita molto estiva quella dei Wild Beasts, si capisce subito sin dall’attacco del disco che parte forte con Big Cat, si dipana nella freschezza di Tough Guy, e prosegue – liscio – verso la bella Celestial Creatures. Boy King è il disco che – se avete mancato di ascoltare in piena estate – andrebbe recuperato prima che finisca del tutto, e si incappi nel pieno dell’autunno (prima della stagione di giubbini di pelle e cappotti). Fate ancora in tempo a ordinare un cocktail cullati dai beat dei Wild Beasts.
I Wild Beasts non vi bastano? Qualcosa di più carico, più dance, più coinvolgente? Provate il nuovo album degli Of Montreal, e dimenticate le orecchie a casa – portatene un paio di riserva, ove mai vi venga voglia di alzare i volumi al massimo (su pezzi come gratuitous abysses per esempio). Il quattordicesimo album degli Of Montreal è un piccolo viaggio nel passato, my fair lady è un pezzo melodico dai toni nostalgici, così ne viene fuori un condensato vintage con momenti esplosivi come trashed exes. Se siete curiosi schiacciate play.
Allucinante. Il nuovo album dei Thee Oh Sees vi colpisce direttamente alle costole senza pietà, con le sue narrazioni psicotiche. È chiaro già dalla micidiale Dead Man’s Gun, che apre A Weird Exits, dischetto ruggente per tempi contemporanei che richiamano tempi antichi. Urla, psichedelia, contorsioni, allucinazioni: un condensato distorsivo e distopico che fa l’occhiolino agli anni Sessanta. Se avete capito di cosa stiamo parlando, e vi piace l’idea di calarvi in quello spirito, allora questo è il disco che fa al vostro caso. Un album alla moda insomma.
Per i devoti della DFA Records (l’etichetta che annovera tra i fondatori James Murphy degli LCD Soundsystem) ogni nuova uscita della casa discografica è una manna dal cielo. I Factory Floor sono una bella certezza del panorama elettronico contemporaneo, con il loro esordio del 2013 erano riusciti a coinvolgerci e stupirci. Stavolta tornano in versione minimal beat, ma riescono ancora a cavalcare l’onda emotiva con pezzi come Slow Listen o la title track 25 25. E se proprio volete farvi possedere dal disco provate Dial Me In. Meno ispirati? Giudicate da soli.
Che disordinato spettacolo questo Callus di Gonjasufi! È già chiaro con l’apertura dell’album, Your Maker, che ci troveremo di fronte a un’atmosfera cupa e insolita, con un retrogusto lo-fi. Questa cupezza viene fuori disperatamente in brani come Maniac Depressant, o The Kill. 19 pezzi che ci accompagnano in un viaggio verso l’inferno, per un disco che consigliamo vivamente di recuperare. Strazio e sorpresa saranno due mood che vi terranno per mano per tutto il disco. La copertina mantiene le affascinanti promesse.
Sono gli anni in cui la musica sta incontrando anche l’arte delle colonne sonore originali, vedi alla voce John Carpenter, che ormai è diventato un headliner da festival. Qui siamo alle prese con la colonna sonora realizzata da Scott Walker per il film The Childhood of a Leader del regista Brady Corbet. Vi troverete immersi in un grande delirio hitchcockiano, del resto il film è un thriller e le atmosfere rendono perfettamente. Estrema, delirante, contorta, e soffocante. Provate a metterla, magari vi va bene con lo yoga.
Ma quanto sono inquietanti i Crystal Castles – a partire dalla copertina. Andata via Alice Glass (si cambia nome in certi casi, no Ethan?), il disco è il primo in collaborazione con Edith Frances. Le atmosfere dell’album non sono cambiate, bisogna dirlo. L’attacco di Femen è conturbante come al solito, Fleece è spietata, Char un dramma, Sadist è davvero sadica, Chlorofom un’odissea della trance, Frail una schizofrenia che richiama i successi dance dell’estate in versione distorta, Concrete allucinogena. Il disco ha le sue controindicazioni, da usare moderatamente.
Yo yo yo. L’acclamata uscita dell’estate è il disco di Frank Ocean, Blonde o Blond – a piacere. C’è chi lo adora già, chi lo trova sottotono, in ogni caso è la storia di copertina di agosto che abbiamo mancato di raccontarvi (o forse no). Se masticate R&B questa uscita non potete perdervela, se siete semplicemente curiosi occasionali di passaggio un giretto su qualche traccia – Nikes? – non potrà farvi male. Il disco non è presente su Spotify o Google Play per una precisa scelta politica: ognuno si arrangi come può. Se vuole.
10. Cass McCombs – Mangy Love
26 Agosto, ANTI- Records
Mentre in redazione si animava un tentativo di discussione su Blonde di Ocean, si è levata una voce: ascoltate l’ultimo di Cass McCombs, “è spaventosamente bello“. E decisamente Mangy Love è un disco che incontra di più i nostri umori e le nostre urgenze. Basta ascoltare un pezzo come Run Sister Run per capirlo, contemporaneamente disimpegnato e impegnato (anche socialmente). O cedere alla chitarra di Opposite House, che ha qualcosa di magico à la Kurt Vile – per intenderci (pezzi così meravigliosi in agosto ne nascono pochi, ma basta mettere la successiva Medusa’s Outhouse per capire come non sia un caso: McCombs è ispiratissimo). Questo disco è la storia di una mistica del rapimento: vi porterà altrove, senza che abbiate chiesto niente. Atmosfera, magia, perdizione. Che Ocean ci perdoni.