Il corpo e le sue forme. La bellezza dell’imperfezione.
Anatomia sensibile (Sur, 2021) descrive una geografia corrotta dai corpi sovraesposti, abbelliti, modificati con il solo scopo di raggiungere la perfezione. In un’epoca in cui apparire è più importante di essere, Andrés Neuman denuncia l’alienante cultura del Photoshop, fatta di modelli opprimenti e ritocchi compulsivi, propone modelli alternativi a questa stagione di iperesposizione digitale. E lo fa attraverso un testo di cui è difficile definire il genere, che mostra diverse pieghe e sfaccettature come le parti del corpo descritte. Un puzzle complesso e irresistibile.
Neuman, tra i più influenti scrittori argentini, è tornato in Italia in occasione della fiera della piccola e media editoria “Più libri più liberi” di Roma. Lo abbiamo incontrato alla Nuvola di Fuksas al termine della presentazione, con Giulia Zavagna di Sur, che ringraziamo per la traduzione simultanea.
Da cosa fugge la schiena? La sua risposta è stringersi nelle spalle. E, con scultorea falsa modestia, si ritira dietro i tratti che ci identificano. Nessuna schiena si accontenta del semplice guardate chi sono: preferisce l’insidioso ricordati chi sei stato. Ecco perché la paura ci si accumula in questa zona antecedente.
Che significa per te oggi essere in Italia, a una fiera di libri che l’anno scorso sarebbe stata impensabile?
Questo ci conferma che se la cultura è sempre stata un atto politico di resistenza, oggi è anche una forma di resistenza materiale, biologica. Viviamo in una società così piena di eventi al punto che abbiamo perso la capacità di stupore. La pandemia ha avuto il merito di aver dato valore alle piccole cose quotidiane. È una fortuna che questo genere di eventi siano tornati e sono felice di essere qui. È stato entusiasmante poter rivedere i lettori, in carne e ossa, stringere le loro mani, sentire il loro affetto.
Come hai vissuto il lockdown umanamente e da scrittore?
È una domanda complessa, durante il lockdown la relazione tra fuori e dentro è cambiata inesorabilmente, nel senso che si è bloccata. Il lockdown ha creato quest’effetto: l’esterno ha smesso di essere considerato come una possibilità, un’avventura, è diventato una minaccia. La casa ha assunto il valore di rifugio, ma trasmetteva anche un’idea di obbligo e di claustrofobia. Tutta la narrazione dello spazio è cambiata. Io sono passato da diverse fasi: c’è stata una breve fase di esaltazione quando ho capito di avere più tempo per scrivere, poi ho percepito che il tempo si era fermato e non sarebbe tornato a scorrere se non fossi tornato a uscire, alla vita di prima.
Ho scritto furiosamente per giorni, come se nella mia vita esistesse solo quello, perché non potevo fare altro. In altri momenti mi sentivo bloccato, come se fossero scomparsi tutti i miei punti di riferimento. All’inizio pensavo di scrivere qualcosa sull’esperienza che stavamo vivendo e in parte l’ho fatto: ho lavorato ad alcuni articoli e poesie sul tema, ma mi è sembrato sbagliato impormi questa materia. Tutti stavano parlando della pandemia, così ho preso la decisione di non raccontarla, di escluderla. Poi mi sono reso conto che il problema non era l’argomento, ma lo sguardo che ponevo sul tema. Sono tornato a lavorare sulle questioni di sempre, dando per scontato che la pandemia ci sia, ci sia stata e continui a esserci.
Anatomia sensibile propone al lettore un’ideale estetico dissacrante e inclusivo che mira a scardinare ogni stereotipo sull’apparenza e sul suo valore sociale. Puoi spiegarci meglio di che si tratta?
Non è un ideale, è la realtà a essere inclusiva. Il canone è un ideale, la cultura del Photoshop. Questo meccanismo di canonizzazione della bellezza rende invisibili la maggior parte dei corpi reali. Ed è sbagliato, dobbiamo aprire gli occhi e abbandonare gli ideali canonici. Se pensiamo a tutte le fobie di tipo fisico che restano fuori dai social e mettiamo da parte tutti questi corpi imperfetti, appesantiti da fobie o difetti, non rimarrebbe nessuno. I corpi costruiti che vediamo ogni giorno sulle copertine e online negano lo scorrere del tempo e si nascondono dietro il Photoshop, ma non è possibile farlo all’infinito. È una contraddizione. Tutti i corpi sono destinati a invecchiare. Siamo la società che meno capisce e si rifiuta di affrontare il tema della mortalità.
I social sono la causa o la conseguenza di questo fenomeno?
Credo tutti e due. Prendiamo per esempio l’invenzione della stampa. Qualcuno crede che la stampa abbia creato il mercato editoriale? Gutenberg inventò il sistema della stampa perché c’era un mercato che lo richiedeva. È difficile distinguere causa e conseguenza nella sociologia delle nostre vite, credo che i social abbiano inasprito i nostri complessi e le ossessioni su presunti ideali di bellezza. Non ho niente contro i social, per un certo periodo ho utilizzato Twitter, ma ora non uso più neanche quello. Non voglio demonizzare i social, ma credo che dobbiamo avere una visione critica degli strumenti che utilizziamo.
Non c’è anima che non rischi una distorsione quando dice di sì volendo dir di no.
Tra le scrittrici e gli scrittori italiani, contemporanei e del passato, quali hanno esercitato una maggiore influenza sulla tua scrittura e apprezzi maggiormente?
Ce ne sono molti. Buzzati, Manganelli, Ginzburg. Senza dimenticare i grandi esponenti della poesia italiana: Ungaretti, Quasimodo, Leopardi, Montale. Ho una speciale ammirazione per i grandi scrittori italiani del passato.
Che progetti hai per il futuro?
Ho in cantiere un romanzo abbastanza lungo che è stato interrotto dalla pandemia, anche se era già in stato avanzato. Oltre la pandemia, devo dire che la nascita di mio figlio ha cambiato i miei piani e mi piacerebbe scrivere qualcosa su di lui.