Tra le tante gallerie di Londra la Tate Britain è forse la mia preferita, perché è in una delle sue sale che si trova esposto A Bigger Splash di David Hockney. Ho sempre provato un’enorme fascinazione per i colori intensi e per l’ambientazione tipicamente losangelina del quadro, così lontana da Londra e da Bradford, città natale dell’artista. L’opera, dipinta nel 1967, rappresenta il culmine dell’ossessione di Hockney per la raffigurazione dell’acqua in movimento. In buona parte dei quadri californiani infatti, l’acqua, che sia quella di una piscina o dell’oceano, è protagonista; si pensi ad esempio a The Swimming Lessons del 1965 o a Peter Getting Out of Nick’s Pool di un anno più tardi.
Attraverso i dipinti di un’utopica L.A., è stato Hockney più di altri, ad alimentare il nostro immaginario sulla città degli angeli. Eppure, la storia di questo artista non ha origine nell’assolata California, ma nel piovoso Yorkshire.
David Hockney – A Bigger Splash
La formazione
David Hockney trascorse il suo primo periodo nell’industriale cittadina di Bradford, contornato dal clima austero dell’immediato dopoguerra. Fu il cinema di Hollywood con il suo sfavillante technicolor, a fornire una delle prime fonti d’ispirazione e di sollievo dal grigiore urbano: “Sono cresciuto a Bradford e ad Hollywood” dirà più tardi l’artista. Fin da ragazzo, Hockney dimostrò talento per il disegno; nel 1953 si iscrisse alla Bradford School of Art, dove studiò la pittura tradizionale, basata sulla fedele riproduzione della realtà.
Nel 1959, Hockney si traferì a Londra per frequentare il prestigioso Royal College of Art. In questo periodo, la fonte di ispirazione primaria per la maggior parte dei giovani artisti era la scuola dell’Espressionismo Astratto americano; anche se Hockney ne fu inizialmente influenzato, in seguito sposterà il suo interesse verso un’arte figurativa. Nelle prime opere realizzate, la distinzione tra pittura astratta e rappresentativa è sottile: per mezzo di figure schematiche, graffiti e scritte derivate dalla poesia di Walt Whitman, Hockney si concentra su soggetti che fanno riferimento alla sua sessualità. Tra i dipinti di questo periodo, Shame, The Third Love Painting e l’esplicito Cleaning teeth early evening (10pm) w1, realizzati tra il 1960 e il 1962.
Nel 1961, grazie all’esposizione Young Contemporaries organizzata dal Royal College of Art, il lavoro di Hockney venne notato dal gallerista John Kasmin, che acquistò il dipinto Doll Boy (1960-61). L’inaspettato successo dette all’artista la possibilità di visitare gli Stati Uniti, un viaggio documentato in A Rake’s Progress 1961-3, basato sulla celebre carriera del libertino di William Hogarth.
Soltanto un anno dopo aver lasciato il Royal College of Art, Hockney fu protagonista della mostra Paintings with People In alla Kasmin Gallery, in cui espose una serie di ritratti focalizzati su coppie maschili. Nel 1963, Hockney e le abbaglianti luci di New York si incontrarono nuovamente; fu in questa occasione che l’artista britannico conobbe l’icona pop Andy Warhol e il curatore del Met Henry Geldhazer, soggetto ricorrente nei futuri quadri del pittore.
California Dreamin’
Ancor prima di visitare Los Angeles, Hockney era affascinato dalle sue atmosfere, che aveva conosciuto grazie alla fotografia omoerotica di Bob Mizer e al romanzo di John Rechy, City of Nights. La città degli angeli concretizzava l’immaginazione sessuale dell’artista; d’altronde – come scrisse Edmund White – le spiagge della California diventarono in quegli anni l’epicentro dell’omosessualità moderna.
Los Angeles necessitava di un artista che dipingesse i suoi colori, le strade illimitate, le piscine e i corpi abbronzati dal sole:
“Le persone non sapevano neanche come fosse fatta la città […] Pensai che un posto del genere avesse bisogno del suo Piranesi e così eccomi qua” (da Pacific Standard Time: Los Angeles Art 1945-1980).
Nel corso di quattro anni (1964-1968) Hockney realizzò numerose tele incentrate su Los Angeles, ritraendone scene e contesti come un’utopia tropicale. Nel 1967, quando l’omosessualità diventò un crimine nel Regno Unito, Hockney ricevette il John Moores Painting Prize per il dipinto Peter Getting Out of Nick’s Pool (1966). Al centro dell’opera è il compagno dell’epoca Peter Schlesinger, raffigurato nudo tra i colori vibranti di una piscina.
È di questo periodo anche il ritratto di Christopher Isherwood e Don Bachardy; il quadro dimostra però come Hockney inizi a delineare spazi più reali, dove chi osserva è invitato a prendere parte alla scena rappresentata. Anche se non abbandonerà mai i caldi colori californiani, Hockney utilizzerà nuovi stili e risorse per rappresentarli.
David Hockney – American Collectors
Verso il naturalismo
Sul finire degli anni ’60 e l’inizio della decade successiva, Hockney si concentrò su una serie di ritratti; tra questi, oltre al già citato dipinto di Isherwood e Bachardy, c’è il celebre Portait of An Artist (Pool with Two Figures), in cui un giovane osserva una figura che nuota. Il soggetto del quadro è ancora una volta il compagno di Hockney, Peter Schlesinger, rappresentato in maniera introspettiva e distante rispetto a chi osserva. Ciò che appare interessante in quest’opera è l’evidente contrasto tra il primo piano e lo sfondo: se la figura e la piscina sono resi in maniera astratta, le colline losangeline che circoscrivono la scena, vengono raffigurate con toni naturalistici.
In Mr and Mrs Clark and Percy (1970-71), Hockney dipinge gli amici Ossie Clark e Celia Birtwell (che apparirà più tardi in altri ritratti), nella loro abitazione di Notting Hill, separati da una grande finestra e con attorno degli oggetti. Il ritratto dei Clark rappresenta per Hockney l’apice del suo interesse per il naturalismo; nel realizzare l’opera però, l’artista incontrò numerosi ostacoli. La difficoltà nel dipingere le due figure, ritratte quasi rispettando le loro dimensioni naturali, fece abbandonare ad Hockney, almeno temporaneamente, la pratica del doppio ritratto. Il naturalismo, che inizialmente aveva rappresentato una via d’uscita dall’ossessione contemporanea per le immagini piatte, era diventato un limite per l’artista.
Fu in questo periodo che Hockney iniziò ad interessarsi alla fotografia, un medium che utilizzerà sempre più frequentemente in futuro.
Collage di fotografie dal libro David Hockney CameraWorks (1984)
Nuove visioni
Una volta abbandonate le costrizioni della pittura naturalistica, Hockney si dedicò a nuove forme di rappresentazione. Nel 1974, l’opera di Glyndebourne lo incaricò di realizzare la scenografia per The Rake’s Progress di Stravinsky. Nella decade successiva, il pittore tornerà a lavorare nei set teatrali, attratto dalla possibilità di collocare figure reali in spazi artificiali.
Fin da quando era studente al Royal College Art, Hockney ebbe come modello e fonte d’ispirazione Pablo Picasso. Nel 1980, dopo aver visitato una retrospettiva del MoMA dedicata all’artista spagnolo, Hockney produsse sedici dipinti sul tema della danza e della musica. L’influenza di Picasso e del cubismo è però soprattutto riscontrabile nelle opere successive, in cui Hockney torna a dipingere Los Angeles attraverso un nuovo stile.
L’artista voleva coinvolgere lo spettatore nei suoi quadri, in modo da rappresentare non solo spazi, ma anche emozioni. Perché questo accadesse, diventava necessario l’abbandono delle leggi prospettiche; è nell’attenersi ad esse che l’osservatore rimaneva ai margini del dipinto, negando così un coinvolgimento emotivo.
Hockney realizzò una serie di opere basate su vedute da vari punti di osservazione. In Mulholland Drive: The Road to the Studio ad esempio, l’artista dipinge una delle strade più celebri di Los Angeles attraverso linee sinuose che accentuano l’idea di movimento. Il pittore fa lo stesso in Nichols Canyon (1980), in cui utilizzando colori d’ispirazione fauve, crea una scena vivida che porta lo spettatore a spostare lo sguardo da un punto all’altro della tela.
David Hockney – Mulholland Drive: The Road to the Studio
Le esplorazioni visuali di Hockney culminarono nel 1982 con la mostra Drawing with Camera; realizzando dei collage di polaroid – per mezzo di una tecnica da lui definita joiners – l’artista riuscì a catturare ancora una volta l’illusione del movimento.
Lo Yorkshire
Le decade degli anni ’80 fu forse la più difficile per Hockney. Sul finire dei ’70, il suo udito iniziò a diminuire notevolmente e in seguito, l’artista perse numerosi amici colpiti dalla piaga dell’AIDS; tra questi Tony Richardson e il modello Joe MacDonald. Nonostante tutto, Hockney continuò a lavorare, realizzando verso la fine del millennio, alcune tra le sue opere più straordinarie.
Nel 1997, il pittore tornò nel nativo Yorkshire per visitare l’amico John Silver, affetto da una malattia allo stato terminale; fu Silver a proporre i paesaggi circostanti come soggetto di una nuova collezione. Nello Yorkshire, Hockney rimase particolarmente colpito dagli scenari che si presentavano ai suoi occhi; decise così di ritrarre la vibrante natura della regione en plein air, secondo lo stile proprio agli Impressionisti. Nel 2012, la mostra della Royal Academy A Bigger Picture, esponeva il risultato del lavoro: immense tele dai colori accesi adornavano le pareti della prestigiosa galleria londinese. Nell’ammirare i quadri dell’artista, lo spettatore pensava a Matisse, ma soprattutto all’ammirazione per la natura che permea i dipinti di Vincent Van Gogh. L’influenza dell’olandese è soprattutto rintracciabile in The Woldgate Woods (2006), in cui le tre diverse prospettive ricordano lo stile impiegato da Van Gogh in Wheatfield with Crows (1890). Nei sette quadri della serie incentrata sui boschi di Woldgate, Hockney ritrae lo stesso scenario registrando i cambiamenti da una stagione all’altra. Ognuna delle sette opere è composta da sei tele: l’effetto, nel trovarvisi davanti, è maestoso.
I lavori dedicati allo Yorkshire – per la sperimentazione e le tecniche utilizzate – rappresentano uno dei punti più alti toccati da Hockney nei suoi viaggi pittorici.
Imparando a guardare
In oltre 60 anni di carriera, David Hockney ha fatto uso di numerosi medium per ritrarre i suoi soggetti, mantenendo una particolare attenzione per la trasposizione su tela delle emozioni: “New ways of seeing are new ways of feeling” spiega l’artista. I quadri di Hockney sono entrati a far parte del nostro immaginario, tanto che le mostre a lui dedicate diventano eventi imperdibili; nel 2017 la retrospettiva sull’artista alla Tate Britain ha registrato un numero record di presenze.
“Quando ero piccolo, viaggiavo al secondo piano nei bus, perché volevo sempre vedere di più” dichiara Hockney in un documentario di qualche anno fa. Grazie ai suoi dipinti, anche noi spettatori abbiamo imparato a osservare diversamente il mondo che ci circonda e a lasciarci stupire dalle sue innumerevoli sfumature.